Con la conferenza stampa del 22 luglio, il presidente del consiglio Mario Draghi ha messo un punto alle discussioni sull’utilizzo estensivo del green pass: dal 6 agosto sarà obbligatorio esibirlo per accedere a diverse attività e servizi, come i ristoranti oppure le attività ricettive. In generale, vale come lasciapassare per tutti i locali al chiuso. Ma se il “quando” e il “dove” sono chiari, il “come” diventa complicato.
La questione dei controlli: a chi spettano?
La domanda è una: chi controlla la validità del green pass? Al momento una riposta univoca non c’è. O meglio, in attesa della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto il Governo non ha dato ancora una risposta. «Abbiamo letto la bozza, ma bisogna vedere cosa dispone il testo definitivo. Di certo la questione controlli ci preoccupa molto: è irrealistico pensare che un gestore di un bar o di un ristorante chieda, prima di far accomodare i clienti al tavolo, di verificare la validità del green pass e la corrispondenza dei dati anagrafici con la carta d’identità», afferma il direttore generale di Fipe, Roberto Calugi.
Meno problematico il consumo al bancone, per cui anche all’interno dei locali non è richiesto il green pass (anche se due amici non conviventi potrebbero ritrovarsi per bere una o due birre al bancone del pub e restare all’interno del locale, seppure in piedi, tanto quanto qualcuno che si siede) e il consumo in famiglia (il certificato verde è richiesto solo dai 12 anni in su) ma il rischio è che tutto questo si tramuti in una «classica norma all’italiana che viene emanata ma poi disattesa o inapplicata per limiti pratici. D’altronde, il controllo richiesto è a tappeto e si estende a numerose attività. Noi punteremo a fare delle cartellonistiche chiare da affiggere nei locali affinché il cliente sia ben informato. Ma sulla pratica dobbiamo ancora capire come fare», conclude Calugi.
L'idea è che «i gestori dei bar e dei ristoranti non sono pubblici ufficiali e come tali non possono assumersi responsabilità che spettano ad altri», si legge in un comunicato diramato dalla Federazione. L'alternativa è chiara: «Bisogna semplificare, prevedendo un’autocertificazione che sollevi i titolari dei locali da ogni responsabilità. Chi dichiarerà il falso lo farà a suo rischio e pericolo».
Sul tema si era espresso anche Giancarlo Banchieri, presidente di Fiepet Confesercenti: «Per controllare all’ingresso i certificati, e i documenti di chi li presenta, gli oltre 300mila bar e ristoranti italiani avrebbero bisogno di formare una persona e dedicarla interamente a questo compito. Una soluzione onerosa e insostenibile per molte imprese, in particolare per quelle più piccole, che dovrebbero probabilmente assumere una figura ad hoc: una strada impercorribile in particolare nelle città d'arte, dove l'assenza di turisti già ha messo a dura prova i fatturati. Preoccupano, inoltre, eventuali ricadute in caso di errori nella fase di controllo: i gestori dovrebbero essere totalmente esonerati da ogni responsabilità».
E anche i cuochi, dalle cucine, comunicano la propria preoccupazione: «Se il green pass vuol essere il giusto stimolo a vaccinarsi e porre un freno alla diffusione di un virus ormai endemico - dice il presidente Federcuochi, Rocco Pozzulo - il costo sociale di questa misura non può ricadere su poche, sfortunate categorie. Né si può pretendere che gli esercenti assumano il ruolo di controllori, non essendo organi sanitari né di polizia. Mentre le strutture ristorative e i catering si preparano a disdette di serate e banchetti o a dimezzare il numero dei partecipanti alle cerimonie, attendiamo tutti la giusta consequenzialità che estenda a trasporti, scuola e uffici pubblici una misura che oggi penalizza ulteriormente ogni attività del nostro settore».
Le incertezze ricadono anche sul comparto ricettivo
E poi c’è la ricaduta sul turismo: «Premettendo che la tutela della salute va sempre anteposta a tutto, riteniamo il green pass una misura penalizzante per il comparto ricettivo, già fortemente provato da un anno e mezzo di pandemia. Una delle formule più vendute in estate negli hotel è la mezza pensione. L’obbligo del pass crea problemi in quelle famiglie con figli che ancora non si sono potuti vaccinare o nei giovani che scelgono di soggiornare in albergo e che ancora non hanno ricevuto la prima. L’ipotesi tampone è poi da escludere, sia per i costi che per la breve durata di validità. Così le persone, nell’incertezza, preferiscono disdire e rinunciare alle vacanze», ha commentato Nicola Scolamacchia, vicepresidente vicario di Assohotel. Anche per gli alberghi, poi, relativamente alle attività di ristorazione all’interno, così come per spa e centri benessere, c’è la questione del controllo degli accessi: «Il green pass impone agli albergatori anche un pesante onere legato al controllo, che non solo comporta nuove mansioni per il personale esistente o la necessità di incrementarlo, ma sottopone gli operatori a possibili errori nella fase di controllo e all’accesso a dati sensibili, mansioni che non competono alla nostra categoria».
Dalla toilette al gioco delle carte, i limiti pratici
Oltre alla responsabilità del controllo, l’estensione dell’utilizzo del green pass porta con sé tutta una serie di questioni pratiche non di poco conto. Pensiamo, per esempio, a chi deve utilizzare i servizi igienici. Se un avventore, senza green pass, trova posto a sedere all’esterno ma deve recarsi alla toilette basta solo che indossi la mascherina? Dall'altro lato della barricata, i lavoratori del settore dovranno esibire il green pass al datore di lavoro? Cosa ne pensa il Garante della Privay? E che dire, allargando lo sguardo ad altri comparti, di chi vorrà partecipare ad attività sportive a livello dilettantistico? Il rischio è che, in attesa di ricevere la prima dose di vaccino, si debba ricorrere a una raffica di tamponi. Insomma, prima di procedere è meglio calibrare il tiro. Fin da subito, per esempio, Italia a Tavola ha sostenuto la necessità che l'introduzione del green pass avvenisse in contemporanea con la vaccinazione degli operatori dell'Horeca. A questo punto non dovrebbe mancare molto, ma il rischio è che in questa fase transitoria si aggravi la mancanza di personale testimoniata da molte realtà.
La protesta di Torino
In tutto questo, giovedì 22, proprio in concomitanza con l’annuncio del presidente Draghi, centinaia di persone si sono ritrovate in piazza Castello a Torino per manifestare contro il certificato vaccinale richiesto dal Governo. Sui social sono comparsi numerosi video della protesta torinese, uno dei quali è stato pubblicato dal deputato della Lega Guido De Maritini per denunciare quello che definisce il «pass della vergogna e della discriminazione».
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Alberto Lupini
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