Quale sarà la nostra prima sensazione, quando entreremo per la prima volta in un ristorante,
alla riapertura dopo l’emergenza sanitaria? È una domanda che si fanno in tanti, in queste settimane. Di certo
non troveremo più i locali di un tempo e pure i comportamenti dei ristoratori e dei loro dipendenti saranno cambiati. Perché, lo diciamo da tempo,
a cambiare sarà tutto il settore della ristorazione, dall’accoglienza, fino a quello che troveremo nei piatti. Ne è convinto anche
Giacomo Pini, amministratore di Gp Studios, società di consulenza di ristorazione e turismo, esperto delle dinamiche che regolano l’universo horeca in Italia.
Le sale dei ristoranti dovranno essere rivoluzionate
Tavoli distanziati, servizi su più turni (come peraltro già succedeva in passato, soprattutto nel weekend), nuove modalità per ordinare, pagare e servire i clienti. Insomma, una rivoluzione cui tutti – volenti o nolenti – saremo chiamati a dare il nostro contributo.
Si parla addirittura di installare dei divisori a croce in plexiglas per isolare ogni singolo cliente.Non credo si arriverà a questo. È qualcosa che incide troppo sull’esperienza; le persone potrebbero essere scoraggiate da questo tipo di provvedimenti. Dopotutto, non ha senso mangiare separati al ristorante, quando in casa si vive e di mangia insieme. Ma neppure chi fa un pranzo di lavoro non potrebbe accettare queste condizioni: un conto è la distanza tra i tavoli, un conto la distanza sul tavolo. Si creeranno senz’altro situazioni diverse; negli alberghi, soprattutto in quelli del settore business, la ristorazione finirà direttamente nelle camere.
Giacomo Pini
Nei ristoranti, però, i tavoli dovranno essere necessariamente distanziati, l’uno dall’altro. Con quali conseguenze per i ristoratori?Questo impatterà sia sul layout operativo che sul conto economico. Ciò farà sì che i ristorati saranno costretti a ridefinire le logiche di offerta. Dal reperimento della materia prima, al costo della stessa, dovranno esserci dei risparmi. L’esecuzione dei piatti dovrà essere più ragionevole, e i menu stessi meno complessi. D’altronde, con una rotazione più ampia dei tavoli e l’incertezza sul numero dei coperti, ci sarà bisogno di alleggerire i costi di back-office. E questo dovrà essere fatto a prescindere.
È una situazione che riguarderà tutti i ristoranti?Probabilmente a parte i top di gamma, credo di sì. Anche l’alta ristorazione, dunque, quella da una o due stelle Michelin, per intenderci. Se questi ristoranti si ritroveranno con i coperti dimezzati, non potranno più sostenere una linea di cucina così articolata. Da qui la necessità di snellire il menu e soprattutto di semplificare le preparazioni.
E gli altri?Dovranno innanzitutto fare una valutazione di quanto spazio hanno, di dove sono ubicato e del tipo di clientela che hanno. Se il numero di coperti calerà fino al 70%, i ristoratori dovranno fare i conti con il loro punto di break-even, per capire se rientrano nei costi.
Lei crede davvero che i coperti possano calare così tanto?Sì, penso che sia un’ipotesi abbastanza plausibile. Per qualche tempo le tavolate da cerimonia non saranno ammesse, le cene aziendali o di classe nemmeno, e neppure quelle del “dopo calcetto”. Ma non c’è solo questo. Se ognuno di noi dovrà essere sanificato e igienizzato, il titolare non potrà più accogliere i clienti con i piatti in mano e poi passare a dare il menu. Si dovranno cambiare le carte, probabilmente accettare i clienti solo su prenotazione, oppure fare come in America: ordinare per via telematica e ritirare i piatti attraverso un pass dalla cucina, eliminando il passaggio del cameriere, che potrebbe dedicarsi solo all’accoglienza. E le posate? Nessuno si è chiesto ancora se i clienti si fideranno di ciò che troveranno sul tavolo. I ristoratori sarebbero pronti a imbustarle?
Davvero arriveremo a questo?Dai documenti dell’Oms, sembrerebbe di sì. Tuttavia quello che ci preoccupa di più è che finora non c’è nulla di definito: ogni associazione di categoria interpreta a suo modo delle ipotesi. Le linee guida ancora non ci sono e quando i ristoranti riapriranno, su cosa si dovranno basare?
Con tutte queste misure, la gente avrà ancora voglia di andare al ristorante?Sarà come una mareggiata: all’inizio le persone vorranno uscire, condividere, poi però tutto questo passerà, credo per due ragioni. La prima è economica: molti sono finiti in cassa integrazione, tante aziende rischiano di chiudere e l’incertezza non fa bene ai consumi. La seconda è più pratica: per andare a cena si dovrà fare la fila, ci sarà da aspettare; nel migliore dei casi si dovrà prenotare, aspettando a distanza il proprio posto. La gente avrà voglia di tutto questo? Dopo la prima ondata, il contraccolpo arriverà e, temo, sarà forte per tutto il segmento.