Materie prime alle stelle! Bar e ristoranti: Così ci rimettono i consumatori

La Fipe continua a monitorare l'aumento dei prezzi. Preoccupazione per il fatto che l'onda possa riversarsi sui consumatori. Per questo chiede al ministero dello Sviluppo economico di istituire un tavolo. Il vicepresidente, Aldo Cursano: «Il Natale sarà comunque all'insegna dei rincari, ma il rischio è anche che le materie prime povere non siano reperibili»

10 novembre 2021 | 12:54

L’allarme di bar e ristoranti sui costi delle materie prime alle stelle non si placa, perché non si placa l’escalation dei prezzi. La preoccupazione maggiore degli imprenditori è una sola, in pieno stile “accoglienza”: se tutto aumenta, dovremo aumentare gli scontrini ai consumatori, non per guadagnare, ma per restare a galla. Da qui, l’iniziativa della Fipe che - attraverso le parole del vice presidente vicario di Fipe-Confcommercio, Aldo Cursano - annuncia di aver chiesto al Mise un tavolo per istituire un osservatorio che monitori l’andamento dei costi lungo la filiera, dato che il rischio speculazioni è altissimo, anzi: è ormai un fattore.

 

La preoccupazione degli imprenditori

«Siamo molto preoccupati - spiega a Italia a Tavola lo stesso Cursano - perché ci stiamo chiedendo come possiamo fare a mantenere saldo quel fragile filo di fiducia che ci lega ai consumatori. Riteniamo che sia il momento peggiore per attuare politiche di aumento dei prezzi, ma nel momento in cui aumentano le materie prime più povere e l’energia ci troviamo a dover fare i conti con una coperta cortissima: ad un certo punto, dovremo aumentare i prezzi di servizio al banco o al tavolo».

Cursano ammette che da più parti già ora arrivano segnalazioni di aumenti generalizzati e spesso indiscriminati delle materie prime acquistate dai nostri bar e ristoranti. Dal caffè al latte, dalla pasta alla farina, dal burro ai formaggi, dalla carne al pesce si sta assistendo - quasi impotenti - ad una pericolosa escalation dei prezzi.



«Non sappiamo come la rete di pubblici esercizi stia resistendo - ha detto Cursano - ma sappiamo per certo che Natale sarà all’insegna dei rincari generalizzati. Qualcosa purtroppo sta aumentando già ora, parlo di Firenze dove lavoro: il caffè è già aumentato di 10-20 centesimi (si arriva a 1,40 euro anche ndr.) perché gli imprenditori sono stremati. E si badi bene che questi aumenti non sono applicati per guadagnare sul caffè, ma per riuscire a mantenere in piedi l’attività. Del resto, già nelle bollette di ottobre si sono registrati aumenti notevoli (attorno al 40% ndr.) per cui il problema è di adesso, non del futuro».

 

Un problema di poca valorizzazione del settore

Le sfaccettature di questo periodo storico però sono molteplici e vanno ancora più a fondo. Cursano ad esempio parla proprio del caffè, chiedendosi come mai siano aumentati i prezzi di “beni” simili - come il quotidiano e l’autobus come da tradizione in Italia - ma non quello del caffè. «Purtroppo - osserva - si tratta di una sottovalutazione dell’importanza che i pubblici esercizi hanno nella società; non sono solo venditori di un prodotto, ma vendono un luogo - il bar piuttosto che il ristorante - e creano socialità, condivisione, umanità. Questo non lo si comprende a fondo, e ne consegue che il prezzo del caffè è fermo, mentre quotidiani e autobus sono aumentati non di poco».

 

 

Un tavolo per salvare il Natale

Insomma, in un modello già poco valorizzato, ma comunque ricco di qualità e invidiato in tutto il mondo momenti come questo rischiano di far saltare tutto, visto che le fondamenta sono già state indebolite dalla pandemia. Cursano lo dice chiaro: «Se i costi superano le entrate, casca tutto il modello». Da qui la richiesta sottoposta al Mise di istituire un tavolo che monitori i prezzi lungo tutta la filiera: «Non spetta a noi capire se questi aumenti siano frutto di dinamiche reali o di manovre speculative - ha detto il vicepresidente - e per questo chiediamo al Mise di istituire subito un tavolo di monitoraggio, chiamando tutte le componenti della filiera dalla produzione alla distribuzione e ovviamente alla ristorazione».



Anche perché il rischio è che il passo successivo sia la difficoltà nel reperire le materie prime più essenziali e a quel punto, se si può ipotizzare qualche sforzo natalizio in più delle famiglie, bisognerà dire addio a qualche panettone: sarebbe una beffa in vista delle festività che per il mondo dell’accoglienza più che un Natale si spera possano essere una… Pasqua».

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Alberto Lupini


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