In mare c'è più plastica che pesci: non bisogna aspettare il 2050
I pescatori di tutto il mondo, scrive Marevivo, recuperano ogni giorno nelle loro reti più plastica che pesci. I micro frammenti che vediamo a occhio nudo sono dispersi in acqua o ingeriti dagli animali che poi portiamo in tavola
Senza un’azione drastica, la plastica potrebbe superare in peso tutti i pesci nell’oceano entro il 2050, ha avvertito Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, all’apertura dell’ultima Conferenza dell’Onu sugli Oceani a Lisbona (giugno 2022). Questa previsione è già realtà. «Le immagini che vediamo - sottolinea Marevivo - urlano la drammatica situazione in cui si trova il mare e ci parlano dei due principali problemi che lo colpiscono: l’eccesso di plastica e la diminuzione drastica dei pesci dovuta all’overfishing. I pescatori di tutto il mondo recuperano ogni giorno nelle loro reti più plastica che pesci. E non è tutto. I micro frammenti che vediamo a occhio nudo sono dispersi nelle acque o già ingeriti dagli stessi animali che poi portiamo sulle nostre tavole. La ricerca scientifica dimostra che la plastica, sotto forma di microplastiche, è entrata nella catena alimentare ed è presente nell’aria che respiriamo e nei cibi che assumiamo. Cos’altro stiamo aspettando per intervenire?».
La richiesta al governo per la salvaguardia dei mari
L’8 giugno ricorre l’Ocean Day, Giornata Mondiale degli Oceani, data che celebra il mare, liquido amniotico del pianeta, che ci consente di vivere, nutrirci, riprodurci, ma che deve anche rappresentare un momento di presa di coscienza della necessità di agire con la massima urgenza per tutelare la sua salute e, di conseguenza, la nostra stessa sopravvivenza. In questa data simbolica, Marevivo, Alleanza delle Cooperative Italiane - Settore Pesca, Associazione Mediterranea Acquacoltori, Associazione La Grande Onda, AssoSub, CNR, Compagnia della Vela di Venezia, Fondazione Dohrn, Federazione Italiana Canoa Kayak, Lega Italiana Vela, Lega Navale Italiana, Mitilicoltori Basso Lazio, O.P. Mytilus Campaniae, O.P. Produzione Molluschi Regione Campania, Pescaturismo Regione Campania, Ricercatori Università Politecnica delle Marche e Sea Shepherd chiedono al governo un intervento immediato: «È trascorso già un anno dall’approvazione della legge Salvamare che abbiamo faticosamente ottenuto dopo ben quattro anni di battaglie, ma non è ancora operativa perché mancano i decreti attuativi. Il problema non è risolto, nonostante la buona volontà del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste che, di concerto con il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, ha deliberato uno dei decreti attuativi che premia i pescatori che riportano a terra i rifiuti trovati nei loro attrezzi da pesca». Per le associazioni «è necessario considerare l’intera filiera che prevede nei porti il punto di sbarco, con il conseguente smaltimento dell’enorme quantità di materiale che dal mare viene riportato in banchina. Questa legge, quindi, che consente ai pescatori di depositare nei porti la plastica recuperata con le reti, invece di ributtarla in mare, e di poter installare sistemi di raccolta di rifiuti alle foci dei fiumi, non è ancora attuabile».
La plastica rappresenta l'80% dei rifiuti negli oceani
La plastica rappresenta l’80% dei rifiuti presenti negli oceani, dalle acque superficiali fino ai fondali marini. Nel mar Mediterraneo finiscono più di 200mila tonnellate di plastica all’anno, cioè il contenuto di oltre 500 container al giorno. «È incalcolabile quanta plastica in questi cinque anni sia finita in acqua o non abbiamo potuto recuperare a causa della mancanza di questi decreti attuativi», spiega Marevivo. «Sappiamo - dichiara Rosalba Giugni, presidente di Marevivo - che l’attuazione della legge non risolverà tutti i problemi dell’inquinamento da plastica, ma rappresenta uno strumento concreto per ridurne la presenza in mare. Purtroppo le microplastiche sono ovunque: nella pioggia, nel sale e ne ingeriamo anche in grandi quantità. Le ultime scoperte scientifiche dimostrano che sono presenti anche nel nostro corpo, sono entrate nei tessuti della placenta delle donne, luogo sacro dove ha origine la vita, nel latte materno e persino nel liquido seminale. Non sappiamo ancora quali siano gli effetti sul corpo umano ma conosciamo quelli sugli animali. I biologi marini nei loro studi hanno rilevato anche una trasformazione del loro ciclo vitale, il cambio di sesso e l’infertilità. Altra conseguenza terribile è il ritrovamento di nanoplastiche negli occhi dei pesci, che è causa di cecità. E se succedesse anche agli uomini? Cosa dobbiamo ancora scoprire per capire che è giunto il tempo di cambiare rotta e di pensare che la salute del mare dipende dalla nostra e viceversa?».
FONTE: Italpress
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Alberto Lupini
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