Il marchio Made in Italy sui salumi Stoccata alla concorrenza sleale
L’Unione europea ha ammesso l’etichetta che indicherà la totale provenienza italiana dei salumi, dall’allevamento alla macellazione. Ossigeno per gli allevamento dopo l'emergenza esplosa con la pandemia
03 luglio 2020 | 11:52
È arrivato dall’Unione europea il via libera all’etichetta Made in Italy su salami, mortadella, prosciutti e culatello per smascherare l’inganno della carne straniera spacciata per italiana. Un gesto che accontenta la filiera, ma anche i consumatori visto che il 93% degli italiani ritiene importante conoscere l’origine degli alimenti, secondo l’indagine online del ministero delle Politiche agricole. Hanno espresso parole di fiducia e di determinazione i Ministri Bellanova, Patuanelli e Speranza.
«Fin dal primo giorno - afferma la ministra delle politiche agricole alimentari e forestali Teresa Bellanova - ho messo al primo posto la massima trasparenza delle informazioni al consumatore. L'Italia si conferma avanguardia in Europa e ci batteremo a Bruxelles perché si estenda l'obbligo a tutti gli alimenti. La strategia Farm to Fork va attuata anche per l'etichettatura obbligatoria a livello Ue. Firmiamo un decreto importante che sono convinta possa aiutare tutta la filiera suinicola a valorizzare le produzioni 100% italiane. Siamo al lavoro per garantire anche aiuti a un settore che ha fortemente risentito della crisi causata dalla pandemia e dalla chiusura dell'Horeca».
«La tutela della filiera agroalimentare e delle produzioni made in Italy - dichiara il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli - sono al centro dell’azione portata avanti dal Governo per dare certezze sia alle imprese del settore che investono in qualità dei prodotti, sia ai consumatori che richiedono trasparenza nelle informazioni contenute nelle etichette. La firma del decreto che rende obbligatoria l’indicazione dell’origine delle carni trasformate è un ulteriore passo compiuto dall’Italia, dopo quelli sul pomodoro, la pasta e il riso, che ci pone all’avanguardia in Europa dove è sempre più necessario procedere con l’attuazione della Strategia Farm to Fork».
«Questo decreto è un passo avanti nel garantire sempre maggiore trasparenza e sicurezza su prodotti alimentari molto diffusi. In questo modo si tutela meglio la salute dei cittadini», ha commentato il ministro della Salute, Roberto Speranza.
Una novità importante per garantire trasparenza nelle scelte ai 35 milioni di italiani che almeno qualche volte a settimana portano in tavola salumi, secondo dati Istat, ma anche per sostenere i 5mila allevamenti nazionali di maiali messi in ginocchio dalla pandemia e dalla concorrenza sleale, per salvare il prestigioso settore della norcineria che in Italia, dalla stalla alla distribuzione, vale 20 miliardi. La notizia arriva a pochi giorni di distanza dal "fattaccio" sul falso Prosciutto di Parma Dop venduto a Nizza.
Una scelta che risponde ad un allarme quello per il quale dall’inizio dell’emergenza covid le quotazioni dei maiali tricolori si quasi dimezzate e scese a poco più di un euro al chilo, mettendo a rischio le imprese e, con esse, la prestigiosa norcineria Made in Italy a partire dai 12,5 milioni di prosciutti a denominazione di origine (Dop) Parma e San Daniele prodotti in Italia. A preoccupare è l’invasione dei cosce dall’estero per una quantità media di 56 milioni di “pezzi” che ogni anno si riversano nel nostro Paese per ottenere prosciutti da spacciare come Made in Italy.
Si stima, infatti, che tre prosciutti su quattro venduti in Italia siano in realtà ottenuti da carni straniere senza che questo sia stato fino ad ora esplicitato in etichetta. Cosce provenienti in larga parte dai grandi mattatoi dei paesi del Nord, come ad esempio la struttura di Rheda-Wiedenbrück, nel distretto di Guetersloh, nel NordReno Westfalia, balzata all'attenzione delle cronache perché più di 1.550 lavoratori sono risultati positivi ai test per il Covid-19.
«In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti per combattere la concorrenza sleale al Made in Italy», ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che «l’Italia ha la responsabilità di svolgere un ruolo di apripista in Europa, anche sfruttando le opportunità offerte dalla storica apertura dell’Ue all’obbligo dell’origine con l’indicazione dello Stato membro con la nuova Strategia Farm to Fork nell’ambito del Green New Deal».
Il decreto sui salumi, che dovrà essere presto pubblicato in Gazzetta Ufficiale per essere operativo, prevede – spiega Coldiretti – che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a: “Paese di nascita: (nome del paese di nascita degli animali); “Paese di allevamento: (nome del paese di allevamento degli animali); “Paese di macellazione: (nome del paese in cui sono stati macellati gli animali).
Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: (nome del paese)”. La dicitura “100% italiano” è utilizzabile dunque solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea o extra europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: UE”, “Origine: extra UE”, “Origine: Ue e extra UE”.
L’etichettatura dei salumi è l’ultimo capitolo della storica battaglia per la trasparenza agroalimentare. L’obbligo di indicare in etichetta l’origine per pelati, polpe, concentrato e degli altri derivati del pomodoro era arrivato grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018, del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro. Il 13 febbraio 2018 è entrato in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta e del riso, ma prima c’erano stati già diversi traguardi raggiunti: il 19 aprile 2017 è scattato l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre, a partire dal 1° gennaio 2008, vigeva l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.
A livello Ue il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto, mentre la Commissione Europea ha recentemente specificato che l’indicazione dell’origine è obbligatoria anche su funghi e tartufi spontanei.
L'etichetta Made in Italy sui salumi
«Fin dal primo giorno - afferma la ministra delle politiche agricole alimentari e forestali Teresa Bellanova - ho messo al primo posto la massima trasparenza delle informazioni al consumatore. L'Italia si conferma avanguardia in Europa e ci batteremo a Bruxelles perché si estenda l'obbligo a tutti gli alimenti. La strategia Farm to Fork va attuata anche per l'etichettatura obbligatoria a livello Ue. Firmiamo un decreto importante che sono convinta possa aiutare tutta la filiera suinicola a valorizzare le produzioni 100% italiane. Siamo al lavoro per garantire anche aiuti a un settore che ha fortemente risentito della crisi causata dalla pandemia e dalla chiusura dell'Horeca».
«La tutela della filiera agroalimentare e delle produzioni made in Italy - dichiara il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli - sono al centro dell’azione portata avanti dal Governo per dare certezze sia alle imprese del settore che investono in qualità dei prodotti, sia ai consumatori che richiedono trasparenza nelle informazioni contenute nelle etichette. La firma del decreto che rende obbligatoria l’indicazione dell’origine delle carni trasformate è un ulteriore passo compiuto dall’Italia, dopo quelli sul pomodoro, la pasta e il riso, che ci pone all’avanguardia in Europa dove è sempre più necessario procedere con l’attuazione della Strategia Farm to Fork».
«Questo decreto è un passo avanti nel garantire sempre maggiore trasparenza e sicurezza su prodotti alimentari molto diffusi. In questo modo si tutela meglio la salute dei cittadini», ha commentato il ministro della Salute, Roberto Speranza.
Una novità importante per garantire trasparenza nelle scelte ai 35 milioni di italiani che almeno qualche volte a settimana portano in tavola salumi, secondo dati Istat, ma anche per sostenere i 5mila allevamenti nazionali di maiali messi in ginocchio dalla pandemia e dalla concorrenza sleale, per salvare il prestigioso settore della norcineria che in Italia, dalla stalla alla distribuzione, vale 20 miliardi. La notizia arriva a pochi giorni di distanza dal "fattaccio" sul falso Prosciutto di Parma Dop venduto a Nizza.
Una scelta che risponde ad un allarme quello per il quale dall’inizio dell’emergenza covid le quotazioni dei maiali tricolori si quasi dimezzate e scese a poco più di un euro al chilo, mettendo a rischio le imprese e, con esse, la prestigiosa norcineria Made in Italy a partire dai 12,5 milioni di prosciutti a denominazione di origine (Dop) Parma e San Daniele prodotti in Italia. A preoccupare è l’invasione dei cosce dall’estero per una quantità media di 56 milioni di “pezzi” che ogni anno si riversano nel nostro Paese per ottenere prosciutti da spacciare come Made in Italy.
Si stima, infatti, che tre prosciutti su quattro venduti in Italia siano in realtà ottenuti da carni straniere senza che questo sia stato fino ad ora esplicitato in etichetta. Cosce provenienti in larga parte dai grandi mattatoi dei paesi del Nord, come ad esempio la struttura di Rheda-Wiedenbrück, nel distretto di Guetersloh, nel NordReno Westfalia, balzata all'attenzione delle cronache perché più di 1.550 lavoratori sono risultati positivi ai test per il Covid-19.
«In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti per combattere la concorrenza sleale al Made in Italy», ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che «l’Italia ha la responsabilità di svolgere un ruolo di apripista in Europa, anche sfruttando le opportunità offerte dalla storica apertura dell’Ue all’obbligo dell’origine con l’indicazione dello Stato membro con la nuova Strategia Farm to Fork nell’ambito del Green New Deal».
Il decreto sui salumi, che dovrà essere presto pubblicato in Gazzetta Ufficiale per essere operativo, prevede – spiega Coldiretti – che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a: “Paese di nascita: (nome del paese di nascita degli animali); “Paese di allevamento: (nome del paese di allevamento degli animali); “Paese di macellazione: (nome del paese in cui sono stati macellati gli animali).
Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: (nome del paese)”. La dicitura “100% italiano” è utilizzabile dunque solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea o extra europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: UE”, “Origine: extra UE”, “Origine: Ue e extra UE”.
L’etichettatura dei salumi è l’ultimo capitolo della storica battaglia per la trasparenza agroalimentare. L’obbligo di indicare in etichetta l’origine per pelati, polpe, concentrato e degli altri derivati del pomodoro era arrivato grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018, del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro. Il 13 febbraio 2018 è entrato in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta e del riso, ma prima c’erano stati già diversi traguardi raggiunti: il 19 aprile 2017 è scattato l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre, a partire dal 1° gennaio 2008, vigeva l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.
A livello Ue il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto, mentre la Commissione Europea ha recentemente specificato che l’indicazione dell’origine è obbligatoria anche su funghi e tartufi spontanei.
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Alberto Lupini
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