Mangiare in aereo? Si, ma attenzione: altitudine e umidità alterano la percezione del gusto

Ecco perchè molti trovano il cibo in aereo quasi "disgustoso": la percezione dei gusti viene alterata dall'alta quota e dall'umidità. A 10mila metri il sale si percepisce il 30% in meno. Così molte compagnie stanno lavorando per un'offerta sempre più attenta e adatta alle condizioni “avverse”

26 aprile 2022 | 05:00
di Luca Bassi

Un mercato globale che muove circa 12 miliardi di euro per oltre 25mila pasti al giorno nei periodi di picco. Quella dei pasti in aereo, sebbene molto spesso non sia per molti un'esperienza indimenticabile, è una fetta dell'industria del cibo non proprio trascurabile, almeno per i numeri importanti che la caratterizzano.

Per questo è lecito domandarsi come venga prodotto il cibo che finisce a bordo degli aerei: chi lo cucina? E come viene conservato prima di essere servito? E ancora, come mai è spesso percepito come insipido?

Il cibo in aereo spesso fa la differenza

Come può ben sapere chi si è trovato a viaggiare in aereo per lunghe distanze, sono proprio il cibo e la sua qualità a fare la differenza (e il prezzo) tra la prima, la business e l’economy class. Ma anche tra compagnie di volo low cost e non. E, seppure il cibo non sia tra i principali criteri di valutazione per l’acquisto del biglietto (perché, si sa, contano di più la sicurezza, gli orari e la puntualità), tuttavia lo diventa una volta atterrati: dopo aver considerato la comodità del volo, cos’altro rimane da giudicare se non il servizio?

Preparazione e logistica, chi fa cosa

Ma per capire come funziona la somministrazione dei cibi in quota bisogna fare un passo indietro, molto in più in basso.

Qui entrano in gioco diverse aziende, quelle che si occupano della fase di produzione vera e propria e la logistica, ovvero lo stoccaggio e l’approvvigionamento di ciò che è destinato all’imbarco. Per la produzione sono normalmente coinvolte diverse realtà che pensano e preparano le ricette che vengono poi servite tra i corridoi in volo. Molto meno numerosi sono invece i soggetti che si occupano della seconda parte, quella del catering: la svizzera Gate Gourmet e la tedesca LSG Sky Chefs sono le più grandi compagnie di catering del mondo e detengono sostanzialmente il monopolio della raccolta del cibo e del rifornimento a bordo. I numeri parlano per loro: si tratta di oltre 460 milioni di pasti all’anno per 300 compagnie aeree, in 200 cucine, in 50 Paesi (LSG Sky Chefs, dati del 2010).

Chi sceglie i fornitori e il cibo

C'è un altro aspetto, poi, da non sottovalutare, quello della scelta dei fornitori e del cibo che verrà poi servito in volo.

Pensate che esiste un vero e proprio comitato che valuta le preparazioni proposte dalle aziende che si offrono per la fornitura, comitato nel quale solitamente compare anche un cuoco della compagnia che deve far pendere l'ago da una parte o dall'altra della bilancia in fase di gara. La prova di assaggio può durare anche fino a due mesi.

Superato lo scoglio della gara, la ditta che prende l'appalto può iniziare a pensare ai veri e propri menu, che solitamente durano due anni per l’economy e sono invece a rotazione stagionale per la prima e la business class.

Cibo insipido in volo? Ecco perché

Se sei tra quelli che trovano che il cibo in aereo sia insipido o che manchi di sapori forti, devi sapere che c’è una spiegazione scientifica per questo. Uno studio dell’università di Oxford ha infatti scoperto che i rumori bianchi, come nel caso del rumore della turbina dell’aereo, influiscono sulla percezione delle papille gustative, riducendo la sensibilità di tutti i sapori e, in modo particolare, del dolce e del salato.

E, soprattutto, c'è il problema dell'altitudine. A una quota di 10 mila metri, infatti, sale e zucchero vengono percepiti meno intensamente del solito: circa 20-30% in meno il primo e 15-20% il secondo. In pratica significa percepire i sapori come se si avesse un bel raffreddore. Questo perché, nonostante l’aereo sia pressurizzato, il clima al suo interno è simile a quello che si riscontra a circa 2.500 metri di altezza e, come sa bene chi vive al di sopra del livello del mare, il cibo ad alta quota ha un gusto diverso.

E non è finita qua, perché c'è anche il problema dell'umidità. La bassa pressione del velivolo provoca infatti una riduzione del 20-30% del grado di umidità dell’aria rispetto alle abitazioni a terra, con il risultato che le nostre mucose sono più secche e, quindi, meno sensibili agli odori. E quando si parla di cibo l'inibizione degli odori non aiuta affatto: olfatto e gusto, infatti, sono strettamente collegati e senza l'intervento del primo molti sapori non esistono proprio.

In quota vita dura anche per caffè, tè e vino

Discorso analogo a quello del cibo va fatto per tutte le bevande, che in volo non potranno mai essere come quelle che si possono prendere a terra.

Per caffè e tè, in primis, che se la devono vedere con tanti fattori. Il primo, quello relativo all'ebollizione dell'acqua: in quota l'acqua bolle a 90° e non a 100°. E poi per la dubbia manutenzione dei serbatoi dai quali proviene (anche se ultimamente si sta facendo molto per migliorare questo aspetto, fondamentale).

Il caffè invece ha un altro ostacolo – all'apparenza insormontabile – da superare per creare un'esperienza positiva. Ricordate, infatti, quello che si diceva prima sulla percezione dei gusti in volo? Ecco, il caffè in quota nove volte su dieci risulta troppo amaro.

Altrettanto scoraggiante il fronte dei vini, anch’essi grandemente influenzati dall’alterazione del gusto in volo: le note fruttate sono più deboli, mentre acidità e tannini tendono a essere più pungenti (e quindi fastidiosi). Anche l’alcol è meno percepibile al palato, nonostante i suoi effetti siano, al contrario, più rapidi.

 

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Alberto Lupini


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