O si trovano soluzioni o il rischio è di dover abbattere gli animali. Non lascia spazio a molte vie di mezzo Assalzoo, l'Associazione nazionale dei produttori di alimenti zootecnici. Il tema del discorrere è la carenza di materie prime agricole. La guerra in Ucraina sta infatti avendo pesanti ripercussioni sul mercato di grano, mais e soia, con prezzi fuori controllo e con un'instabilità che sta portando alcuni Paesi a vietarne l'esportazione per garantire tranquillità al mercato interno.
Una soluzione che l'Italia non può intraprendere: è infatti un Paese altamente deficitario e importa circa la metà del suo fabbisogno di materie prime agricole.
Manca il mais, allevamenti in ginocchio
La situazione, come detto, è ormai a un livello di allarme massimo, non solo con prezzi assolutamente fuori controllo - le quotazioni del solo mais sono raddoppiate rispetto al periodo pre-pandemia - ma con il pericolo che la situazione potrebbe ora precipitare del tutto, tenuto conto che oltre alla perdita del mais ucraino è stato annunciato il blocco delle esportazioni di mais anche dall’Ungheria, principale fornitore dell’Italia, con circa il 35% del mais importato. Per garantire la produzione di mangimi occorrono decisioni quindi di emergenza.
Le criticità italiane
L’apertura del conflitto in Ucraina ha dimostrato, ancora una volta, la situazione fortemente critica dell’Italia a causa della sua massiccia dipendenza dall’estero per soddisfare la domanda interna di materie prime agricole. Una situazione che è andata aggravandosi negli anni, con il costante calo della produzione nazionale di mais, crollata dall’autosufficienza di una quindicina di anni fa ad uno scarso 50% attuale.
Per l’alimentazione animale occorrono circa 9 milioni di tonnellate di mais a fronte di una produzione italiana di scarsi 6 milioni di tonnellate. È necessario coltivare in Italia almeno 300mila ettari in più per soddisfare la domanda della zootecnia nazionale.
Le possibili alternative
Al momento l’unica alternativa, spiega Assalzoo, appare quella di rivolgersi al mercato americano con particolare riguardo agli Usa e all’Argentina, ma appare evidente che sono notevoli le problematiche di carattere sia logistico – occorrono dalle 5 alle 8 settimane per l’arrivo delle navi – che qualitativo. Tuttavia questa appare l’unica fonte attraverso la quale tentare di colmare il grave deficit a fronte del fabbisogno nazionale.
Il rischio di dover riccorrere agli abbattimenti
«Ad oggi - dichiara Michele Liverini, presidente reggente di Assalzoo - la disponibilità di materie prime agricole per la produzione mangimistica è limitata nella maggior parte dei casi a 20 giorni, massimo un mese. Se non si attivano canali di approvvigionamento alternativo, sarà inevitabile il blocco della produzione mangimistica, con conseguenze devastanti per gli allevamenti, con la necessità di abbattimento degli animali presenti nelle stalle e il crollo delle produzioni alimentari di origine animale, come carni bovine, suine e avicole, latte, burro e formaggi, uova e pesce».