Il Made in Italy all’estero cresce, ma ecco quali criticità deve affrontare

Le ultime previsioni della Sace indicano che le esportazioni totali di merci dell’Italia potrebbero salire a 652 miliardi di euro a fine 2024, grazie anche una ripresa del commercio internazionale

13 aprile 2024 | 11:15

Una notizia buona e una un po’ meno: piace sempre di più il Made in Italy all’estero, ma sul futuro prevale l’incertezza. Secondo i dati diffusi di recente dall’Organizzazione mondiale del commercio, dal 2014 al 2023 l’export dell’Italia, misurato in dollari correnti, è, infatti, aumentato del 48%. Si tratta della percentuale più alta tra i Paesi del G7. E le prospettive sono favorevoli. Le ultime previsioni della Sace, la società che sostiene l’internazionalizzazione delle imprese, indicano che le esportazioni totali di merci dell’Italia potrebbero salire a 652 miliardi di euro a fine 2024, grazie anche una ripresa del commercio internazionale stimata poco al di sotto del 2 per cento, dopo la stagnazione registrata nel 2023. Molto bene il food, un po' più in difficoltà il vino.

Made in Italy: l’export agroalimentare continuerà a crescere

Per quanto riguarda nel complesso il settore agroalimentare, la Sace ritiene che continueranno a crescere le esportazioni, migliorando così il livello record di 64 miliardi di euro raggiunto nel 2023, con un aumento del 5,7% sull’anno precedente. Il divario rispetto alla Spagna è ormai ridotto a sei miliardi. Anche l’export delle industrie alimentari ha toccato lo scorso anno il massimo storico di 52 miliardi. Nell’arco di dieci anni, è praticamente raddoppiato. Nel 2023, ad esempio, le esportazioni di formaggi sono salite in volume di quasi sei punti percentuali sull’anno precedente. Anche l’export di prodotti ortofrutticoli freschi è aumentato in termini di valore di oltre il 9 per cento. Per la pasta, le vendite all’estero sono ormai più rilevanti del mercato interno.

Made in Italy all’estero: le criticità da tenere d’occhio

Insomma, c’è una crescente attenzione a livello mondiale nei confronti del “Made in Italy” agroalimentare, ma non bisogna sottovalutare alcune situazioni di criticità. Dal rallentamento economico della Germania che è il primo mercato di sbocco; all’incerto andamento dell’economia cinese, fino alle tensioni presenti nello scenario geopolitico. Inoltre, l’esito delle elezioni presidenziali a novembre negli Usa potrebbe innescare la ripresa di politiche protezionistiche con l’aumento delle tariffe doganali.

Export Made in Italy: la situazione in controtendenza del vino

L’attenzione va anche rivolta alle difficoltà emerse per le vendite all’estero di vino. In controtendenza rispetto all’andamento generale, secondo i dati resi noti dall’Osservatorio dell’Unione Italiani Vini, nel 2023 le esportazioni sui cinque principali mercati di sbocco - che valgono il 56% del totale - sono diminuite del 4,4% in volume e di oltre il 7% in termini di valore. Il calo delle vendite all’estero ha interessato, indistintamente, tutti i principali Paesi produttori di vini. Vanno aperti nuovi mercati sui quali collocare i nostri prodotti e, a questo riguardo, la promozione riveste un ruolo fondamentale.

L’eccezionale aumento dell’inflazione sembra ormai alle spalle e, a breve, la Banca centrale europea potrebbe avviare la fase di riduzione dei tassi d’interesse. Tuttavia, sullo scenario internazionale continua a prevalere una condizione di grande incertezza. Il futuro è difficile da interpretare. Servirebbero, in questo contesto, una più stretta collaborazione e una visione condivisa tra le filiere del settore agroalimentare, per far salire il valore aggiunto complessivo e la competitività sui mercati internazionali. In questa direzione si colloca la costituzione di “Mediterranea”, decisa da Confagricoltura e Unione Italiana Food, per avvicinare sempre di più - nell’ottica dell’efficienza e dell’innovazione - gli anelli della catena agroalimentare: dal campo al prodotto finito.

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Alberto Lupini


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