Insulti a Luca Cesari per aver rivelato la ricetta “originale” della carbonara

Le minacce dei puristi del primo piatto romano svelano una parte d'Italia intollerante al nuovo e pronta a usare un linguaggio violento in nome di un'ortodossia culinaria dettata dalla scarsa conoscenza

15 dicembre 2023 | 17:51
di Niccolò Pescali

“Aglio e groviera? Devi morire!”. È uno dei molti commenti che hanno investito lo storico gastronomico Luca Cesari e che rivelano il volto più rabbioso dei gastronazionalisti e più in generale della patologia identitaria che travolge la nostra cucina, e non solo. Luca Cesari, gastronomo e autore tra le altre di un libro dedicato solo alla pasta “Storia della pasta in dieci piatti”, ha avuto l’ardire di presentare una ricetta risalente al 1954, pubblicata sulla rivista “La cucina italiana". Di fatto, la prima ricetta scritta della carbonara apparsa in Italia.

Italia, nessuno conosce la tradizione ma tutti la difendono

Fin qui, sembra, nessuna questione particolarmente divisiva, se non fosse che la carbonara e, in generale, tutti i capisaldi della cucina italiana (almeno le ricette più popolari), siano investite da un’ondata di integralismo ortodosso che non permette ad alcun personaggio, anche se costui fosse un professionista che quotidianamente studia e approfondisce le vaste storie della cultura gastronomica del nostro Paese e non solo, di mettere in questione i sacri dogmi della cucina italiana.

Poco importa se i ferventi commentatori  usino come prove per le loro argomentazioni dei frettolosi copia-incolla su Wikipedia o l’insindacabile “mia nonna la faceva così”, tutto ciò che si discosta dal sentire comune viene apostrofato come eretico. Una tendenza che, senza voler troppo allargare il cerchio del discorso dall’ambito culinario, determina una ristrettezza di visione periferica, una scarsa propensione a interiorizzare una novità su ciò che già conosciamo, a mettere in dubbio qualcosa che abbiamo metabolizzato e che diamo come certezza incrollabile: chiunque provi a mettere in discussione la questione viene bollato come soggetto deviante.

1954: l'anno della prima ricetta scritta della carbonara

«Un chiaro irrigidimento, segno dei tempi» riferisce al Corriere Cesari, intervistato dopo essere stato esposto alla gogna mediatica. Come dargli torto, dal momento che leggendo i commenti al suo video postato su TikTok e Instagram sembrano essersi aperte le chiuse della diga del buonsenso e del confronto civile.

“Muori”, “vai in galera”, “cazzaro” chi più ne ha più ne metta. Dato in pasto a un pubblico non più abituato alla pazienza della lettura, il video di Cesari è stato trangugiato, digerito (male a quanto pare) e vomitato sotto forma di insulti. Eppure la spiegazione dello Storico del cibo è chiara: si tratta della prima pubblicazione della ricetta in lingua italiana (perché, udite udite, la prima, datata 1952, è in inglese e compare in una guida di ristoranti di Chicago). Una ricetta embrionale dunque, un lontano avo della carbonara odierna e, proprio per questo, come specificato durante la presentazione del piatto, molto interessante per la sua diversità con l’attuale realizzazione. Si tratta di una ricetta sicuramente rivedibile, ma anziché stuzzicare la vena della curiosità di molti è arrivata a toccare la corda del dogmatismo culinario più intransigente. Nonostante l’importanza storica del documento, attentamente riportata in auge da Cesari per farla conoscere al grande pubblico, la pioggia di insulti, più o meno ripetibili, per l’utilizzo di ingredienti come groviera, aglio e, la nemica numero uno, pancetta, è stata implacabile.

Carbonara, gli ingredienti della prima ricetta scritta? Aglio e groviera

I templari della carbonara non hanno voluto sentire ragioni legate alla conoscenza storica dell’evoluzione della ricetta. Ogni genere di spiegazione di tipo conoscitivo non è ammessa dai paladini della “carbocrema” che hanno seppellito di improperi il gastronomo miscredente. Chissà come impallidirebbero davanti alle forme più datate della romanissima carbonara anni ‘80 dove le uova vengono strapazzate sul fuoco insieme agli spaghetti. Molti contestano l’uso della groviera, formaggio alpino, che secondo alcune voci non verificate non si sarebbe potuto trovare a Roma in quegli anni, come se l’allora culturalmente effervescente capitale d’Italia fosse un piccolo borghetto incastonato sulle cime appenniniche.

Altri non accettano l’aglio nella preparazione, anche se la più grande onta è rappresentata dall’uso della pancetta, una storpiatura di retaggio barbarico alla sacra romanissima ricetta. Sebbene effettivamente oggi la ricetta della carbonara abbia una formulazione quasi scientifica, questo non significhi che non possa essere oggetto di rivisitazioni e, soprattutto, che non abbia avuto, come ogni ricetta, un’evoluzione storica che ne ha cambiato la composizione nel tempo. Nulla come l’intransigenza dettata dalla mancata conoscenza riesce a bloccare l’evoluzione e lo sviluppo, in campo culinario e non. Detto in parole più spicce e coerenti con l’argomento, se questi difensori della tradizione avessero avuto la meglio nel 1954 ora, probabilmente, penseremmo che la carbonara con la groviera e la pancetta sia l’unica versione possibile.

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Alberto Lupini


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