Erano le più amate dai Vip e dagli sportivi. Oltre che molto costose (fino a 35 euro). E fino a poco fa si pensavano, come da pubblicità sul sito internet ufficiale, sicure come le mascherine FFP3 (tra il 98 e il 99%). Certificazione alla mano.
Invece le mascherine U-Mask non sono dispositivi medici e anzi ci sono «potenziali rilevati rischi per la salute» proprio per «l’assenza di un regolare processo valutativo».
Ritiro immediato dal mercato
Lo ha stabilito «con carattere di urgenza» il ministero della Salute che ne dispone «il divieto di immissione in commercio» e ne ordina il ritiro dal mercato dopo la scoperta che il laboratorio di analisi Clodia di Bolzano (che ha rilasciato la certificazione di conformità) è «risultato privo di autorizzazione sanitaria». Ma c’è di più: Chi ha firmato la certificazione, è «un soggetto privo dei prescritti titoli abilitativi», cioè senza laurea.

U-Mask ritirate dal mercato. Fonte: Tpi.it
Cancellata dalla baca dei dispositivi mediciDa tanto “desiderate” a fuorilegge dunque: entro cinque giorni l’azienda
U-Earth Biotech Ltd (che ha di recente lanciato un test rapido per rilevare il coronavirus in aziende, ristoranti e scuole) dovrà
ritirare a sue spese tutte le mascherine presenti sul
mercato, dalle
farmacie ai siti
web.
Nel frattempo la U-Mask sarà cancellata anche dalla
Banca dati ufficiale dei dispositivi medici autorizzati perché non dà garanzia «sull’effettiva adeguatezza come strumento di prevenzione dei contagi».
Tra indagini e servizi di Striscia La NotiziaMa come si è giunti a tutto ciò. Le indagini sono iniziate dopo
esposto di
un’azienda concorrente e un servizio di
Striscia l
a notizia che denunciava la bassa capacità di
filtrazione delle U-Mask, che sarebbe inferiore alla soglia minima del 95%
A fine gennaio i
carabinieri del
Nas avevano sequestrato il laboratorio di analisi di Bolzano e a Milano la Procura aveva aperto un’inchiesta per frode indagando
Betta Maggio, rappresentante legale della U-Earth Biotech di Londra e della sede di Milano. Poi è arrivata anche
l’Antitrust che ha avviato un procedimento contro l’azienda per
pubblicità ingannevole visto che «verrebbe enfatizzata l’efficacia di questi dispositivi con modalità ingannevoli e aggressive, sfruttando indebitamente la situazione di emergenza sanitaria in corso per indurre il consumatore a comprare a prezzi elevati il prodotto reclamizzato».
Infine, lo
stop alla
vendita, ma l’azienda potrà presentare ricorso al ministero o al
Tar.