I Maneskin lettoni e la mozzarella. È davvero italian sounding o soltanto uno spot "trash"?

La stampa nostrana parla di "Italian sounding" per la pubblicità della mozzarella lettone che sarebbe "buona come quella italiana". Ma dov'è l'inganno che fa pensare al lettore sia prodotta nel Belpaese? Pace all'anima dei Maneskin, che speriamo non se la siano presa, ma per lo spot sarebbe più opportuno parlare di "trashata"

24 giugno 2021 | 18:08
di Marco Di Giovanni
Avete vagamente idea di quanta creatività, quante analisi di mercato, quanta targetizzazione di pubblico occorrano per lanciare una pubblicità? Agenzie di comunicazione sono pagate "fior fior di soldi" per lanciare il claim del secolo. Il motivetto "È sempre l'ora dei Pavesini", la canzone per lo spot dei formaggi Minibaby Bel ricalcata sulle note di Barbara Ann dei Beach Boys, ogni possibile pensata della Coca Cola per Natale - ammettiamolo, stupisce e fa sentire accolti anno dopo anno (speriamo che la Codacons non denunci anche me). Ebbene, oggi mezzo Belpaese - un po' per caso, un po' per curiosità, un po' perché Google ha un algoritmo perfetto per segnalare i pettegolezzi agli italiani in tempo reale - si sarà sicuramente imbattuto nella pubblicità lettone che ritrae i "sosia" dei Maneskin impegnati a mangiarsi una pizza con una mozzarella locale. E io mi chiedo: a cosa ci troviamo di fronte? Pubblicità ingannevole? Mediocrità? Genialità?



La pubblicità messa sotto accusa dai riflettori mediatici italiani

Prima di tutto, per chi ancora non ne fosse informato, il pic-post del giorno ritrarrebbe i sosia della band Maneskin, il nuovo fenomeno della musica internazionale (dopo la vittoria all'Eurovision e - forse - il manager entrante Simon Cowell, anche il New York Times lo conferma), che s'accingono ad assaggiare - con facce in realtà poco entusiaste - un trancio di pizza. E photoshoppata sopra la scritta "Tik labi ka italija frormagia mokarellas siers padara visu labaku!... Pat saldetu picu", che tradotto - nel caso qualcuno, nel 2021, non conoscesse ancora il lettone... - "La mozzarella Formagia, buona come quella italiana, rende tutto speciale!... Anche la pizza surgelata".
Ebbene, come si può ben immaginare, non si tratta certo di Mozzarella Campana Dop, ma comunque a tutti gli effetti di mozzarella, che dovrebbe, secondo lo spot, essere tanto buona quanto lo storico prodotto principe della Campania, tanto buona da far impazzire i palati dei "Maneskin baltici".

Lo spot è davvero "l'apoteosi del tarocco pubblicitario", quindi fenomeno di italian sounding?

Immaginate da soli le critiche che son piovute. Ne citiamo prima di tutto una, effettivamente plausibile, dell'avvocatessa Margherita Cera, consulente legale per Rodl & Partner: «I Maneskin (quelli veri) possono certamente agire per chiedere la rimozione della loro immagine dalla campagna pubblicitaria, nonché il risarcimento del danno per l'utilizzazione non autorizzata della loro immagine».
Calca più la mano l'AdnKronos riportando l'opinione dello spin doctor Davide Ciliberti, che riassume il parere di tanti con le dure parole «È l'apoteosi del tarocco pubblicitario. Un'immagine che in un colpo solo mistifica la nostra mozzarella, la nostra pizza e la band italiana del momento nel mondo».

Tolta la questione "furto d'immagine", su cui i Maneskin, al top del successo, potranno certamente aver da ridire, se lo riterranno, ragionerei invece intorno al cosiddetto "tarocco pubblicitario", che sottintende chiaramente ciò che in altre testate (Il Secolo XIX, La Stampa, Affari Italiani, Efa News e chi più ne ha più ne metta) è chiamato (o riportato senza ulteriori commenti) per nome e cognome: italian sounding.

Ragioniamo: dove sta l'inganno sull'origine del prodotto? Ah no, non c'è alcun inganno...

La mia domanda di partenza è: siamo davvero così certi che si tratti di italian sounding? Il sito ufficiomarchibrevetti.it, ad esempio, spiega: "Il fenomeno interessa prodotti realizzati all'estero i quali, giocando sul suono del relativo nome, ingannando i consumatori". Ebbene, se ne possono trovare di definizioni, più o meno simili, ma - assicuriamo - sarà sempre contenuto al loro interno il concetto di inganno. Ad esempio, l'arcinoto Parmesan americano, che spesso riporta unicamente il tricolore sulla confezione, senza ulteriori specifiche, può a pieno titolo rientrare nel fenomeno dell'italian sounding: il tentativo di inganno è palese. Ma come si può parlare d'inganno nel parlare di un prodotto che è "buono come..."? Personalmente so di pubblicità - e a tutti i voi, almeno una, ne verrà in mente - che autodefiniscono il proprio prodotto-protagonista come "il più bello", "il migliore" etc... senza che nessuno dica loro niente o contesti nulla. Opinabile? Certo. Ma bello e buono sono concetti opinabili a prescindere. Vogliamo dunque criticare la mozzarella lettone perché "probabilmente" o "per nostro gusto personale" non "buona tanto quanto" la nostra mozzarella? Possiamo farlo, certo. Ma perché parlare di italian sounding quando uno spot pubblicitario afferma chiaramente che è "come quella italiana", quindi, per forza, non italiana?

Quanto è sottile per la stampa la linea che separa italian sounding da terribilmente trash!

Personalmente rimango più sbigottito dall'abuso del termine italian sounding da parte della cronaca italiana piuttosto che di un'agenzia che ha voluto azzardare una pubblicità che - diciamolo una volta per tutte - più che ingannevole è semplicemente... tremendamente TRASH (sì, trash, proprio come Finché la barca va della Berti o Cicale di Heather Parisi, un trash che fa spuntare un sorrisetto di bocca e di cuore).

Quindi, nulla togliere ai Maneskin che speriamo non se la siano presa troppo, ma sulla mozzarella, patrioti miei, abbiate pazienza: qui non sono i lettoni ad ingannare la stampa italiana, ma la stampa italiana ad ingannare, con termini poco appropriati, i lettori più ingenui.


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Alberto Lupini


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