I balneari in campo contro i Comuni: niente aste o partiranno diffide
L'Italia, che sta trattando con l'Ue, è in ritardo per le concessioni balneari. Il tempo stringe e le associazioni di categoria dopo aver fatto pressioni sul Governo avvertono i Comuni per evitare scontri
È ancora stallo per la situazione che riguarda le concessioni balneari ma i gestori dei bagni sembra non fidarsi più di nessuno e sono pronti a diffidare gli enti locali (Comuni eo Regioni) che dovessero aprire le procedure di asta idelel icenze in assenza di una normativa nazioonale. Il Sib ritiene illegittima qualunque inziativa finche la situazione non sia chiara e ha inviata agli associati un facsimile (clicca qui) di una diffida in cui esplicita la posizione da tempo nota. Si surriscalda quindi il clima mentre l'Italia sta cercando di trattare con l'Unione europea per ottenere una proroga di quattro mesi per finalizzare la nuova mappatura delle spiagge e per estendere le concessioni fino alla fine del 2025. Le associazioni di categoria, però, visto il ritardo nelle procedure, non vogliono stare con le mani in mano e dopo avere messo pressione al governo (con una lettera inviata martedì 23 gennaio alla premier Meloni) ora attaccano sul fronte degli enti locali, dopo che alcuni Comuni hanno già annunciato che apriranno le aste per le concessioni balneari.
Ricordiamo intanto come il Sib e altre sigle hanno esplicitato la loro preoccupazione al Governo: «Le scriventi organizzazioni maggiormente rappresentative dei balneari italiani - si leggeva nella lettera dimartedì alla Meloni - , nell'apprezzare la lettera di risposta alla Commissione europea dello scorso 16 gennaio, ribadiscono lo stato di profonda preoccupazione del settore per la mancata emanazione di un atto normativo o amministrativo chiarificatore sulla durata delle concessioni demaniali marittime». Così hanno scritto Antonio Capacchione, presidente del Sindacato italiano balneari aderente a Confcommercio, e Maurizio Rustignoli, presidente di Fiba- Confesercenti, nella missiva.
«Siamo costretti, infatti, ad evidenziare che quanto paventato nelle nostre precedenti lettere sta diventando realtà con gli enti concedenti (Comuni e Autorità di sistema portuale) che stanno ponendo in essere le procedure amministrative per la messa a gara delle aziende attualmente operanti - continua la nota congiunta. Non è assolutamente rinviabile un intervento normativo o, comunque, l'emanazione di provvedimenti amministrativi che evitino la gestione confusa e caotica delle funzioni amministrative in materia. L'inerzia del governo in tal senso rischia di danneggiare o distruggere un importante settore economico perfettamente efficiente e di successo. Le rinnoviamo la richiesta di un incontro per meglio rappresentare e illustrare la gravità della situazione e l'urgenza di un intervento normativo risolutivo» concludono Capacchione e Rustignoli.
Quante sono le concessioni balneari in Italia?
Il sistema informativo del demanio, lo scorso febbraio, ha censito 26.313 concessioni, 15.414 delle quali ad uso turistico-ricreativo. Se numericamente quelle turistico-ricreative sono prevalenti, (58,6% del totale), dal punto di vista della superficie sono assolutamente residuali occupando appena lo 0,50% dell'area demaniale complessiva. Un altro elemento che qualifica le concessioni ad uso turistico-ricreativo è la ridotta dimensione della superficie occupata: il 72,3% non supera i 3.000 mq, e il 94,9% i 10.000 mq. Le imprese balneari sono soltanto una parte delle aziende che utilizzano il demanio ad uso turistico-ricreativo. Si tratta di 6.592 imprese (marittime, lacuali e fluviali) che impiegano, nei mesi di alta stagione, 60mila addetti (43mila dei quali dipendenti).
A livello regionale nelle prime tre posizioni troviamo l'Emilia Romagna con 969 imprese balneari (14,7% del settore), la Toscana con 850 (12,9%) e la Liguria con 753 (11,4%), seguono la Campania (645; 9,8%), la Calabria (578; 8,8%) e il Lazio (513; 7,8%). Dall'indagine effettuata da Nomisma si stima un fatturato medio di circa 260.000€ ad azienda, generato per il 50% dai ‘servizi tradizionali': spiaggia, parcheggio e noleggio attrezzature. Bar, ristoranti arrivano a contribuire con una quota addizionale intorno al 48% del totale. Per otto imprenditori su dieci (tra titolari e soci) l'impresa balneare rappresenta la principale fonte di reddito della famiglia.
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Alberto Lupini
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