Il green pass affossa i parchi divertimento: visite dimezzate in un weekend
Secondo l'Associazione parchi permanenti italiani l'obbligo di certificazione verde per l'accesso limita la potenziale clientela fatta di teenager non ancora vaccinati. A rischio un settore da 1 miliardo di euro
Il 6 agosto è entrato in vigore l’obbligo di esibire il green pass per accedere ad alcune attività e servizi. Lo stesso weekend i parchi divertimento hanno perso un 50% di ingressi in media rispetto al fine settimana precedente. Un effetto che ha fatto scattare l’allarme dell’Associazione parchi permanenti italiani (aderente a Confindustria). Il problema è semplice: rivolgendosi prevalentemente a una clientela di teenager, che al momento sono la fascia meno vaccinata della popolazione, viene meno il naturale bacino di utenti su cui puntano i parchi divertimento.
Giuseppe Ira: «Giusto il green pass, ma sbagliate le tempistiche»
D’altronde, come stabilito dal decreto emanato dal Governo il 5 agosto, anche i parchi divertimento rientrano nella categoria di attività il cui accesso è sottoposto alla verifica della certificazione verde. Peccato che il tempismo dell’entrata in vigore della norma abbia subito colpito uno dei settori leisure per eccellenza già alle prese con protocolli e controlli anti-contagio stringenti. «Non siamo pregiudizialmente contrari al green pass, personalmente punto a rendere Leolandia covid-free in autunno. I tempi però non sono ancora maturi: non ci sono abbastanza vaccinati tra i giovani», ha commentato Giuseppe Ira, presidente dell’Associazione parchi permanenti italiani a Il Tempo.
Le richieste al Governo: copiare il modello francese
Da questa considerazione arrivano anche delle specifiche richieste al Governo che fin dall’inizio ha preso a modello la proposta francese di utilizzo esteso del green pass. Dall’altra parte delle Alpi, però, l’età minima per presentare il green pass è stata alzata a 18 anni mentre in Italia vale dai 12 in su (ossia per coloro a cui è possibile somministrare il vaccino). Una differenza notevole che mette fuori gioco una buona fetta di clientela, composta essenzialmente da famiglie e comitive di giovani. Allo stesso modo, sempre in Francia, «in autunno sono previsti ristori pari all’80% delle perdite subite per le aziende più danneggiate dal provvedimento. Qui in Italia, invece, l’unica certezza sono le perdite», ha continuato Ira.
A rischio un settore che vale un miliardo di euro
Il rischio a questo punto è che, incapaci di capitalizzare la stagione estiva e dopo un anno e mezzo di difficoltà, i parchi divertimento si avvicinino sempre più al fallimento. Con relativi licenziamenti di massa. Eventualità che metterebbe a rischio un settore che nel 2019 ha generato 20 milioni di visite all’anno, di cui 1,5 milioni provenienti dall’estero per un totale di 1,1 milioni di pernottamenti e un giro d’affari pari a 1 miliardo se si considera l’intero indotto (compresa ristorazione e merchandising). All’orizzonte dovrebbe esserci un intervento ad hoc perorato dal ministro al Turismo, Massimo Garavaglia per salvaguardare il settore. Peccato che «siamo ancora pertinenza del ministero della Cultura», ha precisato Ira.
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Alberto Lupini
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