Il settore Food&Beverage da sempre rappresenta un campo in continua evoluzione, guidato dall'obiettivo di fornire esperienze eccezionali ai clienti, coniugando sicurezza dei prodotti e salute dei consumatori con ogni tipologia di novità tecnologiche e di proposte gastronomiche. Negli ultimi anni stiamo assistendo, soprattutto in Italia, ad accesi dibattiti sull’utilizzo degli insetti (novel food) e sull’applicazione di tecnologie produttive come quella della carne artificiale (cultured meat). Oltre a queste problematiche di attualità, non cessano le polemiche sulla mancanza di personale in vari comparti produttivi e di servizio e a tutti i livelli, oltre che sulle difficoltà derivanti dalla crisi energetica e dal cambio climatico, con le conseguenti ricadute sui costi delle materie prime, che oltretutto scarseggiano in vari comparti merceologici.
Allo stesso tempo, Tv e giornali alternano le notizie sulle gravi difficoltà del comparto che non smette di lamentarsi, per passare poco dopo a entusiasmanti annunci dei record battuti in termini di presenze turistiche e stagione estiva al meglio di quelli pre-Covid, per non parlare dell’eccellenza dei prodotti Made in Italy, che secondo i media, stanno invadendo il mondo grazie al crescente export.
In questo momento non è chiaro quale sia la direzione intrapresa dal comparto food italiano
La corsa alla sostenibilità nel comparto food: verso un futuro incerto
Se consideriamo anche la corsa alla sostenibilità e tutto l’universo a essa connesso, sfido qualunque esperto a orientarsi e capire di che piatto stiamo parlando - dolce o salato - e dove esattamente sia diretto il comparto food italiano, che da un lato è sommerso di problemi e dall’altro va a gonfie vele? Tuttavia, esiste un argomento su quale tutti sono d’accordo e cioè, che bisogna in tempi stretti e con massima efficienza cambiare rotta e iniziare a portare dei cambiamenti (anche radicali) e a livello di sistema. Bisogna smettere di parlare di innovazione e iniziare a fare innovazione, partendo dalle materie prime - smettendo di storcere il naso davanti tutto ciò che i nostri nonni non potevano immaginare, passando per le tecnologie di produzione e conservazione - spogliando la tecnologia 4.0 dall'inutile snobismo verso ciò che non è fatto a mano o trafilato a bronzo, ma investendo nella formazione e la qualificazione del personale per restituire al lavoro valore, dignità e coerenza.
La sfida della sostenibilità nel settore alimentare italiano è un viaggio complesso tra problemi e opportunità
Di fatto, l’investimento nelle risorse umane si sta rivelando quello più difficile da attuare e gestire, ma anche quello, che in fin dei conti, farà la differenza per ogni impresa che riesce a distinguere e bilanciare il personale addetto ai lavori e l’individualità delle persone. E questi concetti, nella loro complessità, sono destinati a diventare ancora più determinanti nel momento in cui è ormai chiaro che ci stiamo avvicinando ad una vera e propria rivoluzione tecnologica, che grazie alla intelligenza artificiale e alla robotica di nuova generazione, spazierà via tantissime operazioni e attività “fatte a mano” da addetti anche poco qualificati. Ma per riuscire a fare questo salto nel futuro, le aziende avranno bisogno di persone con preparazione e abilità che ancora nessuna scuola o università propone come percorso di studio (almeno in Italia,ndr). Inutile quindi dotarsi di una cucina 4.0 e creare una squadra di personale che la cosa che sa fare meglio con un dispositivo elettronico in mano è mettere “Mi piace” sotto i post sui social.
Investimenti nel food tech italiano: un confronto con il panorama mondiale
Per onestà intellettuale, non voglio dire che le aziende italiane del food non investono nelle nuove tecnologie, ma analizzando i dati pubblicati a gennaio 2023 da TheFoodCons sull’indagine svolta in collaborazione con Agrifood-Tech Italia, notiamo che la maggioranza degli investimenti pari a 41% del totale si concentra nell’ultima fase della catena di consumo. Parliamo dello sviluppo dell'e-commerce, marketplace o piattaforme di delivery, attività certamente importanti, ma marginali rispetto ai processi produttivi e che richiedono coinvolgimento di personale proveniente da altri settori e non necessariamente da quello del food o food service. Analizzando il resto dei dati del report “Investimenti nell’Agrifood-Tech in Italia 2022” possiamo rimanere sorpresi, scoprendo che il totale degli investimenti tecnologici nel comparto supera 156 milioni di euro solo nell’anno 2022.
Le aziende italiane del food non investono ancora a sufficienza nelle nuove tecnologie
Questo valore che sembra importante, nella realtà dei fatti consiste solo nello 0,30% degli investimenti mondiali nel comparto, che valgono più di 52 miliardi di dollari, di cui 10 miliardi di euro provengono dall’Europa. I 156 milioni di euro investiti dagli imprenditori italiani in innovazione tecnologica nel settore food, si dividono poi nel 38,9% in ambito Farm Management, Novel Farming e Indoor Farming e, meno male, al terzo posto si trova il settore Horeca con investimenti pari all’11,3% del totale.
Chiediamoci allora: come si colloca l’Italia in questo contesto e come pensiamo di affrontare il futuro dove le eccellenti tradizioni centenarie dovranno piegarsi alle norme di sostenibilità delle produzioni e delle regole di un mercato guidato dalle esigenze dei consumatori, proiettati nel terzo millennio?