Formaggio, la storia inizia con i viaggi dei nomadi nel deserto

Il latte era portato in borracce, il caldo del sole e l'enzima preso dai cammelli fecero il resto. Antiche leggende dalle quali potrebbe essere nato il formaggio, il cui peggior nemico è... la fretta

04 febbraio 2021 | 07:33
di Alberto Marcomini
Tutte le volte che mi siedo davanti ad un formaggio, una voglia irresistibile mi spinge a guardarlo, accarezzarlo, annusarlo. Penso ai suoi molteplici abbinamenti, a come poterlo interpretare in ricette sublimi. Prima di degustarlo, per percepire i suoi aromi, i suoi profumi, penso al luogo di provenienza, al casaro che ha trasformato il prezioso latte delle sue vacche, capre, pecore, bufale, accudite con amore, lasciate libere durante la bella stagione a brucare erba fresca, fiori, piante aromatiche, l’espressione di una natura generosa, che spesso viene violentata dalla stupidità umana. Tutto questo mi spinge ad amare sempre di più questo tesoro lattiero-caseario. Ma come è nato il formaggio?


Formaggi tipici della Liguria

La leggenda del formaggio
Adesso vi racconto una bella storia, molto verosimile (all’epoca non esistevano mezzi di comunicazione, soltanto l’uso della parola che si è tramandata sino ai giorni nostri). Tutto accadde circa 5mila anni fa in un deserto del Nord Africa. Un bel giorno una tribù di nomadi decise di spostare il proprio accampamento in un’oasi a due giorni di cammino in sella dei propri cammelli. Dopo aver caricato la tenda, i nomadi pensarono di riempire i loro otri (le nostre borracce ante litteram) con il latte di questi meravigliosi animali, i cammelli, per potersi dissetare durante il viaggio. Queste “borracce” erano ricavate dagli stomaci dei ruminanti, e più precisamente l’abomaso, il quarto stomaco. Ovviamente non erano a conoscenza che all’interno di questo stomaco era presente un enzima miracoloso. Durante il viaggio, però, quando volevano sorseggiare un po’ di latte, notarono, sorpresi, che di latte ne usciva poco, e non capivano. Una volta arrivati a destinazione, aprirono le loro “borracce” scoprendo così, con grande stupore, che il latte si era coagulato. È proprio così che il calore del sole e il lento scuotimento del latte, grazie all'enzima oggi chiamato caglio, avevano trasformato il latte in un coagulo. Quel fatidico giorno era nato il “formaggio”!


Formaggio in fascera

Con il passare dei secoli l’uomo da nomade diventò stanziale, allevando gli animali e ricavandone il latte, e fu così che, conoscendo già il potere del magico enzima, diventò “casaro”.

Come si fa il burro nei caseifici del Levante Ligure
Oggi, in tutti i nostri caseifici, ogni giorno si lascia riposare il latte appena munto, permettendo al grasso in eccesso, chiamato “crema di latte”, di salire in superficie. Questa ricca crema, dopo un'energica scuotitura, diventa burro.

Ricordo quando anni fa facevo visita a Maria, una donna meravigliosa, che possedeva, insieme al marito Mario, quattro vacche sulle alture di Recco nel Levante Ligure. Maria riempiva una bottiglia di vetro con una crema di latte, chiamata panna, e poi lei insieme alle sue amiche sbattevano la bottiglia passandosela una con l'altra, per alleviare la fatica, sino ad ottenere un dolcissimo burro. Le osservavo in silenzio in quella piccola cucina con la stufa a legna, cercando di capire le storie che si raccontavano, di quando erano giovani: la fame, la guerra, i bombardamenti, i sacrifici per mandare avanti la famiglia, a volte numerosa. E poi ridevano, serene e felici, mentre creavano il loro panetto di burro. Un po’ in là sgocciolava la formaggetta appena fatta, indispensabile per fare la famosa focaccia col formaggio. Facevo fatica a capire il loro dialetto, annuivo, ridevo anch’io, sorseggiando un bicchiere di vino fatto in casa. Un ricordo che rimarrà sempre nella mia memoria e nel mio cuore.


Caldaia di rame

Ma torniamo al caseificio. Una volta raccolta la panna, il latte si versa nella caldaia di rame, riscaldata dal fuoco di legna. Lo si porta alla temperatura voluta, si aggiunge il “caglio” e si mescola con delicatezza, con gesti sapienti. E poi si aspetta con pazienza il magico coagulo: la fretta è il peggior nemico del formaggio!

Oggi il formaggio può essere classificato in tanti modi, conformemente alla tipologia che si vuole realizzare. Ma di questo parleremo più approfonditamente nel prossimo articolo.

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Alberto Lupini


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