Fake news, l'indignazione dei media per le “castronerie” di Beppe Grillo

04 gennaio 2017 | 12:11
«Serve una giuria popolare contro le balle di stampa e tv» parola di Beppe Grillo e la polemica, come di consueto quando il leader del Movimento 5 Stelle la spara grossa, impazza. La vicenda ormai è nota a tutti: dagli Stati Uniti fino all’Italia il fenomeno delle bufale sul web avrebbe, secondo alcuni, condizionato l’esito di alcuni intricati nodi politici dall’elezione di Trump fino al referendum costituzionale tanto che “post-verità” è stata eletta dagli inglesi “Parola del 2016”.


 
Da qui lo squarcio tra chi sostiene il giornalismo “classico” a quello 2.0 che circola in rete e sui social, si è aperto ancor di più. Nelle ultime ore in Italia sono stati due i personaggi che si sono fatti portavoce dei due schieramenti: Enrico Mentana a sostenere naturalmente stampa e tv e Beppe Grillo a difendere l’informazione libera del web. Il primo ha minacciato di procedere per vie legali contro Beppe Grillo che ha accusato stampa e tv di essere “fabbricatori di false notizie”, l’altro appunto è uscito allo scoperto con l’idea della giuria popolare.

Inoltre non è mancata la voce dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia che per prima ha fatto sapere tramite la propria newsletter: «Da tempo denunciamo il boom di false notizie che circolano sul web e che poi i social network rilanciano, senza alcuna verifica delle fonti» ricordando poi che nel Testo Unico recentemente approvato è previsto che la deontologia si applichi anche ai social network, sicché un iscritto all’Albo non può scrivere notizie false sul proprio profilo Facebook.

Tante le chiavi di lettura tra cui quella dell’editorialista del Corriere della Sera Marco Imarisio che sull’edizione di oggi mercoledì 4 gennaio ribalta completamente le carte in tavola spiegando che sono giornali e tv a dover continuare ad esistere per fare da contraltare alle “castronerie atomiche” di Grillo. Riportiamo di seguito l’articolo integrale.


La prima volta che Beppe Grillo ha mimato il gesto di pulirsi il sedere con un giornale risale all’Apocalisse morbida dell’ormai lontano 1998. Il debutto di una scenetta poi ripetuta all’infinito avvenne durante uno spettacolo dove il futuro fondatore del Movimento 5 Stelle negava l’esistenza dell’Aids definendolo «la più grande bufala di questo secolo» e tesseva le lodi del metodo Di Bella giudicandolo «scientificamente fondato» e attaccando le perfide multinazionali che ne impedivano la diffusione.

Il mondo dei media non è mai immune da colpe, il primo a dirlo fu Joseph Pulitzer, l’uomo che alla fine dell’Ottocento rivoluzionò la stampa americana. In questi giorni negli Stati Uniti e non solo si parla molto di verità e post-verità. Alcuni commentatori si sono chiesti se non sia stato un errore mettere sullo stesso piano alcune bugie spacciate per fatti da Donald Trump e le repliche di Hillary Clinton.

Non sempre posizioni opposte hanno pari dignità, e certe volte il politicamente corretto obbliga a considerare tutto sullo stesso piano. In questo sistema, chi è più spudorato ha sempre un vantaggio. Anche da queste parti ci sono specialisti del settore. Il più bravo di tutti è proprio quello che ha appena chiesto «l’istituzione di una giuria popolare per le balle dei media». L’ossessione di Grillo per i media, almeno quelli non gestiti e controllati da lui, è nota da tempo. E dopo la scomparsa di Casaleggio padre, che invece i giornali li leggeva, è andata peggiorando fino all’auspicio della loro estinzione.

Ma forse c’è ancora bisogno di qualcuno che provi a confutare l’esistenza del pomodoro antigelo responsabile della morte di sessanta ragazzi, e risponda con i fatti a chi giudica dannosi i vaccini e inutili nonché pericolose le mammografie. Finché Grillo e il suo blog continueranno a spacciare castronerie atomiche per verità scolpite nella roccia al grido di «la gente deve sapere», i media tradizionali avranno la loro ragion d’essere. E nel caso, appuntamento davanti alla giuria. Così vediamo chi è quello che le spara più grosse.

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Alberto Lupini


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