Ci attendono ancora una quarantina di giorni prima della fine della bella stagione, ma già possiamo dire che questa estate probabilmente verrà ricordata come quella degli scontrini pazzi. Una miccia, quella della scorsa settimana riguardante i due euro di sovrapprezzo per un toast a metà e un piattino aggiunto, e poi la deflagrazione completa. E anche abbastanza incontrollata.
Da Nord a Sud Italia in pochi giorni una sfilza di denunce social: da Maranello arriva la notizia del conto da oltre 800 euro per una tavolata di 24 persone (tra cui 13 adulti e 11 bambini) per una cena in un chiosco a base di tigelle, gnocchi fritti, affettati vari, vino e bevande. Totale? 845 euro, poi abbassati a poco meno di 600 di fronte alle lamentele dei commensali. E ancora, entrano nel novero di questo esclusivo (e poco invidiato) club due caffè e altrettante bottigliette d’acqua in un bar di Porto Cervo, costati la bellezza di 60 euro per due turisti romani, senza dimenticarci i 26 euro per due spritz e annesso tramezzino a Verona. A Pesaro, addirittura, un sovrapprezzo di 50 centesimi per il ghiaccio nel caffè. E la lista potrebbe continuare. Ma cosa c’è alla base di tutto? Un’improvvisa mania da parte dei ristoratori di approfittarsi dei propri clienti, oppure una serie di leggerezze di non pochi avventori?
Detto come la situazione attuale possa essere un po’ un mix di entrambe le cose, il punto che sfugge in questo marasma di scontrini, prezzi gonfiati, balzelli, rincari improvvisi e segnalazioni varie però è uno: ma i menu (o i listini dei prezzi) non li legge più nessuno?
Menu: un diritto del cliente e un dovere del ristoratore
Si tratta certo di una provocazione, ma appare anche come domanda legittima. Cerchiamo di farla breve e il più semplice possibile, anche perché è caldo e le alte temperature non alimentano ragionamenti troppo boriosi o complicati. Il cliente ha un’arma infallibile a sua disposizione: il menu (sia esso elettronico, consultabile da smartphone, o fisico): una carta in cui sono segnalati i prezzi non solo di bevande o cibo, ma anche le eventuali maggiorazioni, variazioni e il tanto discusso coperto. È un diritto dell’avventore chiedere il menu, consultarlo e fare le sue valutazioni (ordinare o andarsene) in base a ciò che legge. Il cliente quindi deve chiedere e conoscere il costo di ogni singola portata, e il cameriere non può rifiutarsi nel soddisfare tale richiesta.
È allo stesso modo un dovere dell’esercente esporre i prezzi applicati ben visibili (il classico listino, magari in un bar o una caffetteria), far trovare il menu al tavolo o consegnarlo a chi si siede per una consumazione, sia essa un semplice caffè, un aperitivo o una cena. E nel momento in cui non ci dovesse essere traccia del menu, questo deve esser richiesto dal cliente. Le ordinazioni a voce, per quanto comode e immediate, molto osteria oriented e italian style, non sono ammesse o ammissibili. Anzi, non sarebbero proprio legittime.
E qui ci viene il dubbio: possibile come tra tutti i casi segnalati negli ultimi giorni, nessun cliente abbia mai avuto la premura di chiedere e consultare un menu? Se così fosse, l’avventore avrebbe poche scusanti, data proprio la sua mancanza di attenzione. Se, al contrario, il menu sia stato letto, consultato e “accettato”, allora tutte le accuse post conto sarebbero pressoché inammissibili, sterili e anche fuori luogo. Proprio perché il cliente sapeva preventivamente cosa e quanto avrebbe speso. In entrambi i casi, ci dispiace dirlo, ma è il cliente a pagare (metaforicamente e non) in prima persona la sua stessa incuria, a dover rispondere delle conseguenze della propria leggerezza. Risultando, allo stesso tempo e nei suoi stessi confronti, vittima e carnefice. E le sue lamentele, in tal modo, non hanno proprio motivo d’esistere.
Differente invece il discorso nel caso in cui i prezzi battuti in cassa dovessero differire da quelli esposti o segnalati in menu (che, di fatto, è un contratto vincolante tra le parti, accettato al momento dell’ordinazione). In una circostanza simile il cliente sarebbe anche autorizzato a chiamare le autorità per segnalare il disservizio, oltre a poter lasciare il locale senza nemmeno pagare. E questo, probabilmente, in pochi lo sanno.
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Alberto Lupini
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