Esselunga, contratti di manodopera illeciti. Sequestro per 48 milioni
Accertata una presunta frode fiscale caratterizzata dall'utilizzo di fatture per operazioni giuridicamente inesistenti e dalla stipula di contratti fittizi di appalto per la somministrazione di manodopera. Accusa anche di caporalato
Un'inchiesta del pm Paolo Storari ha portato al sequestro preventivo di circa 48 milioni di euro nei confronti di Esselunga, eseguito dal nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Milano. Al centro dell'indagine una presunta somministrazione illecita di manodopera. Quindi accusa fiscale più caporalato sono le accuse mosse al colosso della Gdo.
Indagine Esselunga, una complessa frode fiscale
Come riporta Ansa, è stata accertata, secondo l'accusa, una complessa frode fiscale col meccanismo dei serbatoi di manodopera. Stamani è stato eseguito un decreto di sequestro preventivo d'urgenza emesso dalla Procura, guidata da Marcello Viola, nei confronti di Esselunga per l'importo complessivo di 47.765.684,45 euro. Le indagini, condotte dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Milano con la collaborazione del Settore contrasto illeciti dell'Agenzia delle entrate, hanno al centro il fenomeno della somministrazione illecita di manodopera e ricalcano il presunto schema illegale accertato in numerose altre indagini del pm Storari su grandi gruppi della logistica e della distribuzione, come Dhl e Brt.
Per l'accusa anche nel caso Esselunga è stata accertata una presunta frode fiscale caratterizzata dall'utilizzo, da parte della beneficiaria finale del meccanismo illecito, ossia Esselunga stessa, di fatture per operazioni giuridicamente inesistenti e dalla stipula di fittizi contratti di appalto per la somministrazione di manodopera, in violazione della normativa di settore, che ha portato all'emissione e al conseguente utilizzo di fatture inesistenti per un ammontare complessivo di oltre 221 milioni di euro, più Iva, superiore a 47 milioni di euro. Ricostruendo la filiera della manodopera è emerso, secondo i pm, che i rapporti di lavoro con la società committente, ossia Esselunga, sono stati in taluni casi schermati da società filtro che a loro volta si sono avvalse di diverse società cooperative (società serbatoio), mentre in altri sono stati intrattenuti direttamente con quest'ultime che hanno sistematicamente omesso il versamento dell'Iva e, nella maggior parte dei casi, degli oneri di natura previdenziale e assistenziale.
Come era la gestione dei rapporti di Esselunga coi dipendenti
Ricostruendo la “filiera della manodopera”, sarebbe emerso che i rapporti di lavoro con Esselunga sono stati in alcuni casi “schermati” da società “filtro” che a loro volta si sono avvalse di diverse società cooperative (dette appunto società “serbatoio di manodopera”), mentre in altri sono stati intrattenuti direttamente con queste ultime, che hanno sistematicamente omesso il versamento dell’Iva e, nella maggior parte dei casi, degli oneri di natura previdenziale e assistenziale.
Sul colosso della Gdo della famiglia Caprotti non pesa dunque solo l’accusa di frode fiscale, ma anche quella di caporalato, cioè sfruttamento sistematico dei lavoratori, forse ancor più grave per un marchio considerato “la Olivetti della GDO”, un modello del retail. In pratica i soci lavoratori erano costretti a turni massacranti per una paga da fame e passavano da una cooperativa all’altra, senza mai maturare gli scatti di anzianità.
Un modus operandi ben lontano dall’impronta paternalistica lasciata in eredità alla moglie Giuliana Albera e alla figlia Marina Caprotti nel 2016 dal patron di Esselunga Bernardo Caprotti, spesso ricordato per le sue celebri passeggiate tra gli scaffali durante cui incontrava volentieri da vicino i collaboratori.
A questo proposito il gip milanese Domenico Santoro ha messo in amministrazione giudiziaria per l’ipotesi di reato di caporalato la “Servizi Fiduciari soc. coop.”, una delle articolazioni del colosso della vigilanza privata Sicuritalia con 135 milioni di fatturato e 7.000 lavoratori, perché il salario dei vigilantes, pur previsto dall’applicazione di un contratto collettivo nazionale, per la sua esiguità è sproporzionato perché sotto la soglia della povertà e incapace di garantire il parametro costituzionale di “una esistenza libera e dignitosa”.
Esso prevede infatti una paga di 5,37 euro l’ora per 173 ore, dunque uno stipendio mensile di 930 euro lordi e 650 netti, ben sotto la soglia di povertà indicata dall’Istat in 852 euro per una persona e 1.180 per una famiglia di due. E non vale obiettare che siano paghe accettate dai lavoratori, perché dai loro racconti al Nucleo Pef della Guardia di Finanza è emerso come sia “lo stato vitale di bisogno a costringerli ad accettare salari da fame, solo perché posti dinnanzi alla scelta se avere, o meno, una qualche forma di introito necessaria a qualcosa che somigli alla sopravvivenza”. Tra l’altro la Servizi Fiduciari soc. coop. registrava i propri dipendenti (vigilanti non armati) al livello D del contratto collettivo nazionale “Vigilanza privata e servizi fiduciari”, anziché adoperare il più consono per l’Inps contratto “Multiservizi”, che avrebbe previsto uno stipendio di 1.218 euro lordi.
Il dettaglio delle indagini dei magistrati su Esselunga
Gli accertamenti degli inquirenti milanesi avrebbero scoperto una complessa frode fiscale caratterizzata dall’utilizzo, da parte di Esselunga, di fatture per operazioni giuridicamente inesistenti e dalla stipula di fittizi contratti di appalto per la somministrazione di manodopera, in violazione della normativa di settore, che ha portato all’emissione e al conseguente utilizzo di fatture inesistenti per un ammontare complessivo di oltre 221 milioni di euro, più Iva superiore a 47 milioni di euro.
Sono indagati l’attuale direttore finanziario Albino Rocca e il suo predecessore Stefano Ciolli, andato in pensione a settembre 2022, con l’ipotesi di reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e la stessa Esselunga.
Gli investigatori delle Fiamme gialle stanno eseguendo il decreto di sequestro preventivo emesso d’urgenza dal pm Paolo Storari sull’Iva ritenuta evasa. Gli accertamenti sono ancora allo stato iniziale in quanto dovranno essere verificati ulteriori serbatoi di personale e il provvedimento dovrà essere convalidato o rigettato entro dieci giorni da un gip.
La contestazione riguarda gli anni dal 2016 al 2022, cioè il periodo immediatamente successivo alla morte del fondatore Bernardo Caprotti, e coinvolge, oltre a Esselunga, cinque consorzi di società che, a loro volta, avevano come sottostanti un numero più elevato di cooperative. Ma lo schema illegale ricalcato da Esselunga non è nuovo alle autorità giudiziarie. Il pm Storari infatti aveva già incriminato DHL e Bartolini, solo per citare due dei grandi gruppi della logistica e della distribuzione indagati per il fenomeno della somministrazione illecita di manodopera.
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Alberto Lupini
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