Dalla carenza di personale al nuovo Governo: gli scenari della Fipe per bar e ristoranti

Abbiamo intervistato Luciano Sbraga, vicedirettore generale Federazione Italiana Pubblici Esercizi che ha parlato delle nuove sfide della ristorazione, anche in vista della stagione natalizia. Tra le richieste una riapertura adeguata dei flussi dei lavoratori extracomunitari per far fronte alle necessità di recuperare i posti di lavoro persi a seguito dei due anni di pandemia

02 novembre 2022 | 14:38
di Silvia Balduzzi

Manca il personale e anche Fipe chiede un aumento dei lavoratori stranieri, mettendo mano al Decreto Flussi, dopo che nei giorni scorsi l'allarme era stato lanciato in Veneto da Federalberghi, Confindustria e Confagricoltura.

Sono tanti altri i temi, però, che preoccupano la ristorazione, a cui dovrà anche dare risposta il nuovo Governo Meloni.

Ne abbiamo parlato con Luciano Sbraga, vicedirettore generale Fipe - Federazione Italiana Pubblici Esercizi, che ci ha parlato delle problematiche legate ai costi delle materie prime e dell'energia elettrica, di come sia possibile rendere più attrattivo il comparto per i giovani e di come sia importante intervenire sulla formazione, rendendola più adeguata alle richieste del mondo del lavoro.

Può delineare una fotografia su quale sia la situazione che voi registrate oggi per quanto riguarda la carenza di personale?
Il fatto che ci sia ancora carenza di personale, è senz’altro un dato oggettivamente vero. Nel senso che noi abbiamo perso 243mila lavoratori dipendenti nel 2020, ne abbiamo recuperati circa 50mila nel 2021. E sono questi circa 200mila lavoratori che sono usciti dal settore, che nel corso del 2022 si è cercato di recuperare. Naturalmente noi non sappiamo se sono gli stessi lavoratori, che erano usciti nel 2020, a rientrare, ma parliamo di risorse umane che arrivano nel comparto a riequilibrare le perdite di personale. Naturalmente all’interno di questi 200mila lavoratori persi, c’è anche una parte di personale extracomunitario, che sono usciti dal settore soprattutto nel periodo della pandemia pe rientrare nei Paesi di origine, non potendo restare in Italia con il lockdown. E poi hanno anche avuto difficoltà a rientrare, a causa dei diversi regimi relativi alla gestione dei Covid, anche in Italia. Di quei 200mila, affidandomi alla memoria, 40mila/50mila mi risulta fossero lavoratori extracomunitari, che hanno sempre rappresentato un quarto della forza lavoro del comparto.

Il punto sulla necessità di lavoratori extracomunitari

Già nei giorni scorsi, come avevamo sottolineato, in Veneto è stato lanciato un allarme da Federalberghi, Confindustria e Confagricoltura, riguardo al Decreto Flussi, in particolare sul fatto che gli ingressi siano da ampliare e non da ridurre. Qual è la sua opinione?
Noi stessi abbiamo chiesto prima dell’estate la riapertura dei flussi perché c’era, soprattutto nella stagione estiva, una richiesta supplementare di lavoro. La riapertura è stata insufficiente al bisogno. E, ad esempio, a ottobre noi abbiamo fatto richiesta di almeno 50mila lavoratori. Per il 40% di esso c’è stata difficoltà nel reperimento di personale per mancanza di profili adeguati o di candidati. Il problema della mancanza di personale è un problema che ancora esiste, ma d’altra parte – dopo un terremoto vissuto negli anni come della pandemia e parliamo di 2020 e 2021, ricordando che per sei mesi siamo stati praticamente chiusi - è evidente che adesso stiamo attraversando una fase di assestamento. Ora ciò che va ritrovato è quell’equilibrio che è andato perso in quei due anni.

 

Le imprese, quindi, chiedono di aumentare i numeri in ingresso, ma ora che il timone è nelle mani del nuovo Governo, gli operatori del turismo temono una stretta. Cosa ne pensa?
Per quanto riguarda il Decreto Flussi, non possiamo sapere se il Governo sceglierà di stringere ulteriormente le maglie. Bisogna distinguere tra quelli che sono gli ingressi in Italia che sono illegali e quelli che sono una gestione corretta dei flussi, di cui il comparto ha bisogno. Non è un problema solamente della ristorazione, ma del turismo, dell’agricoltura e della manifattura. In questo momento abbiamo un problema di reperimento di personale che riguarda l’intera economia e siamo un Paese che dal punto di vista demografico non cresce e che ha un costante invecchiamento in corso. Il nostro è un Paese che ha bisogno di importare manodopera, cosa che può piacere o non piacere, ma è un dato oggettivo.

La mancanza di personale non dipende dal fatto che ci sia il reddito di cittadinanza

Ultimamente si parla sempre più spesso di intervenire sul reddito di cittadinanza. Crede che abbia un ruolo nella difficoltà di reperire personale?
Quello del reddito di cittadinanza è un problema che è stato in parte anche interpretato non correttamente nei mesi passati. Il problema della mancanza di personale non dipende dal fatto che ci sia il reddito di cittadinanza. Sicuramente ci possono essere stati dei casi in cui qualcuno ha rinunciato a un lavoro perché aveva il reddito di cittadinanza: queste situazioni state denunciate dai nostri imprenditori, però non sono i casi che fanno i fenomeni. Questi ultimi sono più complessi, articolati e diffusi. Sicuramente non è quello il problema: non c’è un rapporto di causa-effetto dal punto di vista fenomenologico.

Un problema anche contrattuale

Quale ritiene siano, quindi, le principali criticità nel reperire risorse umane per il settore della ristorazione? Esiste un problema a livello contrattuale?
Ci sono sempre meno giovani e questo è un fattore. Il comparto poi è stato trasformato, a causa della pandemia, in poco affidabile: nel senso che non dava più certezza di occupazione. Chi ha potuto si è allontanato, andando in altri settori, e li è rimasto. E poi naturalmente bisogna guardare in modo critico ai problemi: questo è un settore in cui c’è una quota di sacrificio per la vita personale, che va tenuta nella giusta considerazione, perché ovviamente si lavora in orari e giornate in cui le persone si divertono. E questo supplemento di sacrificio non viene nemmeno aiutato dal fatto che ci sono una miriade di contratti, che noi chiamiamo pirata, che non aiutano a creare l’attrattività del comparto. Questo perché si tratta di contratti che puntano sul principio della riduzione e non della somma: invece di aggiungere, sottraggono valore al contratto e, dunque alle persone. Per quanto riguarda i contratti, ce ne sono 31 del nostro comparto, di cui alcuni fatti anche ad personam con aziende che se li fanno su misura. Perché non esiste la validità erga omnes dei contratti più rappresentativi, come il nostro che non viene applicato da tutte le aziende, creando da un lato un problema di dumping sleale nei confronti delle imprese che lo adottano, dall’altro togliendo valore e dando l’impressione che si possa lavorare anche senza i riconoscimenti che il patto più importante garantisce.

 

Si guarda alla stagione natalizia e invernale

Secondo lei, si riscontreranno problematiche nella stagione natalizia a livello di carenza di personale o potranno emergere altre criticità?
Se parliamo di stagione natalizia, per lo più siamo attività permanenti. La ristorazione ha una componente stagionale, ma non è quella decisiva. Il problema del personale per Natale si riscontrerà nelle località prettamente turistiche, in particolare per la stagione invernale nelle località montane. Per quanto riguarda il personale, nei prossimi mesi, non credo cambierà molto rispetto a quello che abbiamo già vissuto durante l’estate o ancora prima. Ci sarà ancora un problema di disallineamento tra domanda e offerta e, in particolare, con la criticità legata alla mancanza di risorse umane qualificate. La preoccupazione reale sarà capire cosa accadrà dal punto di vista della domanda visto il rallentamento dell’economia e l'incremento dell’inflazione che ormai ha superato le due cifre, con incidenza negativa sul potere d’acquisto delle famiglie. Poi a tutto questo si aggiunge sicuramente una problematica molto importante che è quella dei rincari energetici.

L'attrattività del comparto per i più giovani

Come è possibile rendere maggiormente attrattivo il comparto per i più giovani?
Bisogna ripartire dalla sicurezza e dall'applicazione del contratto più rappresentativo, firmato da tutte le parti sociali. Fare in modo che ci sia a livello governativo una riduzione del cuneo fiscale per aumentare le retribuzione: questo è un problema, però, che riguarda tutto il sistema lavorativo. E poi c’è il tema della decontribuzione degli aumenti contrattuali, che in una fase come questa potrebbero essere molto importanti perché le aziende escono da una fase di grande sofferenza e difficoltà, avendo perso molto dei due anni della pandemia e dovendo ancora recuperare i livelli del 2019. A tutto questo si aggiunge il tema dei costi di materie prime e i rincari energetici. Bisogna ridare più appealing al contratto e bisogna fare in modo che gli aumenti contrattuali siano decontribuiti.

Le iniziative di Fipe

Quali iniziative ha portato avanti Fipe per affrontare la mancanza di personale?
Abbiamo fatto iniziative importanti e significative sul tema del capitale umano con l’organizzazione dei talent day, eventi per facilitare l’incontro della domanda e offerta. Proprio perché il punto centrale della questione è che il nostro è un Paese in cui mancano le politiche attive: a volte, la domanda e l’offerta non si incrociano perché non c’è nessuno che favorisca questo procedimento. Tutto è fondato sul passaparola, ovviamente poi oggi anche la tecnologia aiuta a incrociare la ricerca e la richiesta di lavoro, ma spesso si tratta di attività di carattere privato, in cui non c’è certamente la mano pubblica.

Le richieste al Governo Meloni

E quali sono, invece, le richieste che volete fare al nuovo Governo?
Oltre agli interventi sul Decreto Flussi, bisogna ragionare - anche non nel brevissimo termine, ma nel medio – attivando politiche attiche serie e facendo un punto sulla formazione, in particolare sull’acquisizione di competenze. Il problema, infatti, non è solo avere personale, ma trovarne qualificato. È vero che si impara lavorando, ma bisogna anche avere già fatto un percorso che faciliti l’apprendimento sul luogo di lavoro. C’è, quindi, tutto il tema dei piani di studio e dell’istruzione professionale, che devono essere adeguati alle richieste del mercato del lavoro. Sono tutte tematiche su cui noi siamo particolarmente presenti e su cui bisogna lavorare nei prossimi mesi.

 

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Alberto Lupini


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