Dal 12 Apostoli ad Arnaldo: i ristoranti stellati più longevi in Italia

Nel novembre 1959 la Michelin decide di spargere le primissime stelle sui ristoranti della nostra Penisola. Ai tempi i macaron assegnati agli indirizzi italiani furono 89, oggi sono quasi 400. Ma quali sono i ristoranti stellati più longevi? Ripercorriamo la storia dei locali che hanno fatto la storia della Guida rossa italiana

27 febbraio 2024 | 05:00
di Luca Bassi

Novembre 1959, un mese e un anno di svolta per la cucina italiana: la Michelin, tre anni dopo la prima uscita tutta italiana (in realtà limitata ai territori compresi tra le Alpi e Siena) con sole segnalazioni, decide di spargere le primissime stelle sui ristoranti della nostra Penisola. Ai tempi i macaron assegnati agli indirizzi italiani furono 89, un numero che fa sorridere se pensiamo ai quasi 400 (395, per la precisione) dell'edizione attuale. Ma che non va decontestualizzato. Bisogna infatti pensare a cosa fosse la nostra cucina 60 anni fa, in un Paese che aveva da poco scoperto la comodità degli elettrodomestici e si avvicinava, incuriosito, al primo supermercato Esselunga a Milano, aperto nel 1957 in viale Regina Giovanna, che propone prelibatezze in arrivo da tutta Italia.

Cosa praticamente impossibile prima di allora, quando i prodotti acquistabili erano unicamente stagionali, freschi e locali. Se si voleva mangiare fuori casa si andava in trattoria, dove si gustavano piatti regionali: fatti al meglio, ma non così diversi a quelli che le cuoche di casa ai tempi realizzavano quotidianamente.

Nella Guida Michelin 1959 c'era anche una pizzeria

Nell'elenco degli stellati del 1959 ci sono soprattutto ristoranti che offrono cucina territoriale e, praticamente, popolare. I posti che oggi definiamo gourmet erano una rarità non solo sulla Rossa, ma anche nella realtà. Tra gli stellati figurano comunque luoghi da cucina borghese come Vittorio al Mare a Genova; Gatto Nero e Caval 'd Brons a Torino; Savini, 'A Riccione e Giannino a Milano; 12 Apostoli a Verona; Locanda Cipriani e Antico Martini a Venezia; Pappagallo a Bologna; Fini a Modena; Sabatini a Firenze; Alfredo alla Scrofa a Roma; La Bersagliera e Umberto a Napoli, gli unici a proporre piatti ricercati e dal costo alto.

Una curiosità: da qualche anno a questa parte, prima della presentazione di ogni singola edizione della Michelin, si discute sulla possibilità di inserire nella guida più influente anche le pizzerie, finora però sempre ignorate. O meglio, ignorate negli ultimi decenni, perché la sopracitata Umberto a Napoli, oltre a piatti della tradizione partenopea, propone anche la pizza.

La rinascita del 12 Apostoli di Verona

Molti tra gli 89 sono ancora in attività, magari a livelli meno gourmet e frequentati da chi ama il classicismo o dai turisti (soprattutto stranieri). Ci sono state uscite di scena importanti come Fini, che era arrivato alla doppia stella nel 1969, quando la Michelin decise di assegnarne nove in Italia. Una di queste era Gourmet a Milano, nato da un sogno del mitico commendator Alberto Alemagna - sì, quello dei panettoni - e che chiuse i battenti quattro anni dopo per la crisi dell'azienda dolciaria.

Tantissimi hanno cambiato gestione. Altri, ancora, pur lontanissimi da quella Stella, restano iconici come è il caso dei milanesi Bice e Antica Trattoria della Pesa. Non mancano poi i locali che si sono rilanciati dopo periodi poco felici. Come il 12 Apostoli di Verona, sul quale oggi sono tornate a splendere le due stelle grazie all'avvento di Giancarlo Perbellini, che si è insediato nel locale della famiglia Gioco nel settembre del 2023.

Arnaldo, la stella più antica d'Italia

Uno solo, invece, è il ristorante che ha preso la Stella nel 1959 e che, da allora, l'ha sempre mantenuta (a parte una brevissima parentesi a inizio anni '90). Parliamo di Arnaldo-Clinica Gastronomica a Rubiera, dieci minuti dal casello di Modena Nord, anche se tecnicamente il locale è in provincia di Reggio Emilia. Stile rustico-elegante nell'ambiente, vintage autentico nell'arredamento, gestito dal nipote del mitico fondatore Arnaldo Degoli, classe 1907 e musicista, che aprì il locale nel 1936. Leggere il menu fa tornare indietro di 60 anni: erbazzone e ciccioli, cappelletti in brodo e tagliatelle, il (mitico) carrello dei bolliti e cotoletta alla bolognese, budino della nonna e pere cardinale con zabaione.

In cucina c'è lo chef Roberto Bottero, che in diverse interviste ha spiegato come le ricette che utilizza oggi sono esattamente le stesse messe a punti negli anni '50 e '60, tramandate di generazione in generazione da cuoche e cuochi che si sono alternati nella cucina di Arnaldo. Non a caso, recita la recensione della Michelin: «Arnaldo non è certo un ristorante per gli amanti della cucina sperimentale o intellettuale, ma se cercate un pasto autentico e gustoso nella pura tradizione emiliana questo è l'indirizzo giusto».

I clienti dottori e quel nome particolare

Resta la curiosità dell'insegna che a fianco del nome del fondatore recita “Clinica Gastronomica”. Il perché è presto detto: negli anni '60 il locale era molto frequentato dai dottori del Policlinico di Modena. Degoli amava scherzare, dicendo che dalla loro clinica uscivano tutti tristi, mentre nella sua i pazienti salutavano felici, perché al posto dei carrelli delle medicine e delle flebo c'erano quelli di salumi e bolliti. Dal calembour all'aggiunta persino nella ragione sociale: Clinica Gastronomica Arnaldo srl, intestata (ancora) ad Arnaldo Degoli e figlie. Un pezzo di storia della cucina italiana che continua a vivere.

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Alberto Lupini


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