Concessioni balneari, ma quante sono? Ecco tutti i numeri e la realtà delle aziende

Una ricerca di Nomisma su dati del demanio fa chiarezza su una questione al centro del dibattito politico. Su 26.313 concessioni, 15.414 sono a uso turistico-ricreativo e negli ultimi due anni il 60% ha fatto investimenti

23 febbraio 2023 | 14:47
di Berto Silva

La questione legata alle concessioni balneari, che ora più che mai è finita sotto la lente d'ingrandimento del dibattito politico, visto che è slittata al 2024 - e, per questo, l'Unione Europea ha aperta una procedura d'infrazione -, ha finalmente i propri dati ufficiali, grazie all'intervento di Sib (Sindacato Italiano Balneari) e Fipe-Confcommercio che ha presentato uno studio di Nomisma (Gestione e Valorizzazione del demanio costiero: i modelli gestionali). Finalmente è stata fatta chiarezza sulla situazione del settore: il sistema informativo del demanio, infatti, ha censito 26.313 concessioni, 15.414 delle quali ad uso turistico-ricreativo. Se numericamente quelle turistico-ricreative sono prevalenti, (58,6% del totale), dal punto di vista della superficie sono assolutamente residuali occupando appena lo 0,50% dell'area demaniale complessiva. Un altro elemento che qualifica le concessioni ad uso turistico-ricreativo è la ridotta dimensione della superficie occupata: il 72,3% non supera i 3.000 mq, e il 94,9% i 10.000 mq. Le imprese balneari sono soltanto una parte delle aziende che utilizzano il demanio ad uso turistico-ricreativo. Si tratta di 6.592 imprese (marittime, lacuali e fluviali) che impiegano, nei mesi di alta stagione, 60mila addetti (43mila dei quali dipendenti).

A livello regionale nelle prime tre posizioni troviamo l’Emilia Romagna con 969 imprese balneari (14,7% del settore), la Toscana con 850 (12,9%) e la Liguria con 753 (11,4%), seguono la Campania (645; 9,8%), la Calabria (578; 8,8%) e il Lazio (513; 7,8%). Dall’indagine effettuata da Nomisma si stima un fatturato medio di circa 260.000€ ad azienda, generato per il 50% dai ‘servizi tradizionali’: spiaggia, parcheggio e noleggio attrezzature. Bar, ristoranti arrivano a contribuire con una quota addizionale intorno al 48% del totale. Per otto imprenditori su dieci (tra titolari e soci) l’impresa balneare rappresenta la principale fonte di reddito della famiglia.

Gli investimenti negli ultimi due anni

Rilevanti gli investimenti negli ultimi due anni: il 60% ha acquistato attrezzature ed arredi; il 50% strutture amovibili. Migliorati i servizi di spiaggia (93% dei casi), il bar (85%), il ristorante (70%) e l’area destinata ai bambini (50%). Risulta evidente, anzitutto, che siamo dinanzi ad un sistema in costante evoluzione e dalla forte eterogeneità, composto da piccole e piccolissime aziende che costituiscono il ‘motore vitale’ della nostra economia turistica. Un sistema complesso che vede una decisa intensificazione della concorrenza con le nostre mete sempre più impegnate in un’articolata azione di adeguamento, (o anticipo), alle abitudini di fruizione della risorsa mare a scopo ricreativo per competere a livello globale con migliaia di destinazioni turistiche.

Capacchione: «La questione balneare è estremamente delicata»

«La ‘questione balneare’ è estremamente delicata - ha affermato Antonio Capacchione, presidente del SIB - soprattutto perché riguarda un modello composto da una molteplicità di servizi peculiari del nostro Paese, costruito in oltre un secolo da migliaia di famiglie di onesti lavoratori che, oggi, rischiano di perdere sia il lavoro che l’azienda. Ecco perché nell’interesse del Paese, l’intervento normativo sul demanio marittimo - per essere proficuo e non dannoso - presuppone la conoscenza, (al momento lacunosa e non corretta), della balneazione attrezzata italiana nelle sue effettive dimensioni e concrete caratteristiche. Questa iniziativa vuole essere un contributo per una conoscenza più approfondita di un fenomeno economico e sociale che, proprio in virtù della sua storia plurisecolare, ha reso competitivo il nostro Paese nel mercato internazionale delle vacanze costituendo una delle più importanti espressioni del Made in Italy».

Indagine su un campione di 500 imprese balneari. Stoppani: «Un contributo perché i politici decidano al meglio»

Nomisma ha condotto l’indagine su un campione di circa 500 imprese balneari dislocate lungo l’intera costa italiana. Ne è emersa una realtà complessa in cui gli operatori balneari adottano comportamenti tipici di un’articolata gestione imprenditoriale. Il 69% degli imprenditori titolari della concessione sono uomini, ma non è assolutamente trascurabile il fatto che il restante 31% vede una donna alla guida dell’azienda. L’età prevalente è ricompresa nella fascia di età 40-64 anni (68%), mentre 1 su 10 è possibile annoverarlo tra i giovani. Ben 2 casi su 10 hanno la laurea, il titolo di studio prevalente è il diploma di Scuola Superiore (62%). Si stima che l’impresa balneare italiana abbia un fatturato medio pari a 260.000€. Maggiore è la competitività da parte delle aziende più strutturate (con un fatturato di oltre 300.000€), mentre sono alte le difficoltà per quelle tra 120.000 e 300.000€. Dalle interviste è scaturito che per ben otto imprenditori su dieci (tra titolari e soci) l’impresa balneare rappresenta la principale fonte di reddito della famiglia.

Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe-Confcommercio, ha tenuto a sottolineare come l’evento «rappresenti un contributo costruttivo, una fotografia di un comparto alla politica affinché quest’ultima possa prendere le decisioni migliori per questo settore rappresentato da operatori che in tanti anni hanno valorizzato offerta e paesaggio, investendo anche sulle loro strutture. Le imprese balneari sono eccellenza da preservare, in gioco c’è il futuro di migliaia di imprenditori».

I servizi cosiddetti ‘tradizionali’ (spiaggia, parcheggio e noleggio delle attrezzature), contribuiscono a generare la metà del fatturato, mentre quelli relativi alla somministrazione costituiscono un valore distintivo. Bar e ristoranti generano una quota addizionale di fatturato intorno al 48% del totale. Il solo ristorante, poi, è in grado di garantire una stagionalità più lunga, oltre 1 impresa su 4, infatti, è in grado di operare per più di 6 mesi l’anno. Le imprese balneari del Belpaese sono estremamente dinamiche: almeno 1 su 3 ha introdotto nuovi servizi a partire dal 2000. Se negli anni ’90 sono stati aggiunti quelli relativi all’intrattenimento (37% dei casi) o per attività sportive (30%), all’inizio di questo secolo sono stati inseriti o ampliati quelli per ristorazione (50%), intrattenimento (45%), dotazioni sportive (39%) e noleggio (37%), con in aggiunta spazi legati al wellness e ai servizi commerciali. I servizi sono gestiti, prevalentemente, in forma diretta, affidati a terzi il parcheggio e il ristorante (in circa 2 casi su 10).

Le imprese balneari vivono all’interno di un duplice sistema di competizione

Le imprese balneari italiane, oggi, vivono all’interno di un duplice sistema competitivo: quello interno relativo alla destinazione turistica in cui operano, e quello esterno composto dalle migliaia di destinazioni turistiche nazionali e internazionali. Si tratta di risposte ad un significativo cambiamento del mercato che assume caratteri di maggiore concorrenzialità legati, in primo luogo, al cambiamento dei modelli di fruizione della vacanza balneare (ad esempio la forte crescita delle vacanze brevi e dei fine settimana), e, più in generale, alla segmentazione delle vacanze che favorisce la pluralità di scelte tra balneazione, città d’arte, montagna e, soprattutto, apre al mercato internazionale. Nel litorale italiano lungo 7.466 km, le coste basse sono pari a 3.951 km (52,9%), per il 42,5% interessate dal fenomeno erosivo (fonte Ispra).

La clientela è largamente fidelizzata

La clientela degli stabilimenti balneari è, ancora oggi, largamente fidelizzata: più della metà ospite da almeno 5 anni e quasi 1/3 da oltre 10 anni. Un elemento in più che mette al centro l’importanza di salvaguardare questo patrimonio. In sostanza quello balneare è un sistema di imprese che si articola con differenze anche notevoli al proprio interno. Sette sono i fattori che sembrano determinare ben 17 possibili modelli di business di cui si dovrebbe tener conto nei processi di apertura al mercato, anche per scongiurare che il percorso di potenziamento dell’offerta turistica del Paese subisca pericolosi contraccolpi.

 

Gasparri: «Imprese fragili da tutelare e non imprenditori da bastonare»

Nel concludere i lavori della presentazione dell'indagine, il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri ha ricordato che «va smontato il concetto che non è vero che pagate 100 milioni di concessioni e avete 7 miliardi di ricavi. E anche se fossero veri questi numeri va detto che ci sono stipendi da pagare, tasse, attrezzature, ammortamenti, senza dimenticare i danni che gli operatori pagano per mettere in sicurezza le loro strutture dopo i danni dovuti da mareggiate ed erosioni. Concludo con uno slogan: ci sono imprese fragili da tutelare e non imprenditori da bastonare».

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Alberto Lupini


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