I ristoratori di cinque regioni tornano a vacillare, sono quelli di Friuli-Venezia Giulia, Provincia autonoma di Bolzano, Valle d’Aosta, Liguria e Veneto. La situazione dei contagi in queste cinque regioni si sta facendo preoccupante, tanto che si è iniziato a parlare di passaggio in zona gialla, in Friuli-Venezia Giulia addirittura già da lunedì, con Bolzano che segue subito a ruota secondo le previsioni del Cnr. Proprio da qui il presidente della regione, Massimiliano Fedriga con Giovanni Toti (presidente della Liguria) e Matteo Renzi (Italia Viva) hanno lanciato un appello: «Chiederemo al Governo come Regioni che le misure restrittive legate alle fasce di colore valgano per le persone che non hanno fatto il vaccino, non per le persone che lo hanno correttamente fatto».
Il governo - attraverso alcune fonti - frena però su possibili ipotesi di restrizioni: non ci sono le premesse numeriche per «fare come l’Austria» che ha imposto il lockdown ai non vaccinati.
Ma cosa significherebbe passare in zona gialla? Che nei bar e ristoranti ci si può sedere al tavolo al massimo in quattro, che all’esterno torna obbligatoria la mascherina, che teatri, cinema, concerti e gli altri eventi al chiuso un ritorno alla capienza al 50% del limite massimo autorizzato (con 2.500 spettatori massimo per gli spettacoli all’aperto e mille per gli show indoor). La zona gialla tornerebbe a stringere anche gli stadi e i palazzetti dello sport: tifosi al 25% della capienza massima autorizzata (massimo 2.500 spettatori negli impianti all’aperto e a mille al chiuso). Ma soprattutto la retrocessione aprirebbe la porta ad un tracollo come visto nelle precedenti “ondate” e tornerebbe ad incutere timore agli italiani, proprio quando si avvicinava un Natale sereno, normale.
Restrizioni anche per treni e taxi
Anche perché, accanto a questi passaggi in zona gialla, il Governo ha optato per altre piccole restrizioni considerando il generale aumento dei contagi (nella giornata di lunedì il tasso di positività è salito al 2,1%, mai così alto da settembre, anche se martedì si è dimezzato: 1,1%). Tra le disposizioni principali la possibilità per taxi e ncc di portare solo due passeggeri a bordo (se non sono dello stesso nucleo familiare), il controllo del green pass ai varchi elettronici nelle grandi stazioni ferroviarie e la possibilità di fermare i treni se a bordo ci sono persone con sintomi Covid.
Il clima dunque è grigio, tendente al temporale. Da un lato la consapevolezza che rispetto all’anno scorso stiamo molto meglio, dall’altro il timore che non possa essere il Natale che tutti sognavamo. Anche se, su questo ultimo aspetto, i ristoratori sono ormai arresi: piuttosto che chiudere tutto, meglio lavorare anche poco o con qualche difficoltà.
Fornaca: L'importante è non chiudere
La pensa così, Giuseppe Fornaca, del ristorante San Michele Fagagna (Ud): «L’importante - spiega - è non chiudere, poi possiamo adattarci in ogni modo. La limitazione di posti ai tavoli è un limite, ma non è un grave problema. Abbiamo un locale molto grande che ci permette di distanziare i tavoli al meglio. Probabilmente quello con meno fiducia sono io perché in realtà i clienti stanno venendo e stanno anche già prenotando per Natale, Capodanno, anche per cene aziendali. L’auspicio è che si prendano decisioni considerando il grande sforzo che hanno fatto gli italiani nell’affrettarsi a vaccinarsi per senso civico»
Bariani: Zona gialla, un cattivo segnale
Da Udine ad Aosta cambia poco. Paolo Bariani, uno dei due proprietari del ristorante Vecchio Ristoro spiega: «Se dovessimo ripassare in zona gialla, tecnicamente non ci sarebbero problematiche rilevanti. Anche il limite di persone a tavola non è particolarmente inficiante. Ma in generale non sarebbe un buon segnale, nel senso che più che l’aspetto pratico mi preoccuperebbe l’impatto sui clienti italiani e stranieri. Se poi dovessimo chiudere per qualche ragione ci sarebbe da rivedere tutto, assunzioni, pagamenti, acquisti, costi e sperare in una sospensione dei mutui.
Mane: Zona gialla significa non lavorare
Più drastico e allarmante l’umore a Genova. Julian Mane, titolare del ristorante “I Cuochi” non usa mezze misure: «La possibilità di passare in zona gialla ci spaventa - dice - non abbiamo neanche la possibilità di lavorare all’esterno per cui per noi significherebbe praticamente chiudere. Abbiamo già prenotazioni fino a Capodanno, ma sarebbero tutte da rivedere o addirittura annullare.
Ad essere penalizzato in caso di retrocessione in zona gialla sarebbe anche il comparto turistico, anche in questo caso non per motivi di tipo pratico, ma per timori che nascerebbero tra i turisti. Con quale spirito si può andare in vacanza dovendo fare lo slalom tra le varie regole? Con quale leggerezza si potrebbe partire avendo timore di stare in luoghi chiusi? D’inverno poi.
Niederkofler: Non vogliamo pensare al peggio
Problemi che riguardano tutti, tanto i ristoranti medio-piccoli che quelli tristellati. Ecco perchè anche il parere di Norbert Niederkofler del St.Hubertus, non si discosta molto dagli altri: «Non voglio iniziare a pensare già ora al peggio - commenta - ma di sicuro sarebbe tutto più complicato. Non tanto dal punto di vista delle restrizioni che dovremo rispettare, ma perchè confermerebbe che ormai non si può più programmare il lavoro, continuiamo a vivere e lavorare con una spada di Damocle sulla testa e non è divertente. L'Alpin aprirà il 27 novembre, il Rosa Alpina il 10 dicembre, abbiamo già prenotazioni, ma bisognerà vedere cosa potranno fare i turisti, soprattutto stranieri».
Albergatori veneziani: Prenotazioni ci sono, siamo fiduciosi
Ecco perché anche per gli alberghi il giallo può fare paura. Ma la fiducia resta comunque alta, più per esorcizzare il timore, forse, che per realismo. Alcune basi scientifiche però ci sono per sorridere: uno studio di Iss e Fondazione Bruno Kessler ha spiegato: «Il 30 giugno la vaccinazione ha permesso la ripresa del 50% delle attività sociali rispetto al periodo prepandemico: senza vaccini per avere lo stesso numero di casi si sarebbero dovute riaprire solo un terzo delle attività, e ci sarebbero stati 12mila morti in più».
Per quanto riguarda il Veneto, il presidente dell’Associazione veneziana albergatori, Claudio Scarpa spiega: «Le cose sono ancora premature, ma io penso che tutto sommato riusciremo ad evitare di finire in una situazione spiacevole. Al momento disdette non ne sono arrivate e il flusso di prenotazioni è buono. Quello che dobbiamo fare, è iniziare a comprendere che bisogna convivere con il virus e vaccinarsi».
Venezia guarda oltre all’inverno: «Per quanto riguarda il Carnevale, sono ottimista. Certo, dovremo aspettarci sempre di più un turismo di prossimità perché i viaggi internazionali sono complicati. Per questo noi abbiamo anche bisogno di ulteriori aiuti come categoria, l’emergenza non è finita e c’è del personale ancora in cassa integrazione».
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A Corvara in Badia, prime disdette dagli stranieri
Più preoccupato, Michael Costamoling dello Sport Hotel Panorama di Corvara in Badia: «Siamo preoccupati perchè rischia di andare a monte un'altra stagione, se non riusciamo a partire col piede giusto, non so quanti riusciranno a sopravvivere. Ad ora il numero di prenotazioni è buono, Natale e Capodanno sono pieni per cui non ci lamentiamo, ma iniziando ad arrivare anche le prime disdette dall'estero, soprattutto dai Paesi nordici».
A forte rischio la filiera turistico-gastronomica della montagna
In generale, secondo una stima di Coldiretti, sono 53mila i ristoranti, trattorie, pizzerie e agrituismi coinvolti nelle Regioni e nei territori che si avvicinano alla zona gialla. Una eventualità che rischia di pesare «sulle decisioni dei 10 milioni di italiani che lo scorso anno hanno rinunciato a viaggiare nel periodo delle feste di fine anno per raggiungere parenti, amici o fare vacanze». Fra le destinazioni turistiche a pagare il prezzo più alto lo scorso anno era stata la montagna con 3,8 milioni di italiani che non avevano potuto raggiungere le piste da sci con effetti sull’intero indotto delle vacanze invernali: dall’attività dei rifugi alle malghe con la produzione dei pregiati formaggi. «Proprio dal lavoro di fine anno - ha concluso la Coldiretti - dipende buona parte della sopravvivenza delle strutture agricole che con le attività di allevamento e coltivazione svolgono un ruolo fondamentale per il presidio del territorio contro il dissesto idrogeologico, l’abbandono e lo spopolamento».
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Alberto Lupini
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