Carne coltivata, il Governo “cerca” in Europa nuove garanzie
L'Italia con Francia e Austria chiede consultazioni trasparenti basate sull'evidenza scientifica. Solo in base ai risultati i Paesi definirebbero la loro posizione circa lo sviluppo della carne coltivata
Considerato il livello di apertura dell'attuale Governo alle fonti alimentari alternative, al cosiddetto novel food, la recente autorizzazione alla vendita di prodotti a base di insetto sembra un passo avanti. Solo pochi giorni fa il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida, che dal momento del suo insediamento si è sempre schierato a sostegno della cosiddetta “tradizione” italiana (sempre sostenuto da Coldiretti), ha annunciato come alimenti a base di 4 diversi insetti (in farina, polvere, essiccati ecc) sarebbero presto arrivati nella grande distribuzione, puntualizzando in realtà come prodotti del genere sarebbero stati sistemati in scaffali appositi, distanziati da quelli contenenti cibo “comune” e ben indicati, per evitare che i clienti li possano acquistare “per sbaglio” (eventualità già di per sé particolarmente difficile, considerando come questi novel food abbiano chiare indicazioni in etichetta sulla loro natura e origine). Ma il tema centrale sul tavolo è quello della "carne coltivata" e della posizione che prenderà l'Europa, condizionando quindi anche le scelte già fatte in Italia.
Dall'Unione europea, in verità, l'apertura a questo tipo di alimenti è arrivata già da qualche anno, tanto che il Governo finora non ha potuto fare altro che accettare le disposizioni che arrivano dall'Ue pur tentando di contestare, in tutti i modi e in tutti i luoghi, questa varietà di prodotti (è il caso degli insetti). Cavalcando l'opinione popolare, o formandone una, contro qualsiasi tipo di alimento nuovo che non fa parte della nostra cultura o, semplicemente, delle nostre abitudini alimentari.
Messi da parte gli insetti, il campo di battaglia come detto si sposta in particolare alla carne coltivata (che dal Governo si continua a definire, erroneamente, sintetica), il cui divieto viene presentato ultimo baluardo a tutela della nostra tradizione gastronomica. Fermo restando che riviste di settore e studi e ricercatori in materia, abbiano sempre parlato di “alternative” alimentari, non certo di imposizioni (concetto che invece trapela ogni qualvolta un esponente del Governo si pronuncia a tal proposito), un nuovo capitolo di questo apro duello rusticano potrebbe presto essere scritto. Attraverso un nuovo confronto tra l'Italia e l'Unione Europea. Con un documento congiunto, Austria, Italia e probabilmente Francia (con il probabile sostegno di Repubblica Ceca, Cipro, Grecia, Ungheria, Lussemburgo, Lituania, Malta, Romania e Slovacchia), il 23 gennaio chiederanno infatti alla Commissione europea delle consultazioni trasparenti, basate sull'evidenza scientifica ed esaustive sulla carne coltivata. Sulla base dei principi attuali l'Italia dovrebbe abrogare il divieto offrendo ai suoi consumatori, ricercatori ed imprese le stesse garanzie che chiede per i cittadini degli altri Stati europei. Le opportunità offerte dalla carne coltivata non potrebbero infatti essere precluse se le scelte politiche fossero state fatte su dati manifestamente infondati. Da qui l'importanza di una chiarimento a livello europeo, dove l'Italia spera di ottenere una conferma delle sue posizioni.
L'Italia “chiude” alla carne coltivata: le conseguenze per Paese e economia
Il Governo ha praticamente bloccato sul nascere ogni possibilità di sviluppo del settore. Se la ricerca ufficialmente è consentita, per quanto in questo contesto faccia fatica per via dei pochi privati che decidono di finanziare gli studi con investimenti, la produzione, commercializzazione l'import nel nostro Paese rimangono vietati. C'è chi parla di incostituzionalità della legge stessa, approvata con pochi approfonditi studi in materia, e chi insiste sullo svantaggio competitivo nei confronti di altre economie mondiali (Olanda, Svizzera, Germania, Stati Uniti e Israele tra i Paesi più all'avanguardia in questo senso) che già investono nella ricerca di proteine complementari, approfittando delle opportunità di crescita economica che offre.
Il divieto, secondo i contestatori, costituirebbe anche una mancata tutela degli interessi dei consumatori italiani, perlomeno di coloro che si dicono favorevoli ad alternative alimentari del genere. Ne uscirebbe danneggiata, come anticipato, anche la ricerca scientifica stessa: il divieto del Governo avrebbe favorito un clima di incertezza in cui gli studiosi si ritrovano a dover agire, con pochi fondi a disposizione, arrivando a valutare l'idea di trasferirsi all'estero pur di poter approfondire in modo adeguato e libero da condizionamenti esterni.
Carne coltivata, le considerazioni di Good Food Institute sul ruolo italiano
Come annunciato dal Ministro Francesco Lollobrigida, durante la riunione del 23 gennaio, il Consiglio dei ministri dell'Agricoltura dell'Unione europea (Agrifish Council) presenterà una nota informativa sulla carne coltivata, la quale delinea la posizione comune di Italia, Austria e probabilmente la Francia su questo tema. Secondo quanto appreso dal Good food institute europe rispetto al contenuto del documento congiunto, la posizione italiana, incentrata su l'introduzione di divieti, non avrebbe però ancora trovato il sostegno degli altri Paesi promotori, come prospettato dal ministro dell'Agricoltura. Sarebbe stata invece proprio l'Italia a dover rivedere il suo approccio restrittivo a priori. Ora con Francia e Austria, chiede consultazioni trasparenti, basate sull'evidenza scientifica ed esaustive e solo in base ai risultati di questo dibattito, quindi, i Paesi definirebbero la loro posizione relativamente allo sviluppo della carne coltivata nel mercato dell'Unione.
Sebbene non si allinei alla posizione italiana sulla carne coltivata, il documento in disucssione sarebbe contestato dai sostenitori della carne coltivata perchè conterrebbe informazioni false e minerebbe il sistema regolatorio Ue vigente in materia di nuovi alimenti, che attualmente è tra i più avanzati e rigorosi al mondo. Secondo alcune anticipazioni, il documento finale potrebbe portare l'Italia ad abrogare i divieti di produzione e commercializzazione offrendo ai suoi consumatori, ricercatori ed imprese le stesse garanzie che esige per i cittadini degli altri Stati europei. Come dire che le opportunità offerte dalla carne coltivata non potrebberoo essere precluse da politiche non fondate su basi scientifiche condivise da tuitti.
Cosa dice il documento congiunto di Austria, Italia e Francia?
Il documento che sarà presenattao da Italia, Austria e Francia parte proprio da una serie di dubbi relativi ai benefici offerti dalla carne coltivata, e chiede quindi alla Commissione europea di procedere con cautela e di svolgere una consultazione pubblica per risolvere tali preoccupazioni. I dubbi sollevati si fondano sulla disinformazione. Ad esempio, si afferma che la carne coltivata genererebbe, per ogni chilo, una quantità di Co2 superiore a quella prodotta dalla carne bovina convenzionale. Questo dato sarebbe però smentito da uno studio scientifico peer-reviewed, il quale dimostrerebbe invece che la carne coltivata potrebbe ridurre l'impatto climatico derivante dalla carne bovina fino al 92%. Oppure, si segnala che la normativa europea per l'approvazione dei nuovi alimenti sia inadeguata per valutare la sicurezza alimentare dei prodotti di carne coltivata, ignorando il solido processo di autorizzazione delineato dal regolamento vigente, la sua trasparenza e il ruolo dell'Efsa, ovvero la sua autorevolezza scientifica di fama mondiale. Insomma la questione è decisamente aperta e tutt'altro che scontata.
Tali criticità vengono sollevate in quanto dubbi e sono presentate per chiedere alla Commissione europea di svolgere delle consultazioni che coinvolgano gli Stati membri, la società civile e i portatori di interesse tutti, affinché ogni decisione sia sottoposta ad una valutazione trasparente e basata sull'evidenza scientifica. Il documento, quindi, non sembra contenere solo un auspicio al divieto di produzione e commercializzazione della carne coltivata di cui all'articolo 2 della legge 172/2023.
Pertanto, senza cogliere un ulteriore elemento di adeguatezza del quadro regolatorio attuale, che già prevede lo svolgimento di una consultazione da parte della Commissione europea, che tenga conto anche degli elementi socio-culturali legati all'introduzione sul mercato di un nuovo alimento, i tre stati individuano la trasparenza e la fondatezza come principi fondamentali per le politiche in materia. Pertanto, Austria e Italia annunciano che, laddove da questa valutazione dovessero risultare delle criticità per quanto riguarda la salute, ovvero l'assenza di chiari benefici, tra cui quelli per l'ambiente, non sarebbero nella posizione di poter sostenere lo sviluppo della carne coltivata all'interno dell'Unione.
Il documento congiunto che sarà presentato al prossimo Agrifish Council del 23 gennaio, secondo una nota pubblicata dal Good food institute, diffonderebbe disinformazione e minerebbe il sistema regolatorio dell'Ue. Sottoscrivendo l'esigenza di avere una consultazione pubblica, trasparente e basata sull'evidenza scientifica, però, il Governo italiano dimostra che un diverso approccio per delineare il posizionamento politico in materia di carne coltivata era non solo possibile, ma da promuovere come modello per la Commissione europea e gli Stati membri tutti.
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Alberto Lupini
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