Nonostante l'apertura dei corridoi turistici verso Aruba, Maldive, Mauritius, Seychelles, Repubblica Dominicana ed Egitto, «continuo a essere preoccupato per la differenza di trattamento tra cittadini italiani e cittadini del resto d'Europa», ha affermato Gabriele Burgio, presidente e amministratore delegato del Gruppo Alpitour. Il motivo? «L'apertura dei corridoi verso alcune meta extra Ue è stato il primo passo ma non è certamente il futuro. Il futuro è tornare alla normalità prendendo per forza qualche piccolo rischio», ha aggiunto Burgio.
Sei i corridoi turistici extra-Ue garantiti dall'Italia
Burgio (Alpitour): «Cittadini italiani ed europei: due trattamenti diversi»
Non si tratta di una questione di lana caprina, anzi: il 6-7% della popolazione mondiale è legata al turismo e in Italia questo comparto contribuisce al 13% del prodotto interno lordo. I viaggi, insomma, hanno un ruolo centrale nell'economia globale. E per questo serve un approccio comune al tema degli spostamenti: «Tutti gli altri cittadini europei possono andare dove vogliono, tanto che gli italiani che possono viaggiare in Europa vanno in altri Paesi e da lì partono verso destinazioni attualmente proibite. Diciamo che la situazione è veramente un po’ assurda», ha sottolineato Burgio in occasione dell'inaugurazione a Venezia dell'hotel Ca' di Dio.
La posizione dei tour operator: aprire più rotte
Sullo stesso tema si era espresso anche Franco Gattinoni, presidente della Federazione turismo organizzato (Fto), sigla di Confcommercio che riunisce 1.600 tra tour operator e agenzie di viaggi: «D'accordo la sperimentazione in corso, ma per il 26 ottobre ci attendiamo riaperture generalizzate che devono essere l'ovvia contropartita a vaccini, tamponi, green pass e ai rigidi protocolli di sicurezza che sono stati messi a punto e di cui noi garantiremo ovviamente l'applicazione». L'obiettivo è quello di «aprire anche altre destinazioni in piena tranquillità: gli italiani oggi continuano a non poter andare in tanti posti che si stanno invece ripopolando di spagnoli, tedeschi o francesi. Gli altri Paesi europei, infatti, hanno preferito gli strumenti della raccomandazione e dell'informazione laddove da noi vigono i divieti tout court. Divieti che a questo punto - prosegue Gattinoni - sembrano sempre più assurdi».