La Procura di Genova ha chiesto una rogatoria nei Paesi Bassi, dove il portale ha la sua sede legale, per poter accedere a documenti societari che contengono i dettagli delle attività svolte in Italia. I finanzieri nel frattempo hanno già interrogato decine di proprietari di appartamenti che a Genova e nelle riviere si sono affidati a Booking per affitti vacanze.
Dal momento che hotel e altre strutture alberghiere che si appoggiano a Booking, già titolari di partita Iva, versano direttamente l’imposta allo Stato italiano, l’ipotesi di mancato versamento dell’Iva sulle commissioni riguarderebbe solo camere e appartamenti di privati. Il portale in questo caso ricopre infatti una posizione di intermediazione svolgendo pertanto il ruolo di
sostituto d’imposta.
Stando a quanto è riportato sul sito, il colosso delle prenotazioni online risolve la questione dell’Iva invitando i privati a consultare le autorità locali in caso di dubbi sul versamento dell’imposta: «Non applichiamo l’Iva ai nostri partner ma calcoliamo la nostra commissione sull’importo totale che hai addebitato all’ospite. I costi della prenotazione potrebbero includere l’Iva, a seconda del Paese. La commissione che ti addebitiamo è calcolata sul totale delle prenotazioni, che potrebbe includere l’Iva, se prevista dal tuo Paese. La tua fattura non include l’addebito dell’Iva se è indirizzata a un’entità che si trova al di fuori dei Paesi Bassi. Questo perché il tuo contratto è con Booking.com BV, la cui sede si trova nei Paesi Bassi. Se hai ulteriori dubbi sull’Iva, consulta le autorità locali in materia di tasse».
Per quanto riguarda invece l’indagine dell’Autorità garante per la concorrenza e il mercato (Agcm), ha preso il via da alcune segnalazioni di utenti del portale. Come riporta Repubblica, secondo il Garante nei risultati di ricerca il prezzo «non comprende tutte le voci di costo inevitabili e ragionevolmente calcolabili ex-ante»; l’ordinamento dei risultati non rifletterebbe, di conseguenza, l’effettiva convenienza degli alloggi mostrati; l’utente non sarebbe informato dei soldi che Booking riceve da una struttura ricettiva in cambio di una segnalazione nella sua sezione “Le nostre scelte Top” (tali commissioni incidono inoltre sul posizionamento delle strutture stesse nell’ordinamento di default dei risultati di ricerca); Booking avrebbe inoltre fornito informazioni incomplete e fuorvianti in merito «all’effettiva scarsità di alloggi in una certa località per certe date, fornendo indicazioni generiche».
Non è la prima volta che Italia a Tavola segnala casi di
pratiche scorrette e
concorrenza sleale non solo da parte di
Booking.com, ma anche di portali come
TripAdvisor, Expedia e
Airbnb.
“Italia a Tavola è da sempre in prima linea per garantire un’informazione libera e aggiornamenti puntuali sul mondo dell’enogastronomia e del turismo, promuovendo la conoscenza di tutti i suoi protagonisti attraverso l’utilizzo dei diversi media disponibili”
Alberto Lupini