Allevatori, la protesta arriva a Roma «L'Antitrust intervenga contro Lactalis»
13 novembre 2015 | 10:50
La protesta degli allevatori è giunta ormai a Roma, davanti alla sede dell'Antitrust, per chiedere un intervento contro lo strapotere d Lactalis. La multinazionale francese, che negli anni si è comperata i marchi nazionali Parmalat, Locatelli, Invernizzi, Galbani e Cadermartori, detiene ormai il 33% del mercato italiano del latte a lunga conservazione, ma la quota sale al 34% nella mozzarella, al 37% nei formaggi freschi e arriva addirittura la 49,8% nella ricotta, solo per citare alcuni esempi. È quanto emerge dal Dossier della Coldiretti sul potere di mercato conquistato in Italia dal gruppo d’oltralpe, sulla base dei dati di Italiainprimapagina, divulgato in occasione della mobilitazione degli allevatori italiani giunti, con cagliate e sacchi di polvere di latte e caseina, davanti alla sede dell’Antitrust in Piazza Verdi 6/a Roma.
Un’iniziativa per far luce sull’evidente squilibrio contrattuale tra le parti che determina un abuso, da parte dell’industria, dovuto alla maggiore forza economica sul mercato, con imposizione di condizioni ingiustificatamente gravose agli allevatori. I prezzi praticati dagli operatori a valle della filiera del latte fresco sono iniqui e gli allevatori sono costretti a chiudere perché non riescono a coprire neanche i costi di produzione.
«Nel passaggio dalla stalla allo scaffale i prezzi del latte fresco moltiplicano fino a quattro e la differenza tra i prezzi pagati dal consumatore italiano e il prezzo riconosciuto agli allevatori è la più alta d’Europa», ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che «in altre parole in Italia l’industria e distribuzione hanno i margini molto più elevati rispetto agli altri Paesi, dalla Francia alla Germania». E questo significa che all’interno della filiera ci sono margini da recuperare per garantire un giusto prezzo agli allevatori senza aumenti per i consumatori.
In Italia occorre dunque verificare l'esistenza di comportamenti scorretti nel pagamento del latte agli allevatori che hanno portato prima in Spagna e anche in Francia alla condanna delle principali industrie lattiero-casearie, molte delle quali, peraltro, operano anche sul territorio nazionale. In Francia l’Antitrust ha multato per un importo di 193 milioni di euro 11 industrie lattiero-casearie tra le quali Lactalis, Laita, Senagral e Andros’s Novandie per pratiche anticoncorrenziali dopo che era precedentemente intervenuto anche l’Antitrust iberico che aveva annunciato multe per un totale di 88 milioni di euro a gruppi come Danone (23,2 milioni), Corporation Alimentaria (21,8 milioni), Grupo Lactalis Iberica (11,6 milioni).
La multinazionale Lactalis è il primo gruppo lattiero caseario nel mondo con un fatturato complessivo di 16 miliardi che in Italia nel 2014 ha sviluppato un giro d’affari per 1,4 miliardi di euro con una quota di mercato complessiva nel settore lattiero caseario del 23,4% in volume, mentre acquista circa l’8% del latte italiano. Il Gruppo francese ha tagliato i compensi agli allevatori italiani che chiedono soltanto che il prezzo a loro riconosciuto sia almeno commisurato ai costi di produzione che variano dai 38 ai 41 centesimi al litro, secondo l’analisi ufficiale effettuata dall’Ismea in attuazione della legge 91 del luglio 2015. La vita o la morte delle stalle sopravvissute fino ad ora in Italia dipende da almeno 5 centesimi per litro di latte che si ricavano dalla differenza tra i costi medi di produzione e i compensi riconosciuti scesi a 34 centesimi al litro.
Inoltre l’assenza dell’indicazione chiara dell’origine del latte a lunga conservazione, ma anche di quello impiegato in yogurt, latticini e formaggi, non consente di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative e impedisce anche ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionali e con esse il lavoro e l’economia del vero made in Italy. Il risultato è che nell’ultimo anno oltre mille stalle da latte sono state chiuse, il 60% delle quali in montagna e quasi quattromila posti di lavoro andati in fumo per effetto della perdita nei bilanci di circa 550 milioni di euro, perché il latte agli allevatori viene pagato al di sotto dei costi di produzione, con una riduzione dei compensi fino al 30% rispetto allo scorso anno, su valori inferiori a quelli di venti anni.
A fronte di una produzione nazionale di circa 110 milioni di quintali di latte sono 85 milioni di quintali le importazioni di latte equivalente dall’estero, circa il 40%, e c’è il rischio concreto che il latte straniero possa a breve per la prima volta superare quello tricolore. Sembrano prevalere le ragioni di un patto scellerato per puntare sulla produzione straniera da rivendere ai consumatori italiani a prezzi maggiorati fino al 50% rispetto a quelli di altri Paesi Europei. Il disegno è quello - precisa la Coldiretti - di far chiudere il maggior numero di stalle per dimezzare la produzione italiana e lucrare sull’importazione di latte da Paesi con meno controlli e bassa qualità.
La Coldiretti non permetterà che questo accada e alza il livello della mobilitazione per difendere le stalle, il lavoro, il territorio da coloro che non rispettano la legge e vogliono umiliare il Paese. La situazione drammatica del settore ha provocato la storica mobilitazione nel mese di novembre che ha già coinvolto circa ventimila allevatori che insieme alle principali associazioni dei consumatori (Adiconsum, Federconsumatori, Adusbef, Codacons Movimento consumatori) hanno intercettato centinaia di camion, tir e cisterne, presidiato decine di iper e supermercati in tutte le regioni, distribuito almeno 300mila volantini ai consumatori per spiegare i motivi della protesta.
La presenza della multinazionale francese Lactalis in Italia inizia nel 2003 con l’acquisizione dell’Invernizzi, continua con quella della Galbani e della Locatelli e poi nel 2011 con la Parmalat e infine all’inizio del 2015 con l’acquisto del Consorzio Cooperativo Latterie Friulane. A ciò si aggiunge la strana storia della Centrale del Latte di Roma, che vede coinvolto sempre il colosso transalpino. Nel marzo del 2010 una Sentenza del Consiglio di Stato ha dichiarato la nullità della vendita della Centrale del Latte di Roma a Cirio da parte del Comune di Roma e tutti gli atti conseguenti, compresa la successiva vendita a Parmalat; pertanto le azioni della Centrale del Latte sono ritornate al Comune di Roma, il quale però, dopo cinque anni, non ha ancora avviato le procedure di recupero delle proprie azioni. Secondo la Coldiretti il progetto per il recupero della Centrale deve prevedere un ruolo di partecipazione diretto degli allevatori nelle scelte che riguardano l’azienda.
Un’iniziativa per far luce sull’evidente squilibrio contrattuale tra le parti che determina un abuso, da parte dell’industria, dovuto alla maggiore forza economica sul mercato, con imposizione di condizioni ingiustificatamente gravose agli allevatori. I prezzi praticati dagli operatori a valle della filiera del latte fresco sono iniqui e gli allevatori sono costretti a chiudere perché non riescono a coprire neanche i costi di produzione.
«Nel passaggio dalla stalla allo scaffale i prezzi del latte fresco moltiplicano fino a quattro e la differenza tra i prezzi pagati dal consumatore italiano e il prezzo riconosciuto agli allevatori è la più alta d’Europa», ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che «in altre parole in Italia l’industria e distribuzione hanno i margini molto più elevati rispetto agli altri Paesi, dalla Francia alla Germania». E questo significa che all’interno della filiera ci sono margini da recuperare per garantire un giusto prezzo agli allevatori senza aumenti per i consumatori.
In Italia occorre dunque verificare l'esistenza di comportamenti scorretti nel pagamento del latte agli allevatori che hanno portato prima in Spagna e anche in Francia alla condanna delle principali industrie lattiero-casearie, molte delle quali, peraltro, operano anche sul territorio nazionale. In Francia l’Antitrust ha multato per un importo di 193 milioni di euro 11 industrie lattiero-casearie tra le quali Lactalis, Laita, Senagral e Andros’s Novandie per pratiche anticoncorrenziali dopo che era precedentemente intervenuto anche l’Antitrust iberico che aveva annunciato multe per un totale di 88 milioni di euro a gruppi come Danone (23,2 milioni), Corporation Alimentaria (21,8 milioni), Grupo Lactalis Iberica (11,6 milioni).
La multinazionale Lactalis è il primo gruppo lattiero caseario nel mondo con un fatturato complessivo di 16 miliardi che in Italia nel 2014 ha sviluppato un giro d’affari per 1,4 miliardi di euro con una quota di mercato complessiva nel settore lattiero caseario del 23,4% in volume, mentre acquista circa l’8% del latte italiano. Il Gruppo francese ha tagliato i compensi agli allevatori italiani che chiedono soltanto che il prezzo a loro riconosciuto sia almeno commisurato ai costi di produzione che variano dai 38 ai 41 centesimi al litro, secondo l’analisi ufficiale effettuata dall’Ismea in attuazione della legge 91 del luglio 2015. La vita o la morte delle stalle sopravvissute fino ad ora in Italia dipende da almeno 5 centesimi per litro di latte che si ricavano dalla differenza tra i costi medi di produzione e i compensi riconosciuti scesi a 34 centesimi al litro.
Inoltre l’assenza dell’indicazione chiara dell’origine del latte a lunga conservazione, ma anche di quello impiegato in yogurt, latticini e formaggi, non consente di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative e impedisce anche ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionali e con esse il lavoro e l’economia del vero made in Italy. Il risultato è che nell’ultimo anno oltre mille stalle da latte sono state chiuse, il 60% delle quali in montagna e quasi quattromila posti di lavoro andati in fumo per effetto della perdita nei bilanci di circa 550 milioni di euro, perché il latte agli allevatori viene pagato al di sotto dei costi di produzione, con una riduzione dei compensi fino al 30% rispetto allo scorso anno, su valori inferiori a quelli di venti anni.
A fronte di una produzione nazionale di circa 110 milioni di quintali di latte sono 85 milioni di quintali le importazioni di latte equivalente dall’estero, circa il 40%, e c’è il rischio concreto che il latte straniero possa a breve per la prima volta superare quello tricolore. Sembrano prevalere le ragioni di un patto scellerato per puntare sulla produzione straniera da rivendere ai consumatori italiani a prezzi maggiorati fino al 50% rispetto a quelli di altri Paesi Europei. Il disegno è quello - precisa la Coldiretti - di far chiudere il maggior numero di stalle per dimezzare la produzione italiana e lucrare sull’importazione di latte da Paesi con meno controlli e bassa qualità.
La Coldiretti non permetterà che questo accada e alza il livello della mobilitazione per difendere le stalle, il lavoro, il territorio da coloro che non rispettano la legge e vogliono umiliare il Paese. La situazione drammatica del settore ha provocato la storica mobilitazione nel mese di novembre che ha già coinvolto circa ventimila allevatori che insieme alle principali associazioni dei consumatori (Adiconsum, Federconsumatori, Adusbef, Codacons Movimento consumatori) hanno intercettato centinaia di camion, tir e cisterne, presidiato decine di iper e supermercati in tutte le regioni, distribuito almeno 300mila volantini ai consumatori per spiegare i motivi della protesta.
La presenza della multinazionale francese Lactalis in Italia inizia nel 2003 con l’acquisizione dell’Invernizzi, continua con quella della Galbani e della Locatelli e poi nel 2011 con la Parmalat e infine all’inizio del 2015 con l’acquisto del Consorzio Cooperativo Latterie Friulane. A ciò si aggiunge la strana storia della Centrale del Latte di Roma, che vede coinvolto sempre il colosso transalpino. Nel marzo del 2010 una Sentenza del Consiglio di Stato ha dichiarato la nullità della vendita della Centrale del Latte di Roma a Cirio da parte del Comune di Roma e tutti gli atti conseguenti, compresa la successiva vendita a Parmalat; pertanto le azioni della Centrale del Latte sono ritornate al Comune di Roma, il quale però, dopo cinque anni, non ha ancora avviato le procedure di recupero delle proprie azioni. Secondo la Coldiretti il progetto per il recupero della Centrale deve prevedere un ruolo di partecipazione diretto degli allevatori nelle scelte che riguardano l’azienda.
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Alberto Lupini
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