“Che cosa sono?” chiede Olimpia, davanti a un piatto fumante di pasta. “Questi sono rigatoni con la pajata”, risponde Onofrio. “E cos'è la pajata?”, incalza la donna. “Meglio che non te lo dico. Prima mangiali, poi te lo dico”. C'era anche il Marchese del Grillo - al secolo Alberto Sordi in una delle interpretazioni migliori di sempre - tra gli estimatori della pajata, piatto tipico della tradizione popolare capitolina che rappresenta l'essenza della cucina di quel quinto quarto tanto amato dagli onnivori, quanto boicottato da convinte schiere di vegani e vegetariani. Ma a cosa ci si riferisce, esattamente, quando si parla di quinto quarto? Con questa espressione vengono comunemente indicate le parti meno nobili degli animali macellati, ovvero tutto ciò che non rientra nei quattro tagli principali (anteriori e posteriori) dei capi, come frattaglie e interiora, spesso trascurati dalla cucina più “chic”.
Il quinto quarto, le radici nell'antica Roma e i tagli tipici
L'origine del termine risale al periodo in cui i macellai romani, in cambio del lavoro svolto, ricevevano come compenso una parte dell'animale macellato, che corrispondeva a circa un quinto del peso totale. Questa pratica ha dato vita a una cucina povera ma molto saporita, dove nulla andava sprecato e ogni parte dell'animale veniva utilizzata per creare piatti gustosi e decisamente corroboranti.
el quinto quarto fa parte una vasta gamma di tagli di carne, che si dividono principalmente in due categorie: frattaglie rosse e frattaglie bianche
Del quinto quarto fa parte una vasta gamma di tagli di carne, che si dividono principalmente in due categorie: frattaglie rosse e frattaglie bianche. Al primo gruppo appartengono il fegato, il cuore, la milza, i rognoni (reni), i polmoni e la lingua, mentre il secondo è rappresentato da interiora come il cervello, le animelle e la trippa. Quest'ultima considerata la regina delle frattaglie, con molte varianti regionali in tutta Italia. Tra i tagli meno comuni spiccano invece la lingua, la guancia, lo stomaco, la coda, la testa e le zampe, che trovano comunque un loro utilizzo in diverse preparazioni regionali.
Quinto quarto, orgoglio (non solo) romano
Nella cucina tradizionale laziale, il quinto quarto ha dato vita a piatti diventati negli anni dei veri e propri cult. Basti pensare - appunto - alla pajata, realizzata con le interiora di vitello, oppure alla coda alla vaccinara, una coda di bue stufata con verdure, così come alla trippa alla romana cucinata con pomodoro e pecorino, o alla coratella d'agnello, interiora di agnello saltate in padella con erbe aromatiche. Ma andando oltre i confini regionali, un viaggio immaginario lungo l'Italia che non butta via niente (almeno a tavola), sono tantissime le ricette a base di frattaglie che, specialmente negli ultimi anni, sono tornate alla ribalta rispondendo da un lato alla voglia di scoperta dei gourmet più audaci, dall'altro alla necessità crescente di sposare un'idea di cucina sostenibile e zero-sprechi.
La trippa alla fiorentina: un esempio di ricetta a base di frattaglie
Partendo dal Nord, si trovano esempi come il risotto con i fegatini e il fegato alla veneziana, tipici della cucina veneta, oppure il sontuoso fritto misto piemontese, a base di frattaglie (cervella, fegato, animelle), fritte insieme a frutta e amaretti. Sempre in Piemonte, radicata è anche la tradizione del bollito, che affianca ai sette tagli di polpa altrettanti ammennicoli (lingua, testina col musetto, zampino, rollata, coda, cotechino, gallina), al pari della Finanziera, secondo piatto composto da frattaglie di vitello e pollo sfumati con aceto o Marsala. Proseguendo il Centro Italia si arriva in Toscana, detentrice di altre ricette tradizionali come i fegatelli al coccio, la trippa alla fiorentina, i crostini con i fegatini di pollo e il mitico lampredotto, vanto della gastronomia fiorentina che sfrutta una delle quattro sezioni dello stomaco dei bovini: l'abomaso. Quindi i turcinieddi pugliesi, involtini fatti con animelle, fegato, polmone o rognone arrotolati nel budello di agnello e poi cotti alla brace, il morzello catanzarese a base di interiora di vitello, spesso utilizzato per farcire la tradizionale pitta calabrese e il pani câ mèusa palermitano, street food ante litteram composto da un panino imbottito con pezzetti di milza, polmone e, talvolta, trachea di vitello.
Quinto quarto, l'approccio della ristorazione contemporanea
Questo patrimonio prezioso, negli ultimi anni è stato riscoperto anche dalla ristorazione di livello, svelando un'inattesa versatilità in cucina, unita a molteplici vantaggi in termini di food cost aziendale. «Fino a qualche anno fa - racconta Diego Rossi, chef patron della trattoria milanese Trippa - i piatti a base di quinto quarto non erano così frequenti, soprattutto nei ristoranti ‘fine dining', se non nelle versioni più tradizionali come animelle, fegato o cervella. Noi abbiamo cercato di sdoganare il più possibile tutte le parti in assoluto, per far capire che sono comunque vendibili e sono anche economicamente sostenibili. Nei vari ristoranti ormai si trova, fatta però più o meno bene».
Oltre alla lavorazione, che è in sintesi la firma dello chef, a determinare in larghissima parte il risultato finale è la qualità della materia prima
E qui casca l'asino, verrebbe da dire. Perché oltre alla lavorazione, che è in sintesi la firma dello chef, a determinare in larghissima parte il risultato finale è la qualità della materia prima. «Parte tutto dall'animale - prosegue Rossi - Se un animale si è nutrito e ha vissuto in un certo modo, allora la frattaglia sarà di un certo tipo. Se l'animale è giovane poi, la frattaglia è meno forte. Sugli animali anziani prediligo alcune frattaglie, come il cuore, il diaframma, la trippa, la lingua, la testina. Animelle, pajata, fegato e rognoni - che hanno la funzione di filtri - sono meglio se presi da animali giovani».
Tra tutte queste nozioni una, non secondaria, riguarda anche l'appeal che la cucina del quinto quarto riesce ad esercitare sugli chef. «Se questi ingredienti ti permettono di risparmiare nel food cost - conclude Rossi - ci devi però mettere del tuo: più inventiva, più creatività, più esperienza. Devi dimostrare di essere bravo, perché è abbastanza semplice prendere un pezzo di carne, ma riuscire a stupire con una frattaglia è una sfida».
Il quinto quarto: indirizzi utili e dove trovarli
Continuando a guardare l'Italia nella sua interezza, ecco alcune soste da segnare in agenda per sperimentare il quinto quarto che non ti aspetti (o forse sì).
Osteria Battaglino
Al civico 18 di piazza Roma, a Bra, un'istituzione della cucina langarola che da oltre un secolo propone i piatti più identitari della tradizione piemontese, con ricette tramandate da generazioni e una passione per il quinto quarto (ma anche la cucina naturale) che si traduce in proposte tra cui spiccano la finanziera, la lingua di vitello brasata al vino rosso, la testina di vitello con cipolle caramellate e una indimenticabile trippa con i porri.
Osteria Battaglino |Piazza Roma 18 - 12042 Bra (Cn) | Tel 0172 412 509
Il Centro
Il fritto misto alla moda piemontese non ha segreti, in questo ristorante stellato dove la famiglia Cordero si dedica, oltre che alla cucina, a un'accoglienza d'antan. Qui l'interpretazione delle frattaglie è alla sua massima espressione, grazie alla mano sicura di Elide, che in cucina cesella anche un fritto misto da manuale, estremamente digeribile, a base di animelle, cervella, fegato di vitello, frisse e batsoà, impanati e fritti separatamente in olio e burro. E poi la finanziera di capretto e il fegato di coniglio con le cipolle.
La Finanziera del Centro di Priocca
Ristorante Il Centro | Via Umberto I 5 - 12040 Priocca (Cn) | Tel 0173 616112
Del Belbo Da Bardon
Molti coperti, ma una indefessa ricerca della qualità per un altro baluardo della ristorazione piemontese di cui Gioacchino e Alessandra Bardone, padre e figlia, tengono alta la reputazione con una cucina impeccabile. Accanto ai piatti della tradizione, a rappresentare il quinto quarto è la Finanziera, interpretata in una versione a base di frattaglie bianche (animelle, cervella, filoni). A “condire” il tutto, una cantina enciclopedica, pensata per veri appassionati delle produzioni di Langhe, Astigiano, Italia e Francia.
Del Belbo - Da Bardon | Regione Valle Asinari 25 - 14050 San Marzano Oliveto (At) | Tel 0141 831340
Trippa
Cucina autentica, ambiente da osteria e ispirazione a palate fanno allontanare per un attimo dai classici stereotipi milanesi e ricreano le giuste vibrazioni per immergersi in un'autentica esperienza di gusto. Accanto ai piatti della tradizione, proposte secondo la disponibilità giornaliera del mercato (ed estro dello chef), qui vige il mantra del quinto quarto, con alcune chicche imperdibili come le animelle croccanti (o con il guanciale), la milza, la pajata con patate e rosmarino e il rognone trifolato, accanto a testina, lingua, coda e, ovviamente, la trippa (nomen omen).
La trippa fritta di Trippa a Milano
Trippa | Via Giorgio Vasari 1 - 20135 Milano | Tel 327 6687908
Quintale
Dall'incontro tra Dario Cecchini, il “macellaio più famoso del mondo” secondo il New York Times (suo il celebre “Funerale della Fiorentina” svolto in segno di protesta durante il periodo della mucca pazza ndr), e l'amico Martino De Rosa, insieme con la moglie Carmen Moretti, è stato inaugurato in Franciacorta questo ristorante che è un'esaltazione della carne e, al contempo, un ritorno alla cucina di famiglia. Qui vige la regola del non-spreco e dell'animale si utilizza tutto, dal naso alla coda. Tra i piatti imperdibili la bavetta, taglio della pancia cotto alla griglia, l'animella di vitello fritta al burro e il diaframma cotto alla brace con cime di rapa.
Quintale | Via Cavour 7 - 25030 Erbusco (Bs) | Tel 030 554 3935
Osteria Tripperia Il Magazzino
A due passi da Palazzo Pitti, una tipica osteria fiorentina che ha fatto della trippa il suo marchio di fabbrica, accanto ad altre proposte a base di frattaglie interpretare sempre con un guizzo di modernità. Classico della casa il “susci” del trippaio, nient'altro che cilindri di alga nori ripieni di riso sormontati non da uova di pesce, ma da pezzi di lampredotto. Da provare anche il carpaccio di lingua, i ravioli e le polpette di lampredotto e l'immancabile trippa alla fiorentina.
Il “susci” del trippaio dell'Osteria Trattoria Il Magazzino
Osteria Trattoria Il Magazzino | Piazza della Passera 2-3 - 50125 Firenze | Tel 055 215969
Eredi Nigro
“Quinto quarto di terza generazione” recita il claim di quest'altra insegna storica fiorentina che deve la sua fama al lampredotto, proposto in versione street food dai quattro food truck aziendali (anche a noleggio), con proposte che vanno dal panino con il lampredotto al panino con la lingua, fino alla trippa alla fiorentina. Per chi non è di Firenze, trasformano il quinto quarto anche in pratici vasetti venduti tramite il loro e-commerce. Anche qui, la scelta è ampia: dal lampredotto (in brodo o alla cacciatora) alla trippa alla fiorentina; dallo stracotto di guancia al Lamprebox, vero e proprio set composto da panini, lampredotto in brodo, salsa verde e olio piccante. Per portarsi il cibo di strada anche a casa.
Il panino al lampredotto di Eredi Nigro
Eredi Nigro | Piazza del Mercato Centrale - 50123 Firenze | Tel 339 540 2224
Checchino dal 1887
Da oltre un secolo, un'istituzione nella Capitale per la cucina del quinto quarto, oggi condotta da Francesco Mariani, sesta generazione della famiglia di ristoratori. L'antico mattatoio posto proprio di fronte alla trattoria la dice lunga su cosa ci si deve aspettare una volta accomodati ai tavoli di questo locale, che da sempre propone piatti che fanno degli scarti una fondamentale risorsa: dalla coda alla vaccinara ai rigatoni con la pajata (spoiler: quelli della scena del Marchese del Grillo erano proprio di Checchino ndr), dalle animelle alla testina di vitello, dalla trippa alla romana al cervello fritto. Tutto ciò che contempla la vera cucina del recupero.
La coda alla vaccinara di Checchino dal 1887
Checchino dal 1887 | via di Monte Testaccio 30 - 00153 Roma | Tel 06 5743816
Osteria della Trippa
Ci sono Alessandra Ruggeri e Anastasia Paris al timone di questa tipica osteria romana che nel quartiere di Trastevere attinge dai sapori della cucina casalinga per delineare una proposta diventata in breve tempo un punto di riferimento per gli amanti dei cibi autentici e locali. A scanso di equivoci, qui gli amanti del quinto quarto non vengono solo per la trippa alla romana (oppure fritta), ma anche per il carpaccio di testa, la tradizionale coda alla vaccinara o il cuore a cottura inversa con cavolo cappuccio.
La trippa fritta dell'Osteria della Trippa
Osteria della Trippa | Via Goffredo Mameli 15 - 00153, Roma | Tel 06 45554475
‘E Curti
Cento anni il prossimo 12 settembre per questa storica osteria partenopea nel cuore di Sant'Anastasia che da sempre propone piatti legati a doppio filo alla tradizione popolare napoletana. “La nostra è un'ossequiosa tradizione - racconta il titolare, Enzo D'Alessandro - Un tempo il popolo non poteva certo permettersi i tagli migliori delle carni, e dunque affinava le tecniche di trasformazione del quinto quarto, trasformando la povertà della materia prima nella nobiltà di un piatto che diventava ‘mito'”. Tra i loro cavalli di battaglia i bucatini con il soffritto, un sugo tipico della tradizione napoletana dove il concentrato di pomodoro e di peperone piccante si accompagnano a diversi tipi di frattaglie (lingua, laringe, trachea, polmone e cuore), ma anche ‘Ndruglietielli, involtini d'intestino di agnello lattante avvolto su un gambo di sedano, cotto con patate ed un po' di pomodoro del “piennolo” in un tegame di rame, ed infine la trippa cotta con pomodoro del Vesuvio e servita con una spolverata di pecorino (tutti e tre i piatti vengono cucinati solo nei mesi invernali).
'Ndruglietielli di 'E Curti
‘E Curti | Via Padre Michele Abete 6 - 80048 Sant'Anastasia (Na) | Tel 081 897 28 21