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Il lato ignoto del food delivery tra dark, ghost e cloud kitchen

Nel food delivery emergono modelli come dark, ghost e cloud kitchen, dove il cibo è preparato in cucine senza sala o coworking. Sebbene innovativi, pongono dubbi su trasparenza e qualità. Ristoratori e consumatori chiedono regole chiare per garantire tracciabilità e sicurezza alimentare

18 dicembre 2024 | 05:00
Il lato ignoto del food delivery tra dark, ghost e cloud kitchen
Il lato ignoto del food delivery tra dark, ghost e cloud kitchen

Il lato ignoto del food delivery tra dark, ghost e cloud kitchen

Nel food delivery emergono modelli come dark, ghost e cloud kitchen, dove il cibo è preparato in cucine senza sala o coworking. Sebbene innovativi, pongono dubbi su trasparenza e qualità. Ristoratori e consumatori chiedono regole chiare per garantire tracciabilità e sicurezza alimentare

18 dicembre 2024 | 05:00
 

Il concetto di ristorazione è sempre più articolato: se si considera il cosiddetto food delivery, ad esempio, la routine prevede che non esci di casa, ti metti a smanettare su un cellulare oppure alzi la cornetta, perdonate l'anacronismo, e ti fai portare il pasto a domicilio. Ma non sempre è chiaro da dove arrivi davvero il cibo. E non è l'unica incognita sul mondo del delivery.

Food delivery, un mercato in crescita

Nel 2022, in Italia la modalità online ha fatturato 1 miliardo di euro contro 1,8 miliardi per la modalità  offline, cioè a voce (dati Fipe, la Federazione italiana pubblici esercizi),: in pochi anni entrambe sono cresciute in modo impressionante. Il trend è soggetto a oscillazioni, ovviamente, influenzato com'è da inflazione e nuove mode, ma di sicuro non va a sparire: ristoratori, startuppari, riders, imprenditori e consumatori devono e dovranno farci i conti. E poi c'è il tema delle garanzie per il consumatore, che sono tante e significative, come ad esempio: quale chef, sous chef o carpentiere ha preparato le mie patatine? Dove sono state infornate le mie lasagne? Cosa è successo durante il trasporto?

Il lato ignoto del food delivery tra dark, ghost e cloud kitchen

Il food delivery è un aspetto con cui fare sempre più i conti

Quanto al “dove”, forse non tutti sanno che la cucina fumante e caotica, che nel nostro locale preferito s'immagina in fondo a sinistra, perché a destra c'è il bagno, c'entra sempre meno col food delivery. Il nuovo che avanza è il ristorante senza sala, un'entità digitale che esiste in funzione di un certo pasto e di un certo menu, in cui le scelte sono orientate da una enorme mole di dati raccolti dai canali digitali.

Un delivery, tante "kitchen": dark, ghost e cloud

Può assumere le forme della dark kitchen, la cucina professionale ignota al cliente finale, dove gli operatori preparano cibo destinato solo agli ordini raccolti dalle piattaforme di delivery come Glovo, Deliveroo, Uber Eats, Just Eat. Altro modello: un solo imprenditore-un laboratorio di cucina-tanti brand virtuali. È la ghost kitchen. Una sola cucina, da cui escono piatti di brand diversi tra loro, ma comunque presenti sulle principali piattaforme: che siano hamburger, pizze, carni alla piastra, fritti di pesce non ha importanza.

E poi  ancora la cloud kitchen. Formula ancora diversa, perché opera con uno schema da coworking. Un solo imprenditore apre uno spazio-cucina suddiviso in tante postazioni già allestite. Chi voglia far partire il suo business di ristorazione può affittare una postazione e iniziare a preparare e consegnare attraverso le solite piattaforme, o magari via take away. Punto in comune alle tre formule: ottimizzare  stoccaggio, spazi, cotture, risorse, consegne, tempistiche. È il nuovo che avanza, leviamoci il cappello, ma qualche punto oscuro c'è.

Deliver e dark kitchen & co, Fipe: «Che fine fanno le regole?»

Ne parliamo con Aldo Mario Cursano, Vice Presidente vicario nazionale di Fipe: «Il fenomeno è in crescita, e va bene, ma sembra improbabile che vada a intaccare il modello italiano di ristorazione. Il food delivery risponde a una domanda specifica, che esige comodità e velocità; la qualità di ciò che si mangia viene dopo. Più in generale, credo che i nostri tavoli di ristorante continueranno ad essere i luoghi della convivialità dove si sta insieme come esseri umani, si intrecciano e consolidano relazioni importanti per tutta la comunità».

Dunque le tradizioni non saltano in aria, almeno per il momento. E le garanzie per chi ordina?
Questa è l'incognita. Tutte le regole relative alla protezione salariale, alla sicurezza sanitaria, alla tracciabilità e alla trasparenza in cucina sono tanto importanti quanto delicate. In un processo di produzione come quello che sta dietro al delivery, che fine fanno queste regole? Le problematiche dei riders sono sotto gli occhi di tutti, e si può immaginare che non manchino le criticità in tutte le altre fasi del processo.

Il lato ignoto del food delivery tra dark, ghost e cloud kitchen

Aldo Cursano, vicepresidente vicario nazionale della Fipe

Come si muove Fipe in questo scenario?
Promuovendo, in tutti i tavoli istituzionali in cui siamo coinvolti, l'idea di tracciabilità dei prodotti e dei processi. Quando gli arriva qualcosa nel piatto, il consumatore finale deve essere sempre in grado di ricostruire, attraverso l'etichetta o magari il menù, da dove proviene, come è stato conservato/preparato, il tipo di cottura, il modello di servizio o consegna. Se servono nuove regole bisogna crearle, e ripensare quelle esistenti.

Delivery e dark kitchen & co, imprenditori: la sfida della qualità

E ora diamo la parola ai protagonisti, o magari co-protagonisti, da un diverso punto di vista: sentiamo l'opinione di Samuele Serra, il fondatore di “MRG- Milano Restaurant Group”, un gruppo che oggi gestisce 14 ristoranti di proprietà, diffusi in diverse zone centrali del capoluogo lombardo. «Anche noi - dice -  facciamo ricorso al delivery, ma la nostra impostazione è piuttosto chiara: solo alcuni piatti possono essere preparati e consegnati in tempistiche veloci e programmate. Con la pizza, l'hamburger ed anche il sushi il meccanismo funziona bene. Molto meno bene con la cucina più complicata, la pasta, i pesci e le carni che richiedono particolari accortezze, e che magari rientrano nella grande tradizione italiana: la standardizzazione fa perdere qualcosa a cui il gruppo MRG non vuole rinunciare».

Ma non è importante anche chi prepara e dove si prepara la pietanza ordinata dai vostri clienti?
D'accordissimo, ed è per questo che MRG non si sta muovendo nella direzione della dark kitchen o del cloud. Stiamo progettando il nostro centro unico di cottura, dove abbiamo noi tutto sotto controllo, dagli spazi alla manodopera. Esternalizzare o industrializzare tutta la catena che parte dalla materia prima e va a finire nel piatto del cliente non ci interessa: i locali che fanno parte del nostro gruppo puntano ancora sull'artigianalità.

Il lato ignoto del food delivery tra dark, ghost e cloud kitchen

Food delivery: serve trasparenza

Dal grande gruppo all'imprenditore singolo cambia qualcosa? Lo chiediamo a Marco Vitolo, titolare del ristorante-bistrot “Testami” sul Naviglio Grande di Milano: «Anch'io come tanti ho seguito l'onda lunga del delivery per qualche tempo, attraverso le piattaforme digitalizzate che usano tutti: poi mi sono reso conto che devi produrre una massa critica, altrimenti non ci stai coi costi. E a quel punto ho mollato, perché volevo fare una ristorazione diversa: da Testami si assaggiano i prodotti tipici della Lunigiana, materie prime un po' delicate, con lo sfornare a catena di montaggio c'entrano poco».

Mi sta dicendo, tra le righe, che ci sono norme igienico-sanitarie che vengono facilmente violate?
No, questo non mi risulta, i controlli ci sono anche per le dark kitchen e le multinazionali che ci stanno dietro di solito sono attente a questi aspetti. Dico invece che la ristorazione di qualità fa fatica a conciliarsi con i tempi, le procedure ed anche i costi del food delivery.

Delivery e dark kitchen & co: il cliente deve sapere

Due ristoratori, assai diversi fra loro, con un punto di vista quasi identico: in più, troviamo la problematica dei costi aggiuntivi che si scaricano sullo scontrino o rendono impossibile far quadrare i conti. Ed ora è il turno di quello che dovrebbe essere il destinatario di tutte le attenzioni e di tutte le portate: il consumatore, meglio se giovane e smanettone, meglio se iperconnesso al virtuale: un mondo che non può escludere cibi, bevande, manicaretti. «Il food delivery - racconta Alessandro Collorà, ispettore della Camera di Commercio di Milano - l'ho messo un po' da parte per motivi economici: qui a Milano la vita è molto cara, per cui sono costretto a ordinare meno. È stato sostituito dalla cucina casalinga e dal cibo pronto acquistato al supermercato: alla fine non c'è differenza, quanto a qualità».

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Ma il fenomeno delle dark, ghost, cloud kitchen ti era noto?
No, non lo conoscevo, e mi vengono dei dubbi: se ordino dal ristorante sotto casa e quello dà in outsourcing a una dark kitchen i piatti che poi mi vengono portati a casa voglio che me lo dicano, perché la qualità potrebbe essere diversa.  Questa diversità magari può essere correttamente comunicata; in tal caso, si può pensare di vendere a un prezzo concorrenziale quel primo o secondo che l'imprenditore ha prodotto in esterno, abbattendo i costi. Insomma, non ci sono problemi se c'è trasparenza. Provo a inquadrare il fenomeno in termini economici: con questo "doppio binario" si può espandere l'offerta, trovando il modo di diminuire i costi e quindi i prezzi, e così per il consumatore possono aumentare le possibilità di scelta. Capisco però che per il ristorante locale, tradizionale, col suo piccolo giro d'affari e la sua nicchia di mercato, aumentino la concorrenza e i problemi.

Viene fuori anche qui il concetto di trasparenza, che a quanto pare fa un po' fatica ad imporsi tra il dark e il cloud; in aggiunta, l'allargarsi delle possibilità di scelta ed i vantaggi del mercato concorrenziale hanno il loro peso.

Delivery e dark kitchen & co: le materie prime in secondo piano

Per le considerazioni storico-sociologiche non c'è più spazio, ma può essere utile fare un cenno che suoni come un monito: in tutto questo sovrapporsi di dark kitchen, co-working e food delivery si ha l'impressione che le materie prime, e l'arte sopraffina del cucinarle, contino sempre meno. Al centro del dibattito s'impone quell'ottimizzare, abbattere, velocizzare, superare gli ostacoli fin qui evocato. Di conseguenza, non è a rischio la ristorazione, né in senso stretto né lato sensu: forse sono a rischio alcune abitudini, e se si tratta di buone, rilassanti, salutari, solide abitudini da solidi amanti della buona tavola, magari c'è da preoccuparsi.

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