L'emiro Giafar II, durante il suo regno in Sicilia, dal 998 al 1019, giunto a Misilmeri (Pa), fece costruire un grande castello dove dall'alto delle torri si ammirava uno splendido panorama: la vallata del fiume Eleuterio. Sotto il castello si formò un villaggio; da qui il nome Misilmeri che deriva dall'arabo Menzel-el-Emir e che significa appunto villaggio dell'Emiro. Una delle battaglie vinte dai normanni sugli arabi si svolse proprio a Misilmeri nel 1068 (quattro anni dopo i musulmani furono definitivamente cacciati da Palermo).
I ruderi del Castello di Misilmeri
Misilmeri oggi è un comune siciliano di circa trenta mila abitanti a una decina di km da Palermo nella valle del fiume Eleuterio (a regime torrentizio) e ai margini meridionali di quella che mezzo secolo fa veniva denominata “conca d’oro” (perché tutta coltivata ad agrumi). Dopo mille anni dalla sua costruzione, il Castello di Misilmeri è stato parzialmente restaurato e reso fruibile, cercando di inserirlo nei circuiti turistici isolani.
Cous cous: un evento per celebrare il piatto simbolo del Mediterraneo
Per celebrare il piatto emblema del Mediterraneo, che più collega i siciliani ai musulmani, si è tenuta la prima edizione dell'evento “Menzel el Emir e i sapori del Mediterrano: cous cous e bollicine 2024”. L’evento è stato organizzato dalla Pro Loco di Misilmeri e con il patrocinio dell’Assemblea Regionale Siciliana e dell’ente di formazione professionale Ted di Misilmeri., è svolto presso l’azienda agricola biologica La Dispensa, in una terrazza che si affaccia su una distesa collinare ricca di uliveti e di agrumeti.
Lo scopo dichiarato dal presidente della Pro Loco di Misilmeri, Pippo Sucato, è stato quello di aprire le porte del paese alle conoscenze della offerta gastronomica e agroalimentare locali, attraverso una rievocazione del passato splendore, che può tornare attraverso le buone pratiche della tradizione siciliana, ricevute da quella musulmana (seppure ci sono testimonianze storiche che risalgono fino agli Assiri e Babilonesi quali primi produttori di questo cibo).
Cous cous: origini e proprietà
È interessante sapere che nasce come alimento povero e come fonte di sostentamento per il popolo berbero. Questa popolazione praticava il nomadismo e la pastorizia e sfruttava come materia prima grano e cereali, che dovevano essere lavorati in maniera corretta per poter esser conservati e restare buoni da cucinare anche dopo un lungo periodo di stoccaggio. Per questo motivo si diffuse la tecnica di setacciare, lavorare a mano e far seccare questi cereali. Il cous cous si è diffuso gradualmente dai paesi più interni dell’Africa Nord Occidentale al Maghreb: nelle migliori occasioni veniva condito tradizionalmente con carne si montone in umido.
Il cous cous ha tante proprietà che lo rendono un piatto buono e salutare
Va rilevato che il termine “cous cous” è la forma scritta in lingua francese, la più diffusa in quell’area e pare che il termine attuale derivi dalla lingua berbera antica, nella quale col termine kous kous veniva indicato il tegame di coccio forato in cui questa pietanza viene tradizionalmente preparata.
Ma il cous cous ha molti pregi non sempre conosciuti:
- Proprietà nutrizionali: il cous cous contiene molte qualità simili al frumento, come l’elevato apporto di fibre per un valore di 2,2 grammi ogni 100 grammi di prodotto. È anche ricco di vitamine e minerali.
- È digeribile: non lo sanno tutti, ma questa pietanza risulta facilmente digeribile grazie al basso contenuto di grassi.
- Aumenta il senso di sazietà: dovuto all’elevato assorbimento di acqua degli agglomerati di grano, che ne aumentano il volume. Perfetto per chi vuole mantenersi in forma: bastano 40 grammi di couscous per avere un pasto completo e soddisfacente.
- Si prepara facilmente, in pochi minuti: basta versare sul prodotto acqua calda o brodo bollente, lasciarlo riposare qualche minuto così da ottenere un prodotto dalla consistenza perfetta.
- Può essere cucinato in molte varianti: si può aggiungere il pesce, la carne, e le verdure. Condirlo con spezie come curcuma e curry, cipolle, carote zucchine o accompagnarlo a diversi legumi, come i ceci. Non solo: esiste anche il couscous nell’impasto dei dolci. In Egitto, ad esempio, viene consumato come dessert in un dolce preparato con burro, zucchero, cannella, uvetta e noci.
Cous cous: le ricette degli chef
È stato chiesto, quindi, ad alcuni chef di preparare un piatto di cous cous e alle cantine siciliane Alessandro di Camporeale, Baglio di Pianetto, Brugnano, Cantine Navarra, Gurrieri e Rapitalà, di proporre le loro bollicine come abbinamento.
Nino Ferreri | Ristorante Limu 1 stella Michelin di Bagheria (Pa)
Ha preparato un classico cous di pesce, utilizzando un magnifico brodo di pesci, con la tecnica risultante da una sorta di incrocio di spezie derivante dalla francese della bouillabaisse e dalla zuppa di pesce siciliana, con cui è stato irrorato il cous cous, a cui a dato una forma di quenelle posta nel centro del piatto, con tutto intorno sei pezzi di pesce: gambero, capone, triglia, cozza, totano e rana pescatrice: il risultato dai profumi inebrianti, è stato ulteriormente esaltato dai differenti sapori salini e umami dei vari tipi di pesce, attraverso un divertente gioco di assaggi dei vari sapori e consistenze.
Il cous cous di Nino Ferreri del Ristorante Limu 1 stella Michelin di Bagheria (foto: Enzo La Barbera)
Alen Mangione | Carusu Restaurant di Raffadali (Ag)
Ha preparato un delicatissimo cous cous di pesce (gallinella di mare) scottata im un delicatissimo un brodo di tenerumi di zucca, cipolle e pomodori, che con le loro delicate acidità conferiva al pesce una formidabile sottolineatura del gusto originario del pesce.
Il cous cous di Alen Mangione del Carusu Restaurant di Raffadali (Foto di Enzo La Barbera)
Gianfilippo Gatto | A'Cuncuma Restaurant di Palermo
Ha preparato un cous cous di bugur (un tipo di cous cous dai grani molto più grossi del cous cous tradizionale - ciò si ottiene con la precottura del grano, la successiva asciugatura ed essicazione, quindi la sua macinazione in dimensioni più grandi rispetto a quelle ottenute don la incocciatura del cous cous), senza una componente umida, ma solo bagnata da acqua di finocchietto selvatico (che ne caratterizzava l’aroma) sormontati da una spuma di patate alle alici condita con polvere limone bruciato e da una polvere di cappero (per un debolissima, ma piacevole, sensazione di acidità gustativa).
Cous cous di Gianfilippo Gatto del A'Cuncuma Restaurant di Palermo
Bina La Corte | Docente di “ristorazione” presso Ted di Misilmeri
Ha preparato un cous cous dolce, senza componenti umide, aggiungendo solo una bagna a base di marsala secco, aromatizzata alla cannella, ad una miscela di cioccolato di Modica, pistacchi di Bronte. Mandorle di Noto, zuccata e arancia candite: il risultato ha reso un boccone gustativamente accattivante, in cui le grassezze dei semi oleosi venivano equilibrate dalle microacidità degli altri vegetali
Il cous cous di Bina La Corte, docente di “ristorazione” presso Ted di Misilmeri
Daniele Di Pisa | Dell'azienda agricola La Dispensa
Ha preparato un cous cous con un brodo di pesce cotto in un brodo ottenuto da zucchine, melanzane, peperoni: un risultato magistrale nella sua semplicità e legame alla tradizione.
Il cous cous di Daniele Di Pisa dell'azienda agricola La Dispensa
E alla fin della serata Pippo Sucato ci rivela che «è in preparazione una nuova programmazione, che riguarderà il 2025 con una rassegna che valorizzerà Misilmeri, i suoi prodotti tipici e il sito del Castello dell’Emiro, per trasformarlo in un luogo a cielo aperto capace di ospitare eventi, che abbiano come protagonisti le eccellenze agroalimentari e le diverse forme artistiche e culturali, spaziando dal teatro alla musica e mettendo in campo tutte le expertise generate dalla scuola di formazione professionale gratuita TED».
La promozione del territorio passa, si può dire prevalentemente, attraverso eventi di tipo gastronomico, ma quando a ciò si aggiunge un contenuto storico, la valenza del ricordo assume maggiore spessore e valore, determinando una maggiore consapevolezza del proprie potenzialità. Quindi “ad majora semper”