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La Sicilia, terra di biodiversità, celebra i grani antichi

A Piazza Duomo ad Acireale, dal 11 ottobre, si celebra il Made in Sicily con una kermesse di dieci giorni. L'evento presenta convegni sui grani antichi, degustazioni di prodotti locali e show cooking di chef stellati

di Enzo Raneri
 
12 ottobre 2024 | 17:42

La Sicilia, terra di biodiversità, celebra i grani antichi

A Piazza Duomo ad Acireale, dal 11 ottobre, si celebra il Made in Sicily con una kermesse di dieci giorni. L'evento presenta convegni sui grani antichi, degustazioni di prodotti locali e show cooking di chef stellati

di Enzo Raneri
12 ottobre 2024 | 17:42
 

A Piazza Duomo ad Acireale (Ct) l’11 ottobre è iniziata I colori del gusto, una kermesse di ben dieci giorni, sul Made in Sicily del food: convegni di grani antichi e di prodotti tipi, degustazioni gratuite di pane dei forni locali, di dolci, show cooking di chef stellati e locali, oltre 15 fra le migliori aziende vitivinicole locali, masterclass su vino, birra, olio e distillati, banchi di assaggio di vini e di birra siciliani e  tantissimi produttori e artigiani locali, riuniti per celebrare I Colori del Gusto della Sicilia.

La Sicilia, terra di biodiversità, celebra i grani antichi

La Sicilia, terra di grani antichi


Il programma dell’evento è iniziato alle 17 del 11 ottobre, con l’apertura degli stand al pubblico. Alle 18 ha avuto luogo l’interessante convegno sui Grani Antichi di Sicilia, moderato da Antonio Iacona di Italia a Tavola, con la partecipazione, oltre che del sindaco Roberto Barbagallo, dell’onorevole Nicola D’Agostino, dell’assessore regionale alle risorse agricole ed alimentari Salvatore Barbagallo, di Giuseppe Li Rosi dell’associazione Simenza, e di Alfio Spina, ricercatore Crea – Centro di ricerca Cerealicoltura e Colture Industriali.

Sicilia terra ricca di biodiversità

Il sindaco di Acireale Roberto Barbagallo ha introdotto orgogliosamente l’argomento della sicilianità gastronomica, come un punto di forza su cui fare perno intelligente di una ripresa economica competitiva e vincente: «il Made in Sicily deve diventare per i siciliano un mood paragonabile, se non superiore a quello ormai divenuto leggendario di quello degli abitanti del Alto Adige».

Nicola D’Agostino ha definito la kermesse come una sorta di mostra del cibo siciliano di qualità, da sviluppare con lo spirito del miglioramento continuo, in funzione di un miglioramento economico, ma che non può che essere fondato e perseguito sul piano prettamente culturale, laddove cultura si intende un comportamento totale e totalizzante, giornaliero e non occasionale, improntato al miglioramento sociale anche, che potrebbe portare ad una riconsiderazione del popolo siciliano, come modello ancestrale di un popolo che ha fatto tesoro delle esperienze tratte dalle decine dominazioni a cui la Sicilia (anche per la sua posizione strategica nel mediterraneo) è stata esposta.

Un primo obiettivo potrebbe essere quello di allagare la stagione in cui il turista viene in Sicilia (persino fino ad arrivare a coprire significativamente l’intero arco dell’anno Uno strumento potrebbe essere il cibo siciliano, i suoi prodotti, oltre che alle sue bellezze naturalistiche, storiche, archeologiche, senza mai trascurare la necessità di un progresso pervasivo sul piano della formazione, preparazione, mentalità, imprenditorialità, moralità.

Salvatore Barbagallo, assessore regionale alle risorse agricole ed alimentari (peraltro fratello maggiore del sindaco di Acireale), ha sottolineato il ruolo di un necessario sostegno intelligente al settore del cibo, attraverso un basilare sostegno alle risorse agricole, forestali e marittime, ottenibile attraverso il concepimento di un Piano turistico integrato con un Piano agricolo, ambedue sostenuti da un adeguato sostegno finanziario: ma ogni pianificazione, diventa inefficace senza una successiva adeguate fasi di programmazione, di controllo, di realizzazione, di esercizio e di revisione periodica (cosi ci ripetevano sempre Emanuele Guggino Picone e Salvatore Indelicato) Fronteggiare l’ennesima siccità potrebbe avere sorti migliori.

Sicilia, regione europea della gastronomia

L’European Region of Gastronomy è un riconoscimento assegnato ogni anno dall’Istituto internazionale di gastronomia, cultura, arti e turismo (Igcat) a una o più citta` o regioni in Europa che si distinguono in attività volte a sensibilizzare sull’unicità culturale e alimentare, a stimolare la creatività e l’innovazione gastronomica, nonché a promuovere un’alimentazione più sana e a migliorare gli standard del turismo sostenibile.

Quest’anno, il premio è toccato alla Sicilia. Secondo la presidente dell’Igcat Diane Dodd, la regione e` riuscita a primeggiare sulle altre candidature grazie al pluralismo delle culture, alla bellezza della natura e alla qualità dei suoi prodotti. La giuria e` rimasta colpita dall’approccio sostenibile all’agricoltura, orientata alla protezione delle specie e alla produzione alimentare tradizionale, con grande attenzione per la natura, la cultura, l’artigianato e il benessere dei cittadini locali; in particolare, ha riconosciuto numerosi esempi di buone pratiche che altre regioni potrebbero importare. La Sicilia quindi nel 2025 avrà l’occasione (per prima) di essere in una “vetrina” ufficiale e mondiale, attorno alla quale verrà sviluppato una notevole rete di eventi, che metteranno il cibo con i beni culturali e ambientali (marinari e montani).

La Sicilia e i grani antichi

Giuseppe li Rosi fondatore della associazione Simenza (ovvero Compagnìa siciliana sementi contadine che nasce per aggregare agricoltori, allevatori, trasformatori, ricercatori e professionisti con l’obiettivo di tutelare e valorizzare il vastissimo patrimonio dell’agrobiodiversità siciliana, per una più sicura via verso la gestione dell’agrobiodiversità con la creazione di filiere corte applicando un modello di agricoltura rigenerativa e sistemi di distribuzione sostenibile: oggi sono circa 130 aziende).

La Sicilia ha un quarto della biodiversità mondiale edibile

Fino al 2013 coltivare grani antichi era vietato (come la marijuana). All’inizio del 1900 in Sicilia c’erano circa 250 specie di grano e negli anni Cinquanta erano state ridotte (dal cosiddetto “progresso” a 52: la grossa perdita di biodiversità ha dato ragione al maggiore profitto, attraverso tecniche colturali, rivelatesi (ormai da alcuni anni) dannose, sia alla salute, che alla incolumità vera e propria delle Persone.

Nel 1940 in Europa si mangiava una volta al giorno, in Sicilia due. Nel 1940 in Sicilia si producevano senza mezzi meccanici e senza prodotti chimici oltre 9000 milioni di quintali (oltre molte altre qualità da seme) Oggi con tutto l’impegno di meccanica e chimica si arriva appena a 8 quintali.

Le differenze dei grani antichi (prima del 1945 circa) con quelli di oggi sono:

  1. La forza del glutine. I grani antichi avevano un valore W di forza del glutine di 10-50 e con i grani di oggi si arriva ai 300-400 (soprattutto per venire incontro alle necessità dell’industrializzazione degli alimenti.
  2. La taglia. I grani antichi son tutti oltre il metro e trenta, quelli di oggi sono molto al di sotto del metro.
  3. La produttività per ettaro, che veniva garantita da una concimazione naturale, che con la concimazione chimica è aumentata di circa il doppio.
  4. La minore variabilità genetica, che nei grani antichi si aveva un insieme di genotipi con una biodiversità complessivamente elevata, mentre oggi la selezione di piante, tutte geneticamente identiche, ha determinato la perdita di biodiversità, con il risultato che la sopravvivenza delle piante. richiede un maggior intervento dell’uomo (attraverso la chimica).

Gli agricoltori illuminati, sempre a forza di grandi impegni di volontà e finanziari, sono oggi il traino di una rinascita del senso logico necessario per il recupero della biodiversità perduta o quantomeno della tenace salvaguardia di quella mantenuta.

Mugnai pastai e fornai completano l’opera degli agricoltori illuminati Il pubblico dei clienti illuminati premia il loro lavoro (seppur con qualche rimodulazione della spesa). L’iniziativa presa dal Comune di Acireale, forse prendendo spunto dal modello offerta da un campo di grani antichi, sta cercando di rappresentare un modo esemplare di stare insieme per migliorare tutti quanti. E questa è una cosa di cultura

Alfio Spina, dirigente del Centro di ricerca cerealicola e delle colture industriali di Acireale (Crea) ha parlato del libro “Storia dei frumenti”, nel quale viene ripercorsa la intera vicenda colturale del grano negli ultimi 10 mila anni: tipicizzazione genetica e classificazione. La Sicilia è un “continente gastronomico” con una varietà impressionante di frumenti.

Viene confermato da tutti che, pur essendo la produzione dei grani antichi ridotta,  l’indice glicemico dei prodotti con la loro farina è ridotto. Inoltre, viene confermato anche che le alte temperature dei territori in cui si coltiva il grano impediscono la crescita di funghi nelle sementi raccolte, che quindi non hanno bisogno di insetticidi Infine, si conferma che i prodotti con farine di grani antichi (soprattutto il Russello) sono molto più proteici di quelli prodotti con farine di altri grani di frumento. Dopodiché anno rivolto un breve saluto alcuni produttori che, nelle loro produzioni, hanno a che fare con i grano antichi.

La Sicilia, terra di biodiversità, celebra i grani antichi

I colori del gusto di Acireale

Si sono avute, quindi, le testimonianze di Raffaele Ardita (panificatore del Forno Spina dal 1863 di Acireale), Marco Righi (molitore a pietra – importantissimo per il chicco), di Valeria Messina (panificatore titolare del famoso Forno Biancuccia a Catania, che ha raccontato del pane agricolo di Nonna Bianca), di Franco Vescera (panificatore e pastaio, genio dei grai antichi, che ha iniziato a lavorare con i grani locali, (poi definiti “antichi”,  già nel 1999 (come il suo di Lentini,  fra Caltagirone e Siracusa c’erano 50 forni, mentre solo una decina nel resto della Sicilia), di Francesco Arena (mastro fornaio messinese, famoso anche per le sue focacce di grani antichi), di Giovanni Laganà  (panificatore messinese del Panificio Laganà 1968),  di Giovanni Tumminello (panificatore e famosi biscotti di grani antichi a Castelbuono) Ha concluso il sindaco, sottolineando ancora che produrre ed utilizzare prodotti siciliani è una operazione culturale per la riscoperta del proprio valore (anche economico). E poi tutti agli stend per l’assaggio dei prodotti.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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