Scatta il fermo pesca lungo praticamente tutta la dorsale adriatica. Per un periodo di poco superiore al mese le flotte di pescherecci non potranno più operare in mare nella loro consueta attività. A darne notizia è Coldiretti Impresapesca in occasione dell’avvio del provvedimento che dal 29 luglio blocca le attività dei pescherecci dal Friuli Venezia Giulia al Veneto, dall’Emilia Romagna fino a parte delle Marche e della Puglia. Nei tratti di mare compresi tra Trieste e Ancona e da Bari a Manfredonia si tornerà in attività il 9 settembre, mentre lungo il tratto centrale dell’Adriatico (da San Benedetto e Termoli) le attività si fermeranno il 19 agosto per poi riprendere il 24 settembre.
Pesca: si ferma nell'Adriatico, presto anche nel Tirreno
Che cosa significa questo stop di oltre un mese? Non troveremo più pesce in vendita? Non è così: come fa sapere Coldiretti Imprescapesca nonostante l’interruzione dell’attività sulle tavole delle regioni interessate rimarrà possibile trovare prodotto italiano, dal pesce azzurro come le alici e le sarde, al pesce spada, ed inoltre a spigole, orate, sogliole, cannocchie, vongole e cozze provenienti dalla barche della piccola pesca, dalle draghe e dall’acquacoltura.
Stop alla pesca in mare: nel Tirreno scatta a settembre
Per quanto riguarda l'ultimo tratto adriatico e tutto il versante ionico il blocco scatterà da Brindisi a Reggio Calabria dal 4 settembre al 3 ottobre. Dal 1° al 30 ottobre ci sarà, invece, lo stop sulla gran parte del Tirreno (da Genova passando per Napoli fino a Gioia Tauro e nei porti della Sicilia e della Sardegna). Già effettuato il blocco per Roma, da Civitavecchia a Fiumicino. La misura limitativa più importante è il divieto del sistema di pesca a strascico, ma i nuovi provvedimento prevedono anche la restrizione delle aree di pesca con tagli fino al 30% rispetto alle attuali, con scadenze ravvicinate nel 2024, 2027 per concludersi nel 2030.
Limitata la pesca a strascico
Si tratta di una serie di misure adottate per limitare la pesca intensiva e, in questo modo, tutelare le specie ittiche maggiormente vittima della raccolta spesso incontrollata nelle fasi biologiche più importanti come la nascita e l'accrescimento dei giovanili. «Una fase di tutela – si informa – che non può essere disgiunta dalla attenzione alla sostenibilità economica delle imprese di pesca coinvolte alla misura di fermo e dalla sostenibilità sociale per la tenuta dei territori costieri e delle tante economie collegate alla produzione ittica quali il commercio, la ristorazione, il turismo, la cantieristica».
Pesca a strascico, quanto inquinamento
Quello riguardante la pesca a strascico, tra le tecniche più "pesanti" e distruttive oggi utilizzate (pensare come le reti arrivano anche a raschiare i fondali marini), è pure un problema di sostenibilità ambientale. Già l'Europa settimane fa si è schierata contro questa pratica (provocando la protesta dei pescatori italiani) e secondo uno studio pubblicato su Nature nel 2021, la pesca a strascico genera ogni anno circa 1 gigatonnellata di anidride carbonica, pari al 2% delle emissioni globali. Un dato molto vicino a quello inerente il settore dell'aviazione globale. Triste primato nazionale, l’Italia possiede una flotta di pescherecci che operano a strascico fra le più grandi del Mediterraneo.