Gli alberghi di Roma dovranno fare i conti, così come accaduto di recente anche a Firenze e a Imperia, con un ulteriore aumento della tassa di soggiorno, un balzello già tra i più alti d'Europa. Questa decisione arriva dopo più di due anni di chiusura forzata a causa della pandemia e in un contesto di aumenti dei costi e dell'inflazione, mettendo a dura prova il settore dell'ospitalità e agendo nel totale silenzio del governo, privo di una "cabina di regia" che si occupi di questa situazione in continua evoluzione. A Roma, l'aumento della tassa, che può variare dal 25 al 50% a seconda della categoria di stelle dell'albergo, preoccupa fortemente le aziende del settore, in particolare quelle situate nelle città d'arte come Roma. Durante il periodo di lockdown, queste aziende hanno subito l'impatto più duro, con l'assenza totale della clientela, gran parte della quale è solitamente di provenienza internazionale.
Aumenta la tassa di soggiorno anche a Roma
Aumento della tassa di soggiorno a Roma, Colaiacovo (Confindustria): «Situazione molto pericolosa»
«Nonostante la situazione attuale sia positiva - sottolinea la presidente di Confindustria Alberghi, Maria Carmela Colaiacovo - i risultati sono ancora al di sotto del periodo pre-crisi». Le aziende si trovano già a fronteggiare un aumento esponenziale dei costi e dei tassi, dovuti all'inflazione, che stanno rallentando significativamente il processo di ripresa. In un momento in cui Roma sta assistendo al rilancio delle attività e a un'offerta turistica che si rinnova anche grazie a importanti investimenti nel prodotto ultra-luxury, questo ulteriore aumento della tassa di soggiorno potrebbe condizionare il flusso di nuovi investimenti sul mercato.
La presidente di Confindustria Alberghi, Maria Carmela Colaiacovo
La questione diventa ancora più delicata se si considera che l'obiettivo iniziale dell'imposta di soggiorno era di utilizzare i proventi per sostenere il settore turistico con interventi mirati a migliorare la competitività delle destinazioni italiane, contribuendo così al Pil del Paese in modo significativo. Purtroppo, questo non sembra essere avvenuto, e gli incassi generati da questa imposta, già notevoli, sembrano disperdersi senza tornare agli operatori del settore e ai turisti. «Questa situazione è molto pericolosa - conclude la presidente Colaiacovo - poiché, di fronte a tali importi cospicui, le aspettative dei viaggiatori rispetto alla città rischiano di essere profondamente deluse».
Tassa di soggiorno: situazione in continua evoluzione
Nel 2023, come dicevamo, la situazione relativa all'imposta di soggiorno continua ad evolversi: «sono infatti diversi i Comuni che istituiranno l'imposta di soggiorno nell'anno in corso per la prima volta, ma anche amministrazioni comunali che, dopo alcuni anni di sospensione, hanno deciso di riattivarla - ha detto di recente Massimo Feruzzi, amministratore unico di Jfc e responsabile dell'Osservatorio nazionale sulla tassa di soggiorno. Allo stesso tempo è davvero ampio il palmares di coloro hanno deciso di aumentare le tariffe, anche in maniera considerevole, o di ampliare il periodo di versamento dell'imposta di soggiorno da parte degli ospiti».
Tassa di soggiorno: dove si paga per la prima volta nel 2023
Nel dettaglio, i comuni in cui da quest’anno si pagherà per la prima volta la tassa di soggiorno ci sono anche:
- Bari (che prevede di incassare circa 2 milioni di euro)
- Taranto
- Caserta
- Laveno Mombello
- Tarvisio
- Chiusaforte
- Castiglione Fiorentino
- Paola
- Bagnoregio
- Verghereto
- Garbagnate Monastero
- Ovada
- Manduria
- Bagnara Calabra
- Forte dei Marmi (con validità per il periodo estivo, dopo l'istituzione avvenuta nel 2020, ma rimasta in sospeso sino a quest'anno a causa del Covid-19).
Ancora indecisi se introdurla o meno a Bagni di Lucca. Dopo due anni di sospensione l'imposta sarà, invece, riattivata a Civitanova Marche.
Tassa di soggiorno: mancano informazioni e chiarezza
Ma al di là della tassa, il problema per Feruzzi è anche determinato dal fatto che «purtroppo si conferma anche la tendenza, da parte delle amministrazioni comunali, di un utilizzo non perfettamente conforme alla norma di tali risorse e di non chiarezza nella diffusione delle informazioni circa gli investimenti effettuati».