Così è: la Corte Ue boccia il rinnovo automatico delle concessioni, ora «L'Italia deve applicare le norme europee». Le concessioni di occupazione delle spiagge italiane non possono essere, dunque, rinnovate automaticamente ma devono essere oggetto di una procedura di selezione imparziale e trasparente. Così la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, secondo cui «i giudici nazionali e le autorità amministrative sono tenuti ad applicare le norme pertinenti di diritto dell’Unione, disapplicando le disposizioni di diritto nazionale non conformi alle stesse». «Questa sentenza rappresenta un'ulteriore spinta a procedere rapidamente con la mappatura delle spiagge da noi richiesta e a convocare rapidamente il tavolo interministeriale per stabilire una volta per tutte con criteri equi i termini entro i quali le risorse del demanio marittimo italiano possono essere considerate scarse», commenta il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio (Lega).
La Corte Ue boccia il rinnovo automatico delle concessioni
Concessioni balneari: Va fatta una procedura di selezione
Secondo il diritto dell’Unione, per l’assegnazione di concessioni di occupazione del demanio marittimo, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali. L’autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico.
Balneari: che cosa è successo in Italia
Sebbene tali disposizioni siano state recepite nell’ordinamento giuridico italiano, una legge del 2018 ha previsto che le concessioni in essere fossero prorogate fino al 31 dicembre 2023, al fine di disporre del tempo necessario allo svolgimento di tutte le attività essenziali per la riforma delle concessioni.
Conformemente a questa legge, il Comune di Ginosa, in Puglia, ha prorogato nel 2020 le concessioni di occupazione del demanio marittimo nel suo territorio. Ritenendo che tale delibera violasse i principi di concorrenza e libertà di stabilimento, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) ha notificato a detto comune un parere motivato, ricordandogli l’obbligo di una previa procedura ad evidenza pubblica e rilevando che le disposizioni nazionali di proroga automatica delle concessioni dovevano essere disapplicate.
Poichè il Comune di Ginosa non si è adeguato al suo parere, l’Agcm ha fatto ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia per annullare la delibera del Comune di Ginosa. Pur ritenendo che le disposizioni nazionali siano incompatibili con la direttiva 2006/123 relativa ai servizi nel mercato interno, il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia dubita del carattere self-executing della direttiva e dell’effetto di esclusione delle norme nazionali difformi. Inoltre, tale giudice dissente dall’orientamento del Consiglio di Stato italiano secondo cui la direttiva 2006/123 è una direttiva di liberalizzazione e non già di armonizzazione. Da ciò il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia deduce che tale direttiva avrebbe dovuto essere adottata all’unanimità e non già a maggioranza dei voti del Consiglio.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia ha sottoposto, di conseguenza, alla Corte di giustizia varie questioni pregiudiziali dirette a verificare l’ambito di applicazione, la validità, la natura e gli effetti dell’applicazione della direttiva.
Balneari: Cosa prevede la sentenza della Corte Ue
Con la sua sentenza, la Corte dichiara, in primo luogo, che «la direttiva si applica a tutte le concessioni di occupazione del demanio marittimo, a prescindere, a tal proposito, dal fatto che esse presentino un interesse transfrontaliero certo o che riguardino una situazione i cui elementi rilevanti rimangono tutti confinati all’interno di un solo Stato membro».
In secondo luogo, «il diritto dell’Unione non osta a che la scarsità delle risorse naturali e delle concessioni disponibili sia valutata combinando un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso, basato su un’analisi del territorio costiero del comune in questione – spiega la Corte di Giustizia Ue - È necessario che i criteri adottati da uno Stato membro per valutare la scarsità delle risorse naturali utilizzabili si basino su parametri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati».
«In terzo luogo, dall’esame non è emerso alcun elemento idoneo ad inficiare la validità della direttiva relativa ai servizi nel mercato interno. Poiché, da un lato, il fondamento giuridico di un atto deve basarsi sul suo scopo e sul suo contenuto e, dall’altro, la direttiva ha l’obiettivo di agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi, il Consiglio ha correttamente deliberato a maggioranza qualificata, conformemente alle disposizioni del Trattato – prosegue la Corte - In quarto luogo, l’obbligo, per gli Stati membri, di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, nonché il divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso dalla direttiva. Poiché tali disposizioni sono produttive di effetti diretti, i giudici nazionali e le autorità amministrative, comprese quelle comunali, sono tenuti ad applicarle, e altresì a disapplicare le norme di diritto nazionale non conformi alle stesse».
Balneari: Centinaio (Lega), sentenza ci dà ragione. Avanti
La Corte Ue boccia il rinnovo automatico delle concessioni
«La sentenza della Corte di Giustizia europea dà ragione all'approccio che da anni la Lega e io personalmente, già da ministro, portiamo avanti – commenta il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio (Lega) - Conferma, infatti, che l'eventuale applicazione della direttiva sulla concorrenza anche alle concessioni balneari italiane passa per la verifica della scarsità delle risorse a livello nazionale, non solo o non tanto a livello locale. Una scarsità che, di fronte a 8mila chilometri di coste, è evidentemente inesistente. Quindi: niente scarsità, niente Bolkestein. I giudici di Lussemburgo scrivono che la direttiva europea “conferisce agli Stati membri un certo margine di discrezionalita nella scelta dei criteri applicabili alla valutazione della scarsità delle risorse naturali”, preferendo una valutazione a carattere nazionale, locale, oppure combinata. Questo smentisce chi, compreso il Consiglio di Stato, ha dato per scontata tale scarsità, solo perché guardava a singoli Comuni o ristretti territori, in cui la presenza di stabilimenti balneari può essere più densa. Un criterio che noi abbiamo sempre respinto e oggi anche la Cge conferma la nostra valutazione. In definitiva questa sentenza rappresenta un'ulteriore spinta a procedere rapidamente con la mappatura delle spiagge da noi richiesta e a convocare rapidamente il tavolo interministeriale per stabilire una volta per tutte con criteri equi i termini entro i quali le risorse del demanio marittimo italiano possono essere considerate scarse. Questi passaggi restano presupposti essenziali per mettere a gara eventuali nuove concessioni in maniera “imparziale e trasparente”, come richiesto dalla Corte, tutelando al contempo le imprese già esistenti».
Rustignoli (Fiba Confesercenti): Subito un tavolo interministeriale con associazioni di categoria
«La sentenza della Corte di Giustizia europea sottolinea l’importanza fondamentale della verifica della scarsità della risorsa a livello territoriale e nazionale – afferma Maurizio Rustignoli, presidente Fiba Confesercenti - È un tema che lo Stato membro può e deve gestire, e quindi può valutare anche una diversa applicazione della direttiva sulla concorrenza. In questo senso, la strada intrapresa dal Governo italiano, che vuole procedere concretamente con la mappatura delle coste italiane, è quella giusta. La Corte di Giustizia europea, inoltre, non è entrata nel merito sul principio dell’eventuale indennizzo nel caso in cui ci sia un soggetto subentrante: anche in questo caso, la sentenza sottolinea che è materia dello Stato membro e sarà il Governo italiano a valutare le specificità del caso. Ora è indispensabile aprire il percorso di confronto con le rappresentanze del settore ai tavoli preposti per giungere finalmente ad un punto di equilibrio, nel rispetto delle regole europee e a tutela del valore delle imprese. Così come riteniamo che i tempi siano maturi per affrontare la riforma del codice della navigazione e in particolare dell’articolo 49, che norma la materia del demanio marittimo dal 1942 e che perciò va necessariamente aggiornato alle attuali esigenze del turismo balneare».
La Sib: il Governo acceleri nella ricognizione delle concessioni demaniali marittime
Antonio Capacchione, presidente del Sindacato Italiano Balneari aderente a FIPE/Confcommercio commenta: «Il presupposto per l'applicazione della direttiva Bolkestein alle concessioni demaniali marittime ad uso turistico ricreativo è ‘la scarsità di risorsa’, e cioè l'impossibilità del rilascio di nuove concessioni. È stato chiarito, poi, che ‘la scarsità’ deve essere stabilita combinando un approccio generale con una valutazione caso per caso. Sotto questo aspetto la Corte smentisce il Consiglio di Stato che, con le note sentenze dell’Adunanza Plenaria, si è arrogato un compito che spetta allo Stato, stabilendo la scarsità con criteri generici ed astratti e non effettuando una valutazione caso per caso. Questa valutazione costituisce una novità importante sulle possibili soluzioni, che restano di esclusiva prerogativa del nostro Stato. «Il Governo, pertanto, acceleri nella ricognizione delle concessioni demaniali marittime vigenti per la verifica della "scarsità della risorsa" - ha aggiunto Capacchione - sia, poi, convocato, con urgenza, il tavolo istituito con la recente legge 14 del 24 febbraio scorso. Si emani, nel più breve tempo possibile, una nuova legge che superi le disposizioni fissate dal precedente Governo, effettuando un corretto bilanciamento fra l'esigenza di una maggiore concorrenza con la tutela dei diritti dei concessionari attualmente operanti». La politica - spiega in una nota Sib - non si abbandoni su questa delicata ed importante questione a polemiche demagogiche e strumentali. Si ricorda, in proposito, che dal 2009 i sette governi, di diverso e opposto orientamento politico, hanno, tutti, ripetutamente rinviato la scadenza delle concessioni vigenti con l'impegno ad una riforma, da ciascuno promessa e da nessuno mantenuta. «Lo Stato non tradisca gli imprenditori balneari che hanno avuto l’unico torto di aver creduto nelle sue leggi - ha concluso il presidente del Sindacato che associa oltre 10.000 imprese in Italia. Voglio ricordare che gli attuali operatori hanno scelto questo lavoro e creato dal nulla aziende di valore e di successo confidando sulle leggi e sui provvedimenti del nostro Paese». Nessuno può essere privato dei suoi beni senza un giusto indennizzo. Si precisa, in proposito, che il suolo è pubblico, ma privata l'azienda che ivi insiste. Riteniamo che sia interesse di tutti evitare di distruggere un settore efficiente e un modello di balneazione attrezzata di successo unico al mondo. Sarebbe un colossale e imperdonabile errore storico, ancor prima di una intollerabile ingiustizia, nei confronti delle decine di migliaia di famiglie che perderebbero il lavoro e il frutto della propria attività, conclude il comunicato diffuso da Sib.