Accogliere e ospitare, vale a dire fare turismo, non è mai stato facile. In passato perché era un fenomeno che riguardava pochi, poi dopo il 1945 ha iniziato a diventare sempre più importante, perfino esplosivo, nei numeri dei viaggiatori internazionali, nella qualità dei servizi offerti a partire dal trasporto aereo, nel numero di Paesi coinvolti. Dopo il 1990 ha assunto dimensioni ancora più importanti grazie alla fine della Guerra Fredda e alla globalizzazione degli scambi economici. In mezzo, crisi politiche e militari, attentati, terrorismo, minacce di guerra nucleare. Abbiamo vissuto sull’orlo di un vulcano in eruzione e continuiamo a viverci. Nel 2023 l’Italia gode della protezione dell’Unione Europea, che è protezione economica, sociale ma anche militare, con la guerra sui confini orientali e dall’altra parte del Mare Mediterraneo.
Poteva rappresentare un altro dramma dopo quello prodotto dalla pandemia di Covid tra 2020 e 2021. Non è stato così. Banca d’Italia certifica che il 2023 è un anno formidabile per la nostra industria dell’ospitalità con il recupero sia dei mercati europei, tedesco in primo luogo, che internazionali, americano innanzitutto. Le proiezioni parlano di 46 miliardi di euro nell’incoming per il 2023. Erano stati 44,5 miliardi di euro nel 2019, prima della pandemia, sono stati 29 miliardi di euro nel 2010, quando è iniziata la scalata verso il cielo del nostro settore, all’opposto di quanto è accaduto all’economia italiana, sostanzialmente stagnante da più di due decenni. L’incoming certifica le cifre del turismo internazionale, quello domestico, più opaco nei numeri, probabilmente pesa per il doppio. Se si aggiungono l’indotto (trasporti, food, edilizia) e l’influenza su altri settori portanti della nostra economia (sport, spettacolo, cultura, intrattenimento, moda, design) si può azzardate che l’industria dell’ospitalità italiana influenza almeno un quarto del Pil nazionale, che è arrivato a quota 2100 miliardi euro.
L’industria dell’ospitalità in Italia è un fenomeno assai ben diversificato da Nord a Sud e da Est a Ovest. Ci sono regioni di punta, come Sud Tirolo e Veneto a Nord Est, Liguria e Valle d’Aosta a Nord Ovest, Roma nel cuore della penisola, Sicilia e Puglia nel Sud, altre che zoppicano, come Calabria e Abruzzo nel Sud, Marche e Umbria nel Centro, le montagne del Piemonte e del Friuli tra Nord Ovest e Nord Est. Non esiste una programmazione nazionale coerente, non è mai esistita. Spesso non esiste neppure una programmazione regionale coerente, come nel Friuli-Venezia Giulia tra costa e montagna, idem nel Veneto tra costa, città d’arte e montagna (di fatto abbandonata). Sono le regioni e i vari territori a dettare legge. Quando Milano ha deciso di abbandonare il settore manifatturiero per puntare su quello dei servizi, della moda, del design, il capoluogo lombardo, che era una città tipicamente industriale, ha cambiato pelle, si è dotata delle migliori infrastrutture esistenti in Italia e in Europa (tra metropolitane e passanti ferroviari), un decoro urbano da urlo (grattacieli di ultimissima generazione), ha approfittato dell’Expo universale del 2015 per rivelarsi al mondo un po’ come fece l’Italia con le Olimpiadi di Roma del 1960. Per fatturato, è diventata la seconda destinazione turistica del Paese.
Ha trascinato con sé anche il lago di Como, che è diventato a sua volta una destinazione turistica di punta. Nello stesso tempo la costa veneta e quella romagnola hanno macinato record su record, idem la costa del lago di Garda con i suoi 25 milioni di visitatori distribuiti tra Veneto, Lombardia e Trentino. Napoli da città della malavita organizzata e della spazzatura nelle strade è diventata un gioiello di assoluto valore turistico che compete con la costiera sorrentina e amalfitana tradizionalmente elementi di punta del nostro turismo nazionale. Capri è sempre stata il gioiello della corona e continua a esserlo. La Sardegna resta un mistero per chi non è sardo: dovrebbe guidare le classifiche ma i trasporti marini e aerei non lo consentono. Che sia una strategia condivisa dalla popolazione sarda che non vuole l’over tourism? Roma resta un mistero a se stessa. È città caotica come poche, con servizi pubblici da far paura, eppure da sola fattura 7 miliardi di euro, più del doppio di Milano. È capitale tre volte: dell’Italia, del Vaticano, dell’antica Roma ma è trattata come un Comune qualunque. Avrebbe diritto a uno statuto speciale come Washington DC, la capitale degli Stati Uniti d’America.
È italiano chi vive in Italia, che vi sia nato o meno, e apporta ricchezza, umana, sociale, culturale, economica, al nostro Paese. Merita un Paese che gli garantisca lavoro e benessere adeguato a quel che ha saputo creare nel corso dei decenni. Noi che sappiamo accogliere e ospitare il mondo siamo anche ambasciatori di uno stile di vita che il mondo apprezza e perfino ci invidia. Dovremmo aiutare l’opinione pubblica e chi ci governa a rendersene conto e aiutarci a fare dell’Italia un Paese ancora più accogliente non solo per chi ci arriva ma soprattutto per chi ci vive.