Nell'annosa questione delle concessioni balneari, con relativo braccio di ferro tra Italia e Ue, c'è anche un ristorante tre stelle Michelin. Stiamo parlando di Uliassi a Senigallia. Il ristorante dello chef Mauro Uliassi si trova, infatti, in area demaniale e dunque rientra a pieno titolo nel contestato capitolo della normativa europea, la famosa direttiva Bolkestein, che richiede la messa all'asta delle concessioni nel 2024. E se da un lato l'Italia dice che le spiagge del Belpaese sono tante (totale linea di costa: 11.172.794 metri), l'Europa non ci sta e lancia l'ultimatum. Anche perché secondo secondo gli scienziati dell'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) i conti non tornano...
Uliassi a Senigallia
Concessioni balneari, il braccio di ferro tra Italia e Ue
Ma andiamo con ordine per capire a che punto siamo nonostante sono ormai 13 anni che i titolari degli stabilimenti balneari sono in attesa del verdetto che pende sulle loro teste. Come detto la direttiva Bolkestein richiede la messa all'asta delle concessioni nel 2024. Ma il Governo Meloni, dopo aver completato la mappatura delle coste del Belpaese secondo la quale in Italia le risorse non sarebbero scarse, vuole applicarla (cioè mettere all'asta) solo le spiagge libere.
La direttiva Bolkestein richiede la messa all’asta delle concessioni nel 2024
L'Unione Europea non ci sta e ha emesso un parere motivato contro il nostro Paese per «violazione della Direttiva servizi (Bolkestein) e del Trattato sul funzionamento dell'Ue» sulle concessioni. In pratica se l'Italia se non si adeguerà alla normativa, partirà la procedura d'infrazione. Nelle Marche, ma così, in tutta Italia gli stabilimenti balneari non ci stanno e salgono sulle barricate. «Il Governo ha dimostrato che la risorsa non è scarsa: nessuno tocchi le nostre concessioni».
Ma quante sono davvero le spiagge italiane?
Ma c'è un ma. E riguarderebbe proprio la mappatura delle spiagge. Diciamo subito che, come precisa lo studio sulla Dinamica Litoranea dell'Ispra, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, condotto da Maria Luisa Cassese, Filippo D'Ascola, Valeria Pesarino e Andrea Salmeri, definire con esattezza quanto siano lunghe le nostre coste, compresi i contorni degli scogli è impossibile. E i conti non tornano. Dai circa 8mila chilometri certificati dalla Treccani ora si è passati a 11.173 secondo il tavolo tecnico del ministero.
Ma come specificano dall'Ispra: I «cambiamenti per erosione o per avanzamento» sono tali che nel giro di vent'anni, dal 2000 al 2020 il totale del nostro «profilo» costiero è sceso da 8.353 a 8.274 (2010) chilometri per risalire a 8.329. La «linea naturale» e cioè senza gli spazi che l'uomo ha «rubato» al mare costruendo via via porti, dighe, ponti, pontili o piazzali marini, è però decisamente minore: 7.522. Quindi si tornerebbe ai dati delle enciclopedie e dei vecchi libri di scuola. Ma la presidenza del Consiglio dei Ministri dichiara: «Totale linea di costa: 11.172.794 metri»…
Qualcosa non torna dunque. E per Edoardo Zanchini di Legambiente, Roberto Biagini del Coordinamento nazionale Mare Libero, Stefano Deliperi del Gruppo intervento giuridico e larga parte degli ambientalisti i calcoli fatti dal tavolo tecnico (senza senza uno scienziato dell'Ispra) ha come scopo quello di mostrare che l'occupazione delle spiagge italiane è marginale: in vigore, cioè su 1.613.912 metri di costa, pari al 14%, e di quelle nuove o in fase di rinnovo su altri 529.781 per un totale di 2.143.693 metri: il 19%.
Ma per Ispra non è proprio così: la costa bassa e sabbiosa sarebbe, infatti, di soli 3.418 chilometri, mentre tutto il resto è costa alta e rocciosa. Poi ci sono una miriade di spiaggette che, date le dimensioni, non possono essere date in concessione. E le città di mare o le coste inquinate. Quindi si confermerebbe il numero: le spiagge reali sono solo il 41% degli 8.329 chilometri di costa totale. Come sottolinea il Corriere della Sera: meno di un terzo di quelli dalla relazione che punta a rinviare ancora una volta l'applicazione della legge europea. E già questo dato dice che gli stabilimenti occupano in realtà, prendendo per buoni i numeri dei balneari, non il 19 ma quasi il 63% delle spiagge teoriche...