Si è conclusa, senza lieto fine, la "caccia" al cinghiale che era stato avvistato mentre nuotava in Darsena a Milano e che era poi scomparso nei cunicoli dei Navigli. Dopo un inseguimento durato diversi giorni, l'animale, una femmina di 70 chili, è morta poco dopo essere stata catturata, a causa del caldo patito e dello stress.
Un episodio per certi versi eclatante che va però ad aggiungersi alla già lunga lista di storie che vedono i cinghiali come protagonisti. Si va dagli avvistamenti nei centri cittadini fino agli eventi più tragici, come incidenti stradali con esiti mortali. Non una sorpresa, considerata l'emergenza ungulati che il nostro Paese sta attraversando.
Una sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Liguria potrebbe però cambiare gli scenari futuri e aprire all'abbattimento che in molti (otto italiani su dieci) vedono come unica soluzione.
Invasione di cinghiali: in Italia sono 2,3 milioni
Per capire la portata del fenomeno serve partire dai numeri. L'Italia è ormai letterlamente invasa dai cinghiali. Si parla di 2,3 milioni di capi e la cifra è in costante aumento. Gli ungulati portano in dote numerosi problemi, anche gravi.
Secondo la Coldiretti, per esempio, aumentano pericoli e danni in città e campagne con un incidente stradale ogni 41 ore nell’ultimo anno con gli animali selvatici che non si fermano più davanti a nulla mettendo a rischio la sicurezza dei cittadini. I cinghiali causano quindi incidenti stradali con morti e feriti, portano malattie, razzolano fra i rifiuti in città, spaventano le famiglie e sono un flagello per i campi perché devastano i raccolti e facendo salire la conta dei danni per gli agricoltori già alle prese con il clima impazzito e con l’esplosione delle spese per energie e materie prime a causa della guerra in Ucraina.
«È paradossale che con i costi fuori controllo noi dobbiamo spendere di più per coltivare e il raccolto ci vien distrutto dai selvatici – denuncia il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – Ma ci sono anche agricoltori che hanno addirittura perso la vita a causa dei cinghiali e in un Paese normale ciò non dovrebbe essere possibile».
La soluzione? Per gli italiani è l'abbattimento
Oltre otto italiani su 10 (81%), secondo l’indagine Coldiretti/Ixè, pensano che l’invasione dei cinghiali vada affrontata con il ricorso agli abbattimenti, soprattutto incaricando personale specializzato per ridurne il numero considerato che un italiano adulto su quattro (26%) si è trovato faccia a faccia con uno di questi animali.
L'impatto della peste suina
I cinghiali sono diventati il principale vettore della peste suina con gli allevatori dal Piemonte alla Liguria fino al Lazio costretti ad abbattere migliaia di capi, danneggiando la norcineria nazionale, un settore di punta dell’agroalimentare made in Italy grazie al lavoro di circa centomila persone tra allevamento, trasformazione, trasporto e distribuzione con un fatturato che vale 20 miliardi.
La manifestazione di Coldiretti a sostegno degli allevatori colpiti dalla peste suina
Terreni abbandonati a causa degli ungulati
«Negli ultimi anni 800mila ettari di terreni fertili sono stati abbandonati in molti casi proprio a causa della proliferazione della fauna selvatica che colpisce le coltivazioni e la redditività degli agricoltori, terreni che oggi oltre a non essere più produttivi sono esposti all’erosione e al dissesto idrogeologico - ha concluso Prandini - Serve un decreto legge urgentissimo per modificare l’articolo 19 della Legge 157 del 1992 per ampliare il periodo di caccia al cinghiale e dare la possibilità alle Regioni di effettuare piani di controllo e selezione nelle aree protette».
La sentenza della svolta
La stagione venatoria non è così distante. Dal 2 ottobre all'1 gennaio in Italia si potranno abbattere fino a 35.451 cinghiali, pari al 180% di quanto fatto nell'ultimo anno, tenendo conto delle limitazioni imposte dalla peste suina. Una cifra che però non è sufficiente per porre fine al problema.
Uno spiraglio in questo senso l'ha invece aperto una sentenza arrivata dalla Liguria a favore dell'azienda vitivinicola Durin di Ortovero, in provincia di Savona. I cinghiali, resi furiosi anche dalla siccità e dalla mancanza d'acqua, per cercare di dissetarsi si sono più volte spinti fino alle vigne, nel tentativo di mangiare l'uva, con danni ingenti.
A quel punto l'azienda ha chiesto aiuto alle istituzioni e ha trovato il sostegno del Tar, che ha stabilito che i viticoltori, per tutelare la propria attività, non essendo possibile recintare i terreni sia dal punto di vista pratico sia per il costo, possono servirsi di gabbie e fucili per abbattere gli ungulati.
Il "caso Durin" potrebbe costituire un precedente giuridico per altri episodi analoghi e aprire quindi a una nuova fase della lotta all'invasione dei cinghiali. È arrivata l'ora di abbatterli? In molti sembrano propendere per il "sì".