I bambini al ristorante? Indispensabili per molti genitori, ma un problema per alcuni professionisti della sala. Non è un caso se negli ultimi anni sono diventati sempre più numerosi i locali che decidono di chiudere i battenti ai minori di quattordici anni: ristoranti, ma non solo, anche pizzerie, agriturismi, hotel, resort, forti del sostegno di quegli adulti che vogliono stare in santa pace.
Come spesso accade, anche su questo tema si sono formate due opposte fazioni, una sorta di tifoseria da stadio: da una parte i child-free; dall’altra le famiglie che vogliono sentirsi libere di portare i propri pargoli anche al ristorante.
Valerio Beltrami, presidente di Amire, l'Associazione Maitre Italiani Ristoranti e Alberghi, invece «i bambini hanno tutto il diritto di stare al ristorante. Sono dei veri e propri clienti speciali».
Però bisogna sapersi comportare nel modo giusto in sala. Vediamo come.
Coi bambini al ristorante? Vediamo cosa dice la legge
Innanzitutto è necessario porsi un fondamentale questito: è legale vietare l’accesso ai bambini a un pubblico locale?
Partiamo dalle basi, ossia da quello che dice la legge: “Salvo quanto dispongono gli articoli 689 e 691 del Codice penale, gli esercenti non possono, senza un legittimo motivo, rifiutare le prestazioni del proprio esercizio a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo”. Così recita l’articolo 187 del Tulps, Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza. Quindi, in breve: no, non è legale escludere a priori una categoria di persone da un pubblico esercizio, e per pubblico esercizio si intendono pensioni, alberghi e ovviamente ristoranti. Nello specifico l’articolo 689 dice che: “L’esercente un’osteria o un altro pubblico spaccio di cibi o di bevande, il quale somministra, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, bevande alcoliche a un minore di anni sedici, o a persona che sappia affetta da malattia di mente o che si trovi in manifeste condizioni di deficienza psichica a causa di un’altra infermità, è punito con l’arresto fino a un anno”. Quindi, nessun ristoratore o albergatore può rifiutarsi di servire un cliente.
Attenzione al “legittimo motivo”
Bisogna fare grande attenzione e all’interpretazione dell’espressione “legittimo motivo”, che in questo caso deve essere valutata considerando i diritti tutelati dalla Costituzione: il divieto non deve essere discriminatorio. Non può quindi essere considerato legale il fatto di vietare ai bambini l’accesso a un ristorante per il semplice fatto che possano infastidire altri clienti con la loro semplice presenza. Si tratterebbe infatti di un motivo discriminatorio. Un po’ come escludere a prescindere gli anziani, o gli stranieri. Diverso è il discorso quando il divieto si riferisce a una sola area di un albergo, come una Spa, o a una parte riservata di un locale.
Il buonsenso ci salverà
Abbiamo visto, dunque, che vietare per partito preso a una famiglia di portare il proprio figlio al ristorante non solo non è possibile, ma va in tutto e per tutto contro la Costituzione italiana. Quindi, nessuno potrebbe impedire l’ingresso di un bambino in un locale pubblico.
I puristi del no-child motivano la loro necessità di escludere i più piccoli parlando di schiamazzi, corse fra i tavoli, volume troppo alto di tablet e smartphone. In altre parole: mancanza di educazione. Ma i responsabili, senza alcun dubbio, in questi precisi casi sono solo ed esclusivamente i genitori.
Quindi che fare? Non resta che appellarsi al buonsenso di tutti: dei clienti senza figli, che anche loro potrebbero recare fastidio ad altri commensali con risate troppo forti, urla, schiamazzi; dei genitori, che dovrebbero saper governare i propri figli per far sì che non siano d’intralcio a nessuno; e del personale di sala, che talvolta deve pazientemente gestire sia l’una, che l’altra categoria sopracitate.
I bambini hanno diritto di andare al ristorante
«Ai miei colleghi dico sempre che il nostro lavoro è fatto di cortesia e se ci sono dei bambini dobbiamo riservare anche a loro le attenzioni che riserviamo a qualsiasi altro cliente». A parlare è il presidente dell’Associazione Maitre Italiani Ristoranti e Alberghi Valerio Beltrami, che non ha nessun dubbio: «I bambini hanno tutto il diritto di stare al ristorante. Senza se e senza ma».
«Quando tratti bene il figlio al tavolo la famiglia poi ti è riconoscente - continua il presidente di Amira - Per questo l’attenzione ai bambini deve venire prima di tutto: lo dico sempre al mio personale. È fondamentale saper gestire ogni singolo cliente».
Per Beltrami un giovane ospite dev’essere trattato con maggiore riguardo per rendere speciale l’esperienza del resto della famiglia: «I bambini sono clienti speciali, come può essere una persona anziana, ad esempio - sottolinea - Quando ci sono questi ospiti è sempre bene riservare loro delle attenzioni ulteriori: possono essere serviti per primi o possono aver bisogno di un determinato tavolo posizionato in una zona speciale del ristorante. Noi personale di sala dobbiamo essere sempre pronti ad accontentare, nel limite del possibile, tutti i clienti. È questo che differenzia un cameriere normale da un grande cameriere. Per qualcuno è un disturbo? Per me no, non lo è mai stato e mai lo sarà: io porto al tavolo con la stessa passione un piatto di caviale e un piatto di pasta al pomodoro».
Noi personale di sala dobbiamo essere sempre pronti ad accontentare, nel limite del possibile, tutti i clienti. È questo che differenzia un cameriere normale da un grande cameriere. Per qualcuno è un disturbo? Per me no, non lo è mai stato e mai lo sarà: io porto al tavolo con la stessa passione un piatto di caviale e un piatto di pasta al pomodoro.
Valerio Beltrami