Dopo gli appuntamenti alla Scuola internazionale di Cucina Italiana di Alma e con lo chef Pietro Leemann del Joia di Milano, Jeong Kwan, la monaca buddista coreana si è presentata al pubblico e agli chef romani ad Eataly Ostiense con dei brevi corsi di cucina templare. È ospite dell'Istituto culturale coreano per dare dimostrazioni della sua cucina templare per alcuni giorni.
Jeong Kwan
Nutrimento del corpo e dello spirito
Piccola, completamente rasata secondo la sua religione e sempre sorridente e pronta a raccontarsi nel suo percorso meditativo, ha tenuto una prima lezione usando esclusivamente ingredienti vegetali e vegani. A precedere e concludere il rito, ha recitato una preghiera detta "canto del pasto" che ringrazia la natura dei suoi doni perché il nutrimento del corpo è anche quello dello spirito.
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Il piatti vegani
Gli ingredienti usati per il suo piatto vegano, il Rosolato di funghi Shiitake in sciroppo di riso, verdure e dubu jang, sono stati tofu coreano scottato e impastato a lungo con salsa di soia fermentata cinque anni, sciroppo di schisandra (un rampicante asiatico) olio di semi di sesamo e di perilla (pianta con proprietà antinfiammatorie), sciroppo di riso, aceto di persimonio coreano (una specie di cachi). Il tutto attentamente dosato, con una gestualità misurata e con fiamma controllata.
Rosolato di funghi shiitake in sciroppo di riso, Verdure di stagione alla coreana e Dubu jang
Il legame tra la cucina coreana vegana e la filosofia buddista
Lo scopo della trasferta italiana della monaca-chef è quella di far conoscere il legame tra la cucina coreana vegana e la filosofia buddista. Il New York Times l’aveva definita la cuoca-filosofa dopo il 2015 quando lo chef buddista newyorkese Éric Ripert l’aveva invitata a New York per cucinare nel ristorante Le Bernadin. Il grande pubblico invece l'aveva conosciuta due anni dopo quando era apparsa in una puntata di Chef’s Table su Netflix. Quest'anno, infine, la consacrazione è arrivata con la classifica dei Asia’s 50 Best Restaurants Icon Award 2022.
Cresciuta in una fattoria
Jeong Kwan, nata nel 1956 a Yeongju, nella Corea del Sud, a 17 anni decise di andare via di casa per vivere con le suore Zen nell’eremo di Chunjinam. Cresciuta in una fattoria, conosce bene la natura a cui è grata per il dono dei suoi prodotti. Cucinare per lei è un atto di meditazione e lo fa preparando i pasti per i monaci e per i visitatori del tempio dove vive, utilizzando gli ingredienti coltivati nell’orto e conservati con le tecniche antiche dell'essiccazione della fermentazione. Pur non avendo mai avuto un ristorante o fatto corsi di cucina, è fonte di ispirazione per tanti chef. La sua cucina del tempio è zen oltre che vegana perché - sostiene- il cibo nutrendo il corpo illumina la mente. La salute, inoltre, si accompagna sempre alla serenità dello spirito.
«Io comunico con il mondo - ha detto- tramite il cibo templare buddista. Sono stata in Italia nel 2019 grazie all’Istituto Culturale Coreano e sono molto felice di tornare quest’anno. Nei miei incontri racconto la filosofia della cucina templare buddista attraverso il Baru Gongyang (rituale che si svolge nei templi buddisti e le ricette a cui sono molto legata».
Le ricette su YouTube
I piatti eseguiti nel corso del tour e quelli realizzati con Pietro Leeman di Joia, il primo ristorante vegetariano in Europa a essere insignito della stella Michelin e l’unico stellato vegetariano in Italia, saranno documentati in un video disponibile sul canale YouTube dell’Istituto Culturale Coreano. Tra i piatti proposti da Eataly, il Rosolato di funghi shiitake è la ricetta che Jeong Kwan racconta su Netflix e a cui è molto legata poiché fu l'ultimo piatto che cucinò a suo padre quando andò a trovarla nel tempio per convincerla a tornare a casa. Il padre, dopo averlo assaggiato, si rese conto che doveva esserci un senso di pace in quello stile di vita e le disse: «Me ne torno a casa senza preoccupazioni, stai bene». Una specie di testamento perché dopo una settimana morì.
Il pasto monastico e la cucina templare
Suggestiva la cerimonia del Baru Gongyang, il pasto monastico che si consuma nelle ciotole di legno, chiamate baru in coreano. Un rituale meditativo nel corso del quale sono servite pietanze vegane a base di riso, zuppe e contorni che ciascuno partecipante può mangiare nel proprio baru.
Nel tempio di Chunjinam Baekyangsa, in Corea del Sud, la religiosa segue i ritmi delle giornate e delle stagioni e porta avanti l’antica cultura e i dettami della cucina contadina e tradizionale della Corea, sempre secondo il credo buddista. Nella cucina templare sono proibiti tutti i cibi animali, tranne alcuni latticini, e anche gli “Osinchae” (aglio, allim tuberosum, cipollotto, erba cipollina coreana, assafetida) perché interferiscono con la meditazione. Inoltre, è una cucina che vive in armonia con la natura e contrasta ogni forma di spreco alimentare.
Chaesik Bibimbap
La Korea Week
Dal 2016 a Roma l’Istituto Culturale Coreano di Roma si occupa di rafforzare i rapporti e la cooperazione tra la Corea e l’Italia. Tra le tante iniziative in programma dall’Istituto nel corso dell’anno, la più seguita è la Korea Week realizzata in collaborazione con l’Ambasciata della Repubblica di Corea in Italia. È una settimana nel corso della quale artisti, esperti di cultura e celebri personaggi della penisola coreana arrivano in Italia per approfondire ogni giorno un tema diverso e diffondere così la conoscenza, gli usi e i costumi del loro Paese.