«L'emergenza pandemica ci ha fatto ricordare qualcosa che era stato dimenticato: la vera ricchezza è la gestione del tempo, e i nostri giovani sono stati i primi a comprenderla. Per questo stanno abbandonando in massa il settore della ristorazione. Ma possiamo ancora invertire la rotta». Parole di Rocco Cristiano Pozzulo, presidente della Fic, la Federazione italiana cuochi, intervenuto sul dibattito da tempo innescato intorno al settore della ristorazione. Un settore in crisi per la penuria di personale.
Noi di Italia a Tavola l'abbiamo intervistato affinché potesse fornire il suo contributo, oltre che in qualità di presidente della Fic, anche di docente (insegna cucina all'Istituto alberghiero di Potenza).
Rocco Pozzulo, presidente di Fic
«La vera ricchezza è la gestione del proprio tempo»
Per Pozzulo l'emergenza pandemica non ha fatto altro che far emergere un problema latente. «Essere rimasti in casa durante i giorni del lockdown ha fatto riflettere in tanti - ha premesso - Fra di essi anche tanti cuochi, che si sono pentiti di non aver visto crescere i propri figli perché troppo presi dal lavoro. Ma in particolar modo a riflettere sono stati i ragazzi; hanno capito che la vera ricchezza è la gestione del proprio tempo libero. Si sono quindi detti che preferiscono passare il fine settimana con gli amici o con la ragazza, piuttosto che passarlo ai fornelli in cucina. E quindi, in tanti, di fronte a prospettive di lavoro precarie, con stipendi bassi e la possibilità di lavorare ben oltre le otto ore al giorno, hanno preferito cambiare totalmente ambito professionale, cercando occupazioni più sicure e se possibile maggiormente retribuite».
«Manca il personale anche perché non c'è abbastanza formazione»
Pozzulo ha quindi suggerito di intervenire su più ambiti per arginare il fuggi fuggi di forza lavoro, partendo anzitutto dalla scuola.
«La mia generazione si iscrivera all'Alberghiero per necessità - ha premesso - Molti erano figli di contadini che cercavano un futuro diverso da quello dei loro padri. E io sono tra questi. Allora la scuola non era dell'obbligo e a 14 anni potevi già fare le tue prime esperienze lavorative. Nel 1982, nell'estate in cui la nazionale di calcio italiana vinse il Mondiale in Spagna, feci la mia stagione estiva e guadagnai 500mila lire, uno stipendio decisamente alto, alla pari di chi lavorava in fabbrica; proprio come quello che allora prendeva mio padre. Adesso, invece, la situazione è cambiata. Per fortuna non c'è più la necessità di cercare un lavoro per fuggire dalla povertà, ma al tempo stesso si è persa la spinta che muoveva molti ragazzi a intraprendere questa professione».
Per Pozzulo i numeri sono eloquenti. «Oggi i dati ci dicono che all'incirca il 13% degli iscritti delle alberghiere riesce a diplomarsi e ad andare avanti nel settore - ha spiegato - Questo significa che dal punto di vista formativo c'è un problema molto alto legato alla dispersione».
«A scuola servono più ore pratiche»
Pozzulo ha ricordato anche che la scuola alberghiera negli anni ha perso molte ore di lavoro pratico a vantaggio di quelle teoriche, ma così i ragazzi hanno perso anche professionalità. «Qualche anno fa nei primi anni si facevano 18 ore la settimana nelle varie discipline - ha ricordato - Poi la cifra si è drasticamente abbassata ed è scesa a una manciata di ore la settimana. Troppo poche per formare dal punto di vista pratico il personale di sala e di cucina. I ragazzi una volta diplomati fanno quindi più fatica ad ambientarsi nel mondo del lavoro e quindi molti alla fine finiscono per lasciare questa professione».
Pozzulo ha ricordato anche la questione legata all'alternanza scuola lavoro o agli stage non pagati. «Nel primo caso lo studente non deve sostituirsi al lavoratore che manca, bensì deve essere affiancato durante il percorso formativo perché il suo compito in quel momento è soltanto quello di imparare e non di lavorare - ha spiegato - Per quanto riguarda gli stage, invece, bisogna dare delle prospettive. Va bene insegnare il mestiere, ma bisogna poi anche incentivare i ragazzi dando loro la possibilità di assumerli alla fine dell'esperienza di apprendistato».
«Bisogna dare più riposo ai cuochi»
Al di là delle problematiche che si stanno vivendo nelle scuole alberghiere per Pozzulo il problema della crisi della ristorazione riguarda anche le ore di riposo. «Mi chiedo che senso abbia guadagnare dei soldi se poi non si ha il tempo di spenderli - ha ripreso - Nel nostro settore a mio parere è quindi importante dare la possibilità di dare ai cuochi due, ma anche tre turni di riposo, anche perché lavorano con maggior intensità durante il fine settimana, il periodo nel quale chi ha altri impieghi sta con le proprie famiglie. Ed è anche per questo motivo che in cucina ci sono meno cuoche. Molte professioniste, seppur altrettanto valide come i colleghi, sono costrette a rinunciare alla carriera per dedicarsi alla famiglia. E anche per questo servirebbero delle politiche sociali ad hoc per arginare questo fenomeno».
Il presidente di Fic ha quindi proposto di istituire in cucina il doppio turno, ovvero dare loro la possibilità di fare una maggior turnazione fra il personale, come si usa all'estero. «Per farlo chiaramente occorre avere una brigada più grande - ha spiegato - Quindi bisogna investire maggiormente nel personale. Oggi purtroppo non credo che un ristoratore possa farlo agevolmente per cui penso che una grossa mano potrebbe darla lo Stato. Se riducesse il costo del lavoro o introducesse altre forme di agevolazione per venire incontro al ristoratore probabilmente queste proposte potrebbero concretizzarsi».
«La pandemia ha cambiato la professione - ha ripreso - Non si può più nemmeno far vivere gli stagionali in alloggi d'emergenza, facendo vivere il personale in appartamenti dove si è costretti magari a stare in quattro o addirittura in cinque. Anche su questo aspetto serve, a mio parere, una profonda riflessione».
«Serve tutelare il patrimonio gastronomico italiano»
Per Pozzulo se non si farà qualcosa per invertire al più presto la rotta l'Italia rischia di perdere il suo patrimonio culturale legato alla cultura del cibo. «Se sempre più persone lasceranno il settore della ristorazione finirà per impoverirsi giorno dopo giorno - ha spiegato - Ci saranno sempre le porte aperte per chi vorrà imparare questa professione, ma senza un cambio di rotta il problema si ripresenterà ciclicamente».
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