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Putin taglia l'export verso l'Italia: colpito il grano per pane e pasta

La Russia nel 2021 ha esportato cibo in Italia per 258 milioni di euro. Lo stop imposto dal Cremlino colpisce soprattutto i cereali, che da soli coprono la metà del valore. E non è l'unica brutta notizia...

 
05 aprile 2022 | 18:48

Putin taglia l'export verso l'Italia: colpito il grano per pane e pasta

La Russia nel 2021 ha esportato cibo in Italia per 258 milioni di euro. Lo stop imposto dal Cremlino colpisce soprattutto i cereali, che da soli coprono la metà del valore. E non è l'unica brutta notizia...

05 aprile 2022 | 18:48
 

La Russia ha annunciato un'importante riduzione e in alcuni casi il possibile stop dell'export verso i Paesi considerati ostili. Una decisione che rischia di avere conseguenze anche per l'Italia, inserita da Putin nella "black list", soprattutto per quanto riguarda i cereali e nello specifico il grano.

Una notizia non di certo positiva che non è però l'unico motivo di preoccupazione: Coldiretti ha infatti anche lanciato l'allarme allevamenti dopo che l'Unione Europea ha deciso di allargare il campo di applicazione della norme sulle emissioni industriali ad allevamenti molto più piccoli di quelli già previsti per l'allevamento suino e avicolo, inserendo peraltro anche l'allevamento bovino.

Putin taglia l'export verso l'Italia: colpito il grano per pane e pasta

Putin taglia l'export: cosa accade in Italia? 

Il quadro complessivo lo fornisce proprio un'analisi di Coldiretti. Nel 2021 la Russia ha esportato cibo in Italia per 258 milioni di euro. Circa la metà del valore delle esportazioni alimentari russe in Italia riguarda i cereali per un importo di 136 milioni e tra questi soprattutto il grano per un quantitativo di circa 153 milioni di chili, dei quali 96 milioni di chili di tenero per la panificazione e 57 milioni di chili di duro per la produzione di pasta

Numeri alti ma dipendenza ridotta 

C'è però una nota positiva. La Russia è sì diventato il principale esportatore mondiale di grano ma la dipendenza dell’Italia risulta limitata con appena il 2,3% del totale del grano importato dall’estero, tra duro e tenero. 

Olio di semi e mais: le altre preoccupazioni 

Dalla Russia arriva in Italia per un valore di circa 58 milioni di euro anche olio di semi ma per questo prodotto i problemi maggiori per l’Italia sono dovuti soprattutto alle difficoltà di esportazione nella Penisola dall’Ucraina che erano pari a 326 milioni di euro. Dall’Ucraina in Italia arriva anche ben il 13% delle importazioni di mais destinato all’alimentazione degli animali per un totale di 785 milioni di chili e appena il 2,7% delle importazioni di grano tenero per la panificazione per un totale di 122 milioni di chili. 

L’Italia importa circa la metà del mais di cui ha bisogno per oltre 6 milioni di tonnellate provenienti prevalentemente da Ungheria (30% pari a 1,85 milioni di tonnellate), Slovenia (13% pari a 780mila tonnellate) e appunto Ucraina (770 mila tonnellate). 

 

 

Cosa propone Coldiretti

«In questo contesto è importante il via libera dell’Unione Europea alla semina in Italia di altri 200mila ettari di terreno per una produzione aggiuntiva di circa 15 milioni di quintali di mais per gli allevamenti, di grano duro per la pasta e tenero per la panificazione, necessari per ridurre la dipendenza dall’estero - afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini - Si tratta di un quantitativo che nel medio periodo può aumentare di almeno cinque volte con la messa a coltura di un milione di ettari lasciati incolti per la insufficiente redditività, per gli attacchi della fauna selvatica e a causa della siccità». 

L'Unione Europea spaventa gli allevatori 

Prandini non è intervenuto soltanto sulla questione export russo ma ha dovuto anche fare i conti con un altro problema che rischia di abbattersi sugli allevatori italiani. L'Unione Europea ha infatti scelto di allargare il campo di applicazione della norme sulle emissioni industriali ad allevamenti molto più piccoli di quelli già previsti per l'allevamento suino e avicolo, inserendo anche l'allevamento bovino.

La nuova proposta di direttiva - spiega la Coldiretti - estende una serie di pesanti oneri burocratici a quasi tutti gli allevamenti dei settori suinicolo, avicolo e bovino che vengono considerati alla stregua di stabilimenti industriali e dovranno sottostare a rigide norme in materia di controlli ed autorizzazione con livelli di burocrazia e costi insostenibili soprattutto per alcune realtà marginali situate nelle aree interne.

Putin taglia l'export verso l'Italia: colpito il grano per pane e pasta

I possibili effetti 

«Una decisione che colpisce direttamente gli allevatori ed i consumatori in Italia che dipende già dall’estero - sottolinea Prandini - per il 16% del latte consumato, il 49% della carne bovina e il 38% di quella di maiale. Il rischio è quello di colpire la produzione nazionale ed europea per favorire le importazioni da paesi extracomunitari spesso realizzate senza il rispetto degli stessi criteri, sanitari, ambientali e sociali richiesti all’interno dell’Ue. In un momento in cui è sempre più evidente la necessità di puntare sulla sicurezza alimentare e sull’autosufficienza, a Bruxelles si rischiano di fare scelte che aprono la strada alla carne sintetica». 

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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