Tra le eredità positive della pandemia per bar e ristoranti ci sono, senza dubbio, i dehors. La semplificazione delle concessioni per l'utilizzo del suolo pubblico e le deroghe concesse dai Comuni hanno permesse ai pubblici esercizi di utilizzare spazi all'aperto normalmente preclusi e hanno, in certi casi, ridisegnato interi quartieri, con risultati in molti casi positivi e molto apprezzati anche dai cittadini. Certo, come in tutte le cose, qualcuno se n'è approfittato, abusando dell'opportunità e occupando più di quanto gli spettava, ma si tratta, per quanto chiacchierata, di una minoranza.
Ora però il tema dei dehors è destinato a tornare di stretta attualità, nonostante la stagione fredda mal si sposi con i tavolini all'aperto. Il motivo? Il 31 dicembre scadranno a livello nazionale tutte le semplificazioni e le deroghe concesse durante la fase pandemica. Fipe, la Federazione italiana dei pubblici esercizi, chiede una proroga di almeno sei mesi e nuovi regolamenti, per trasformare una situazione emergenziale in una situazione strutturale. I tempi però sono molto stretti: cosa accadrà a bar e ristoranti?
Dehors, il 31 dicembre scadono le semplificazioni: cosa accadrà a bar e ristoranti?
Bar e ristoranti, quale futuro per i dehors?
Nonostante da più parti, oltre a Fipe, sia arrivata la richiesta di prorogare le misure semplificate per l'occupazione di suolo pubblico, il 31 dicembre è sempre più vicino e la possibilità che la richiesta venga accolta è sempre più ridotta al lumicino. Se la proroga non arriverà, si tornerà al periodo pre Covid e i bar e i ristoranti che in questi mesi hanno ottenuto l'occupazione in deroga del suolo pubblico dovranno rimuovere i loro tavolini e chiedere, eventualmente, nuove autorizzazioni ai Comuni di riferimento.
«La nostra richiesta è chiara - ha spiegato Luciano Sbraga, vicedirettore di Fipe - La situazione non è più quella della pandemia, ma è comunque molto complessa e serve quindi una proroga di almeno sei mesi».
Luciano Sbraga
I dehors piacciono ai cittadini
Fipe porta dei dati a sostegno dell'importanza dei dehors: oltre il 70% dei cittadini pensa siano un valore aggiunto per la città. «I dehors hanno ridato vivibilità e sicurezza a molti spazi urbani - ha aggiunto Sbraga - Sono apprezzati dai cittadini e, se ben gestiti e normati, danno l'immagine di una città sempre più accogliente e consentono di migliorare la qualità della vita di tutti».
Proprio in questo solco si inserisce la richiesta di proroga avanzata dalla Fipe. «I sei mesi che chiediamo devono essere utili ai Comuni per realizzare dei regolamenti appositi per i tavolini all'aperto - ha proseguito il vice direttore di Fipe - Dobbiamo passare da una situazione emergenziale e una situazione strutturale, che non deve avere regole identiche, ma deve essere un giusto compromesso. In questo periodo ci sono stati anche fenomeni negativi, di abuso e abusivismo, che devono essere corretti. I dehors sono uno spazio pubblico, non estraneo alla città, ma parte del tessuto urbano e che dà valore a questo spazio. Per aumentarne la qualità degli arredi servono investimenti, ma per investire servono regole chiare e definite, in modo che si evitino distorsioni».
Il rischio di concorrenza sleale e il valore dei locali
Ci sono però due temi strettamente legati al futuro dei dehors di cui non si può non tener conto. Uno riguarda il valore dei locali. I dehors hanno permesso a molti bar e ristoranti, anche nella stagione invernale grazie a "funghi" riscaldanti e simili, di aumentare esponenzialmente il numero dei coperti, aumentando così anche il valore dell'attività. Senza regole certe, come ci si comporterà in caso di vendita del bar o del ristorante?
C'è poi un altro aspetto delicato. Le misure di semplificazione sono state attivate in una situazione di emergenza, per permettere a bar e ristoranti di lavorare nonostante le problematiche sanitarie. Nonostante le maglie larghe dei regolamenti, non tutte le attività hanno potuto beneficiare di spazi all'aperto. Ora che non si tratta più di un quadro emergenziale, ma di un ritorno alla normalità, appare quindi giusto che chi ha goduto di questi benefici torni alla situazione pre Covid. Si rischierebbe, altrimenti, una concorrenza sleale nei confronti di chi non può beneficiare della stessa opportunità.