La questione delle concessioni balneari ha già creato al ministro del Turismo Daniela Santanché parecchi grattacapi. Accusata di conflitto di interessi, si è vista prima togliere le deleghe sul tema, che sono state conferite al ministro delle Politiche del mare Nello Musumeci. Poi, per sgomberare il campo da qualsiasi possibile incomprensione, ha anche ceduto le sue quote del Twiga, noto stabilimento balneare di Marina di Pietrasanta (Lu), al suo compagno e a Flavio Briatore.
Nonostante il costante "allontanamento" dalla questione, il ministro ha però deciso di tornare sul tema e lo ha fatto a "gamba tesa", lanciando una provocazione destinata a far discutere. «Credo sia meglio assegnare prima le spiagge che non sono assegnate: ci sono spiagge libere meravigliose dove ci sono rifiuti e tossicodipendenti, nessuno pensa a tenerle in ordine, forse potremmo cominciare da lì. Naturalmente devono essere fruibili per tutti», ha detto il ministro durante l'assemblea di Confesercenti.
Parole che si inseriscono in un dibattito che diventerà, mese dopo mese, sempre più pressante. L'Italia non è in linea con le normative europee e l'orizzonte temporale è sempre più ridotto. Si parla infatti del 31 dicembre 2023. Entro quella data il nostro Paese dovrà provvedere a gare pubbliche per l'assegnazione dei lidi.
Concessioni balneari, i tempi stringono
Santanché sulle concessioni balneari: «Non svendere alle multinazionali»
Il ministro, pur ribadendo come non si tratti di un tema di sua diretta competenza, ha aggiunto ancora qualche dettaglio sul suo punto di vista. «L’intenzione politica - ha specificato - è che dobbiamo fare le cose bene, non aprire la strada alle multinazionali, non svendere questo patrimonio, studiare, fare una mappatura... ci vorrà del tempo. E poi fare delle gare che consentano a chi fa questo lavoro di continuare a farlo».
Poi ha lanciato quella che sembra un'altra provocazione: «Consegnarle a delle multinazionali ci toglierebbe le nostre peculiarità, come un certo tipo di cibo, un certo tipo di accoglienza. Mi fa sentire male l’idea: pensate se non potessimo più mangiare i nostri spaghetti alle vongole o la nostra parmigiana di melenzane, cose che fanno parte della nostra identità».
Balneari, qual è la situazione attuale?
Al di là delle esternazioni del ministro, la questione delle concessioni balneari resta calda e l'Europa potrebbe tornare ad alzare la pressione sull'Italia da un momento all'altro.
La situazione attuale è, infatti, molto complessa. Per l'Unione Europea, la gestione dei beni e dei servizi pubblici come le spiagge andrebbe periodicamente riassegnata tramite procedure selettive. L'Italia non è però in regola con le normative comunitarie ed è stata più volte minacciata di procedura d'infrazione da parte dell'Ue.
Per inquadrare al meglio la situazione: nel 2020 secondo la Corte di Conti l'Italia ha incassato 92,5 milioni di euro da 12.166 concessioni "ad uso turistico" a fronte di un giro d’affari quantificato in circa 15 miliardi di euro.
Dopo una serie di proroghe, è stato fissato un ultimatum: il 31 dicembre 2023. A novembre dello scorso anno il Consiglio di Stato ha infatti annullato la proroga fissata al 2033 e ribadito l’illegittimità di qualsiasi eventuale futura forma di rinnovo automatico al medesimo titolare, imponendo la riassegnazione tramite gare pubbliche entro la fine del 2023.
La posizione e le difficoltà del Governo Meloni
I partiti di centrodestra, negli anni, non hanno mai nascosto la loro contrarietà rispetto alla decisione dell'Unione Europea. Musumeci ha dichiarato che «il nostro Governo difenderà le imprese balneari italiane e le famiglie che lavorano nel settore. L’Italia non può permettere che le spiagge finiscano in mano a chissà chi, con il rischio di distruggere un tessuto economico sano e di mettere in pericolo anche l’integrità dell’ambiente».
La posizione di Bruxelles, però, è altrettanto chiara e i tempi ormai molto stretti. Cosa potrà quindi fare il Governo Meloni? La linea al momento non è chiara. Due, però, le strade che appaiono percorribili. La prima porta verso gare "paracadute", vale a dire evidenze pubbliche che tengano conto dei concessionari uscenti, valorizzando nei punteggi l'esperienza nella gestione dei lidi, per esempio. L'altra strada, forse più complessa, porta invece verso l'ennesimo tentativo di mediazione con l'Ue, per trovare il cavillo che porti ad escludere dalle gare le attuali concessioni balneari.