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Peracchi (Cgil): Green pass nelle mense? Sì, sono come ristoranti tradizionali

Il segretario bergamasco sulle mense aziendali ha pochi dubbi. Sostiene che tuteli la salute pubblica e sostenga chi si è sottoposto alla vaccinazione. «Ma bisogna prevedere alternative per chi non ha la certificazione»

25 agosto 2021 | 15:41

Peracchi (Cgil): Green pass nelle mense? Sì, sono come ristoranti tradizionali

Il segretario bergamasco sulle mense aziendali ha pochi dubbi. Sostiene che tuteli la salute pubblica e sostenga chi si è sottoposto alla vaccinazione. «Ma bisogna prevedere alternative per chi non ha la certificazione»

25 agosto 2021 | 15:41

Non ci può essere distinzione tra mensa aziendale e ristorazione tradizionale per cui l'obbligo del green pass è una tutela aggiuntiva per tutti i lavoratori. Questo, il focus dell'analisi espressa da Gianni Peracchi, segretario della Cgil Bergamo nell'affrontare una panoramica su green pass e obbligo vaccinale. «Qualcuno - spiega Peracchi - ritiene che in mensa ci debbano e ci possano andare tutti, a prescindere dal green pass e che non si possa equiparare un ristorante alla mensa. È vero che il ristorante è un “optional” prescindibile mentre la mensa è spesso una necessità, ma è pur vero che il virus non conosce questa distinzione. E proprio perché la mensa è una necessità, ancora più importante diventa garantire la sicurezza di tutti.

Mensa aziendale solo col green pass Peracchi (Cgil): Green pass nelle mense? Sì, sono come ristoranti tradizionali

Mensa aziendale solo col green pass

Sindacati spaccati sul green pass per le mense

Peracchi apre un'ampia parentesi su questo tema rivelando che all'interno del sindacato - oltre che nel dibattito pubblico ed istituzionale - non tutti sono d'accordo con questa linea. «Io penso - osserva - che il green pass per entrare nelle mense aziendali sia una tutela aggiuntiva e non sostitutiva alle attuali forme di prevenzione per la sicurezza e salute dei lavoratori e, quindi, un obiettivo di cui il sindacato dovrebbe farsi carico. Per tutti i lavoratori, in particolare per quelli vaccinati o che per motivi medici reali non possono farlo. Trovo giusto che un dipendente sia tutelato almeno quanto, se non di più, un qualunque cittadino che vada a mangiare in un locale pubblico al chiuso».

Gioca e Parti

«Naturalmente - aggiunge - vanno pensate modalità diverse ed alternative per dare comunque una risposta anche a chi il green pass non ce l’ha, sapendo che le mense aziendali interessano una parte minoritaria dei lavoratori e che, probabilmente, chi non vuole il green pass (che non è obbligo vaccinale) è una parte ancora più minoritaria. E poi, per chi brandisce il termine discriminazione ad ogni piè sospinto, se passasse l’idea che senza green pass si può accedere liberamente nei luoghi organizzati per il consumo dei pasti nelle grandi fabbriche, come la metteremmo con gli edili o i lavoratori del trasporto e del commercio che hanno l’obbligo di esibire il certificato se vanno al ristorante, convenzionato o meno?».

Un tema in più che si aggiunge alle tante sfaccettature che questa problematica porta con sè e che si può risolvere - come Italia a Tavola propone sin dall'inizio - solo mantenendo la linea dura e più utile alla tutela della salute di tutti. Anche perchè tutela della salute fa rima con tutela dell'economia, perchè l'equazione "pochi malati-niente lockdown" è matematica.

Gianni Peracchi Peracchi (Cgil): Green pass nelle mense? Sì, sono come ristoranti tradizionali

Gianni Peracchi

Obiettivo: tutelare la salute collettiva

«Il confronto sindacale va fatto - prosegue Peracchi - come è già accaduto per i protocolli per la sicurezza, con indirizzi e linee guida generali stabiliti a livello nazionale prima e poi nel territorio, nei luoghi di lavoro, negli ambiti deputati per definire organizzazione ed applicazioni pratiche di norme ed orientamenti. Credo che qualche tutela in più per la salute dei lavoratori ben valga un certificato riconosciuto a livello europeo, conseguito con la vaccinazione o un tampone preventivo; tutela che peraltro, in termini di salute, potrebbe riverberarsi paradossalmente anche su chi il vaccino non lo vuol fare (vedi immunità di gregge). E se si fosse convintamente avversi al vaccino, posizione per nulla condivisibile ma da rispettare fino a normazione diversa, non ci si dovrebbe scandalizzare di non poter andare al ristorante o accedere alla mensa, avendo peraltro in quest’ultimo caso un servizio “sostitutivo”».

Va da sè che ad oggi il sindacato ha il compito di farsi interprete prioritariamente delle istanze di chi, in larga maggioranza, ha già esercitato un livello di responsabilità collettiva vaccinandosi, senza ledere i diritti essenziali di chi non l’ha fatto. «Almeno fino a quando non ci sarà una normativa cogente e generale, che nel quadro politico di oggi non vedo immediatamente all’orizzonte», precisa Peracchi.

Serve chiarezza sulle disposizioni

Dopo le polemiche di questi giorni, vista l’incertezza e la difformità di orientamenti nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro, Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto un incontro al ministro della salute e del lavoro per fare chiarezza. Aspettiamo, fiduciosi, di vedere quali saranno gli esiti di questo incontro. «Bisogna garantire mense e scuole ancora più sicure di prima - commenta Peracchi - per chi ci lavora e per chi ne usufruisce, caricandosi anche in questo caso di una responsabilità collettiva e generale. Il sindacato confederale non può avere alcuna assonanza, ancorché strumentalmente attribuita, con le posizioni politiche più “conservatrici”, per usare un eufemismo, del Paese».

Sì all'obbligo vaccinale, ma senza discriminazioni

Peracchi poi amplia la sua analisi con delle risposte flash che non lasciano spazi ad alcuna interpretazione. Oltre a confermare la totale condivisione sull'obbligo di green pass per andare al ristorante, assicura anche che sono quasi tutti d'accordo sulla didattica in presenza con l’accesso con il green pass nel sistema scuola. Poi il tema dell'obbligo vaccinale stabilito con decreto per alcune tipologie di lavori, a partire dall’ambito sanitario per il quale rivela che sono quasi tutti d’accordo, con ripetute conferme in sede di contenzioso giudiziario. Sarà da capire però come gestire a quel punto i non vaccinati; su questo Peracchi spiega che c'è totale convergenza sul dire di no a gestioni discrezionali e discriminatorie da parte dei datori di lavoro nei confronti dei non vaccinati sul piano dei diritti.

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