E alla fine arriva, inesorabile, il Garante della privacy a scompaginare quello che sembrava essere un equilibrio precario raggiunto solo 24 ore prima sulla questione green pass e controlli. Rispondendo a un quesito rivolto all'Autorità dalla Regione Piemonte sull'attività di verifica e di identificazione da parte degli esercenti di ristoranti e bar, il Garante ha affermato che sì, i gestori dei locali pubblici possono farlo. Un pronunciamento che rischia di gettare ulteriormente nel caos l'intero srettore Horeca che in poco meno di quattro giorni ha dovuto convulsamente aggiornare le regole d'ingaggio per permettere ai clienti l'accesso ai locali al chiuso.
Per il Garante della privacy i gestori di bar e ristoranti possono verificare l'identità dei clienti con gree pass
L'indicazione del Garante della privacy
Come riporta l'Ansa, il Garante della privacy nella sua risposta alla Regione Piemonte ha affermato che «le figure autorizzate alla verifica dell'identità personale sono quelle indicate nell'articolo 13 del d.P.C.M. 17 giugno 2021 con le modalità in esso indicate, salvo ulteriori modifiche che dovessero sopravvenire». Detto diversamente, i titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi possono richiedere agli intestatari della certificazione verde di esibire un documento d'identità. Indicazione inaspettate, non fosse altro che la Regione Piemonte aveva fatto ricorso al Garante per chiedere proprio il contrario, ossia di confermare che agli esercenti privati non possano, e non debbano, essere attribuite funzioni tipiche dei pubblici ufficiali.
Lamorgese smentita?
Il pronunciamento del Garante arriva giusto a 24 ore dalle parole della ministra dell'Interno, Luciana Lamorgese: «I titolari dei locali - ha detto - non potranno chiedere la carta d’identità ai clienti, faremo una circolare di chiarimento su questo. Noi chiediamo venga richiesto al chiuso il green pass. Non si può pensare che l’attività di controllo venga svolta dalle forze di polizia. Significherebbe distoglierle dal loro compito prioritario che è garantire la sicurezza, anche della criminalità». La ministra non ha poi escluso «controlli a campione nei locali insieme alla polizia amministrativa». Chi ha ragione quindi? Il Garante o la ministra? E come dovranno comportarsi i ristoratori?
Green pass necessario, ma i ristoratori non sono poliziotti
Fin da subito, Italia a Tavola ha sostenuto la necessità non solo dell'introduzione del green pass come lasciapassare per accedere a servizi e attività (soprattutto quelle in cui l'operatore ha uno stretto contatto con il pubblico) ma anche l'opportunità di creare delle vere e proprie bolle covid-free all'interno dei pubblici esercizi. Ma come fare a garantirlo se i controlli diventano impossibili? Non basta, infatti, utilizzare l'app VerificaC19 per assicurarsi che l'avventore che vuole sedersi all'interno sia in regola con la vaccinazione. L'Italia è un popolo di furbetti (ricordate le micro-transazioni per il cashback oppure le chat Telegram che pubblicizzavano green pass fasulli?) e il rischio è sempre dietro l'angolo. «Da una parte, noi questo tema lo avevamo sollevato già all'inizio e, dall'altra, si tratta di un ennesimo caso di confusione totale sulle direttive. Noi, lo ribadiamo, siamo pubblici esercizi e non pubblici ufficiali per cui chiediamo che siano le forze dell'ordine o chi per esso a controllare i documenti, non certo noi. Anche perchè bisogna mettersi nei panni di un ristoratore che si ritrova a dover chiedere ad ogni turno 50-60 carte d'identità, immaginatevi il disagio», aveva affermato Roberto Calugi, direttore Fipe nel commentare le parole della Lamorgese. Che ora sembrano suonare bene anche per il Garante della privacy.
I "limiti" dell'app VerificaC19
Nel frattempo, anche su Instagram Palazzo Chigi ha chiarito che cosa bisogna fare per scoprire se la certificazione è falsa: «Per verificare se una certificazione verde è autentica bisogna utilizzare l’app gratuita VerificaC19 installata su un dispositivo mobile (non è necessario avere una connessione internet)». Viene anche specificato che «L’app non memorizza le informazioni personali sul dispositivo del verificatore». Ma manca un pezzo. Come stabilire che il green pass valido sia davvero della persona che l'ha esibito?