Vietato servire al bancone, poca chiarezza sulle regole e via libera ai tavolini all’aperto ma è un lunedì uggioso e di pioggia in molte zone d’Italia e sedersi a bere un caffè diventa poco agevole. Si presenta così la dibattutissima prima giornata di riaperture per i bar che, solo in zona gialla, possono servire ai tavoli, ma solo all’aperto. Lungo tutto lo stivale i baristi guardano con fiducia al futuro e colgono qualche movimento in più della clientela, ma sanno che questa non può essere la normalità, che può essere solo un piccolo inizio in attesa di maggiore libertà.
Perché il caffè servito dall’ultimo decreto è stato amarissimo: ci si aspettava qualcosa, si è ottenuto ancor meno anche per i ristoranti, aperti sì a pranzo e cena ma solo all’aperto e in zona gialla. E se piove? E cosa si considera per aperto? Già, se piove. Puntale il meteo non è stato così benevolo e soprattutto al nord ha offerto un clima umido, con qualche pioggia e temperature che ancora non sono quelle per godersi un cappuccio e brioche prima del lavoro al primo sole mattutino.
Prima colazione al tavolo
L'Istituto Espresso Italiano: Fondamentale riaprire al banco
L'
Istituto Espresso Italiano (Iei) lo ha detto chiaramente in una nota ufficiale: "Bene la riapertura dei bar, ma è fondamentale riaprire anche il consumo al banco". Secondo l'Istituto i bar hanno già dimostrato durante questo lungo periodo che il consumo, anche al banco, può essere fatto in totale sicurezza per i consumatori. Inoltre non tutti i bar dispongono di spazi esterni infatti, ma l’economia di questi si basa proprio sul rapido consumo in piedi al banco.
«Già nel primo lockdown siamo stati al tavolo nazionale della Prefettura di Brescia organizzando insieme le simulazioni delle prime riaperture, quindi siamo sicuramente a favore della ripartenza in sicurezza dei bar e ristoranti - ha dichiarato
Luigi Morello, presidente Iei - gli esercenti nel 2020 hanno fatto investimenti per
mettere in sicurezza i locali sia per i dipendenti sia per i clienti. Sono stati attrezzati i banconi dei bar, i tavoli interni come quelli esterni. Per questo riteniamo che il servizio al banco del caffè, per sua natura veloce, se impostato con i giusti distanziamenti e divisori possa essere svolto in totale sicurezza come d'altronde è stato sempre concesso in altri contesti persino durante i lockdown.
Questo sia per non bloccare un punto di reddito fondamentale per i bar sia per permettere di lavorare a chi non ha spazi esterni».
Luigi MorelloIl virus del resto non è riuscito ad alterare significativamente
l’immagine assolutamente positiva che gli italiani hanno del bar. Questo rimane per il 25% del campione intervistato l’
occasione per passare tempo con gli amici e i colleghi (prima della crisi erano il 33%) e per un altro 25% un momento di pace e relax (stessa percentuale di prima dell’emergenza). Italiani tra l’altro disposti a pagare un prezzo maggiore per il caffè al bar: il 72% si dichiara pronto a farlo in presenza di una maggiore sicurezza del luogo di consumo, il 68% in presenza di una qualità migliore. Al primo posto tra gli accorgimenti più apprezzati l’igienizzazione continua dei tavoli (42% del campione intervistato) e la pulizia di stoviglie con prodotti particolari (29%).
Il caffè espresso al bar: un rituale che è diventato un sogno per gli italiani. Il 58% di chi beve caffè espresso lo fa per trovare la carica necessaria ad affrontare la giornata. Espresso non è tuttavia solo fonte di energia, chi lo beve lo fa anche per il gusto (51%) ed in parte per abitudine (30%). Il caffè espresso evoca nell’immaginario dei consumatori momenti di relax (53%), un piacere (47%), ma al contempo un rito, una tradizione (37%). Il consumo di caffè espresso non è relegabile in un solo luogo, prevale piuttosto una modalità di consumo “multi-luogo”, il bar resta comunque quello preferito, scelto dal 72% del target di riferimento.
Mag Cafè: La pioggia, il problema
A Milano, ad esempio, il cielo è grigio e già qualche goccia di pioggia è caduta.
Loris Melis, del
Mag Cafè di Ripa Porta Ticinese dice: «Stiamo lavoricchiando, soprattutto coni nostri clienti abituali.
Speriamo che non piova troppo perché altrimenti lavorare solo per il fuori sarà molto difficile. Abbiamo ampliato un po’ lo spazio all’esterno sfruttando la possibilità che ci è stata data dal Comune, ma comunque abbiamo dovuto dimezzare i tavoli che ora ci consentono di ospitare una cinquantina di clienti. Per noi non è difficile fino ad ora spiegare alla gente che al
bancone non si può consumare, già in precedenza avevamo messo del
personale all’ingresso per accogliere i clienti e dare tutte le informazioni necessarie».
Mag Cafè, sui Navigli
Moyo: Poche prenotazioni a causa dello smart working
I locali risentono ancora della
mancanza di lavoratori: lo
smart working diffuso e prolungato - in alcuni casi eccessivamente, pensiamo ad esempio alla pubblica amministrazione - toglie tanti clienti sia a colazione ma soprattutto a pranzo. Il classico pranzo di lavoro ormai sembra essere solo un lontano ricordo.
Lo confermano dal bar Moyo di Firenze: «Siamo a metà mattina e per il pranzo abbiamo 4 prenotazioni, quando di solito ne avevamo già una decina. Il tempo non ci sta certo aiutando e all’esterno riusciamo ad avere solo
4 tavoli invece che 9 proprio per rispettare le norme anti-Covid. In più non poter servire al bancone rappresenta un ostacolo, anche se la clientela è comprensiva e spiegarglielo non comporta particolari imbarazzi».
Moyo, a FirenzeNon dappertutto però è così facile “respingere” la clientela. A
Roma ad esempio, il titolare del
Sant’Eustachio, Raimondo Ricci spiega: «I clienti pensano che grazie alla zona gialla si possa fare tutto quello che si faceva prima e quando gli
spieghiamo che non è così, non ci credono.
Fortunatamente oggi c’è il sole e abbiamo spazi all’aperto, ma se dovesse piovere sarebbe un grande problema. È un inizio quello di oggi, c’è del movimento in più rispetto agli altri giorni in cui c’era vuoto».
Sant'Eustachio, a RomaA
Napoli invece, dove per caffè e invenzione non si smentiscono mai, c’è chi si è inventato un modo geniale e provocatorio per farsi trovare pronto al primo giorno di “riaperture”. Allo
Scaturchio il titoloare Armando Scaturchio ha installato dei “tavolini” sui paletti dei marciapiedi per offrire un punto d’appoggio ai clienti. La Polizia Locale nella mattinata di lunedì glieli ha fatti togliere, ma uno - simbolico - è rimasto. «Era una burla - ha spiegato Armando -
per far vedere che ci siamo e che ci stiamo arrangiamo come possiamo per accogliere la nostra clientela. Abbiamo messo qualche tavolino (più serio ndr.) all’esterno ma non è semplice per noi perché siamo su una strada di passaggio e traffico. Però stiamo lavorando, anche grazie alla riapertura delle scuole».
I tavolini dello ScaturchioIl clima di incertezza ha raffreddato un po’ di animi nel settore. A Torino lo storico locale “Stratta” ha mantenuto il lunedì come giorno di chiusura anche se si poteva pensare ad uno strappo alla regola per cogliere l’occasione della ripartenza. «Aspettiamo domani - ha spiegato la titolare,
Monica Werling - e siamo fiduciosi anche perché i nostri clienti ci hanno dato riscontri. Saremo aperti anche per il prnazo con ampi spazi nel dehor».
Il tema riaperture continuerà a far discutere insieme a quello del coprifuoco
Oltre alla questione dell’importanza di regole chiare e sensate per garantire l’ordine pubblico e la legalità, vi è peraltro anche un tema non secondario di sopravvivenza delle imprese, ed è a questo che si richiama la
Fipe con un intervento del presidente
Lino Stoppani, secondo il quale «viene chiamato DL Riaperture e poi invece si trovano sempre nuovi fantasiosi modi per restringere la possibilità alle nostre imprese di lavorare bene.
Le imprese sono esauste e i cittadini sempre meno attenti a seguire regole che cambiano senza senso.
Secondo l’interpretazione del Ministero dell’Interno, per i bar dal 26 aprile le misure restrittive sono addirittura peggiori di quelle che per mesi hanno adottato in zona gialla, perfino quando di vaccini non c’era traccia. Oggi, con oltre 17 milioni di somministrazioni vaccinali e 4 milioni di persone guarite dal Covid, si impedisce di effettuare il consumo al banco e lo si fa con un’interpretazione ministeriale. È una mancanza di rispetto e un danno secco verso 130mila imprese che hanno già pagato un prezzo altissimo per le misure di contenimento della pandemia, senza alcun beneficio evidente sul piano sanitario. Per questo chiediamo al più presto un intervento del MISE». Ma dal Ministero dello Sviluppo economico al momento non giunge alcun segnale, quasi che un ministro non sappia o non debba sapere cosa fa un altro collega.