Il decreto legge che regolerà la ripresa delle attività a partire dal 26 aprile è stato firmato. E ha lasciato subito molti scontenti. Su tutte, è la questione del coprifuoco alle 22 fino al 31 luglio a far scattare la delusione degli operatori dell’Horeca. Dai ristoranti agli hotel, infatti, l’idea è quella di partire un po’ azzoppati non potendo sfruttare appieno l’arrivo della bella stagione e la prossima ripresa del turismo estivo. Prospettiva che, oltretutto, fino al primo giugno dovrà accontentarsi di pranzi e cene all’aperto. Solo successivamente a quella data sarà possibile, a pranzo e in zona gialla ovviamente, sedersi al tavolo anche nelle sale (con due metri di distanza fra i tavoli). Ma che dire di quelle attività che ancora si trovano in zona rossa e le cui prospettive non sembrano di sfumature migliori? L’esempio è la Puglia.
I ristoranti potranno riaprire all'aperto dal 26 aprile in zona gialla. Ma la Puglia rossa? Che fa?
Sabatelli: Il coprifuoco alle 22 si scontra con le abitudini dei territori
«Non l’ho presa per niente bene.
Stante le norme emerse, si prevede che non lavoreremo come avremo potuto. Noi abbiamo solo lo spazio interno e quindi dovremmo aspettare il primo giugno. Sempre che la Puglia, nel frattempo, migliori i propri dati sui contagi e i vaccini, altrimenti la prospettiva si allunga ancor di più. Anche se l
a cosa che più non riesco a digerire, e così è anche per molti colleghi del territorio, è il coprifuoco alle 22. Si tratta di un limite che si scontra con la realtà dei territori. Se, in alcune aree d’Italia si mangia anche presto a cena, qui da noi fino alle 21 i negozi sono aperti e la vedo dura che, con l’attuale crisi economica, i titolari chiudano prima per avere il tempo di andare a casa a prepararsi per venire al ristorante», racconta
Angelo Sabatelli proprietario dell’omonimo ristorante a Putignano, in provincia di Bari.
Angelo SabatelliSituazioni che allontanano le possibilità di ripresa legate anche al
turismo: «
C’è tanta gente che aspetta l’estate per lavorare, ma
l’idea è che ci stia sfuggendo di mano un’opportunità. Anche se il turismo sarà molto diverso dall’anno scorso, il rischio forte è che si concentri tutto ad agosto e poi più niente», conclude Sabatelli.
Magistà: Il problema è la mancata differenziazione delle attività
Stessa posizione anche per
Antonello Magistà, titolare del ristorante
Paschà a Conversano (BA): «Ho avuto una reazione di sconforto e sconcerto quando ho appreso la notizia perché noi veniamo da 14 mesi di difficoltà e il Governo emana l’ennesimo provvedimento sbagliato». Tanto che, per il momento, la riapertura del ristorante da 25 coperti è rimandata a data da destinarsi. «Il fatto di non aver coinvolto nemmeno i vertici più credibili della ristorazione per capire come sarebbe stato meglio affrontare un problema che nessuno nega ma a cui manca una gestione adeguata ha fatto sì che su problemi già presenti se ne siano sommati altri. E
ormai siamo al limite. Nel mio territorio posso dirle che c’è gente pronta a segnali forti», prosegue Magistà.
Antonello MagistàIl problema principale, però, secondo Magistà sta a monte del decreto e passa dalla
mancata differenziazione delle attività. Pizzerie, bar, pub, pasticcerie e ristoranti «sono trattati tutti allo stesso modo e così non va bene. Si sarebbe dovuto avere il coraggio di distinguere fra chi ha maggiore possibilità di controllo e rispetto dei protocolli e chi no. Faccio un esempio: se il timore è che la gente faccia gli assembramenti in strada durante l’aperitivo, perché chiudere i ristoranti e non solo i bar?».
Generalizzazioni che poi si abbattono anche sulla questione degli aiuti economici; tema che apre una partita di cui il Governo farà sapere a breve le regole d’ingaggio. «I sostegni sono arrivati a pioggia, spesso senza distinzioni – afferma Magistà - Io sono chiuso da novembre ma non ho ricevuto nulla. La causa? Il fatturato del cocktail bar in cui abbiamo investito questa estate per cercare un’alternativa di business e che ha sballato i conti agli occhi del Governo.
Non va bene, bisogna andare più in profondità. Perché qua il problema è dare da mangiare alle famiglie dei lavoratori e dei proprietari. L’esigenza è che con tempi urgenti e immediati devono arrivare i ristori elevando però il budget a disposizione».