Un’assemblea in piazza, come ai tempi dell’antica Grecia, per portare fuori dalle sedi istituzionali tutto il disagio della ristorazione, per farlo conoscere a quei pochi che ancora non lo comprendono, per provare a farsi sentire - una volta di più e nella maniera più civile possibile - dal Governo per chiedere aiuto. Questo è quello che ha organizzato la Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe) per il prossimo 13 aprile, a Roma. Il luogo preciso ancora non è stato annunciato, ma l'ambizione è quella di riunirsi in piazza a Montecitorio proprio per essere il più vicino possibile al Governo, a Draghi e ai Ministri. Sarà una sorta di direttivo al quale sono stati convocati tutti i delegati provinciali della Federazione e le massime cariche.
Pronta l'assemblea in piazza
La richiesta: quando si riapre?
La richiesta precisa che la Fipe sottoporrà alle istituzioni è avere una data della
ripartenza e un piano per farlo in sicurezza. Sarà una forma di protesta ordinata e costruttiva, coerente con lo stile di una Federazione che ha sempre cercato un confronto con le istituzioni, rifuggendo
populismi, polemiche e
strumentalizzazioni e che oggi vuole dare un altro segnale forte.
Non è la prima volta in questi dodici mesi di pandemia che la Federazione sceglie di scendere in piazza: poco meno di 6 mesi fa andò in scena la manifestazione
#SiamoATerra che vide la partecipazione di migliaia di imprenditori in 24 diverse città italiane. Allora migliaia di professionisti dell’accoglienza scelsero di occupare alcune delle principali piazze italiane “apparecchiando” tavoli in stile
ristorante a terra e sedendosi con cartelli che chiedevano a gran voce aiuto allo Stato.
Stoppani: Dare un segnale dopo ultimo decreto
«Da mesi Fipe diffonde incessantemente la voce e i bisogni delle imprese del settore sui media, presso le istituzioni e sui territori - spiega il presidente
Lino Enrico Stoppani - sentiamo però la responsabilità di dare un
segnale forte e pubblico davanti all’ultimo
decreto del Governo che rinvia nuovamente la riapertura dei ristoranti e dei bar ad eventuali decisioni del Consiglio dei Ministri. Non si può continuare a lanciare la palla in avanti, perché le imprese non sono in un campo di gioco, ma in una palude, dove sprofondano ogni giorno di più, mentre gli indennizzi non bastano certamente a risollevarle. L’
incertezza ha ormai un peso economico e psicologico insostenibile per decine di migliaia di imprese serie che hanno bisogno di programmare per tempo la loro attività. Possiamo riaprire ed assumerci l’
impegno di farlo in sicurezza, tra distanziamenti e rafforzamento dei protocolli. Viceversa, senza prospettive certe e credibili e lo sforzo di costruire insieme una soluzione, si finisce nel
caos».
Lino Stoppani e Aldo Cursano
Cursano: Siamo fuori tempo massimo
Deciso e incisivo, senza mezzi termini ma nel rispetto dei ruoli il commento del vice presidente di Fipe, Aldo Cursano: «Siamo fuori tempo massimo - ha detto - vogliamo che al Governo arrivi un messaggio forte e chiaro pur mantenendo il nostro stile composto e corretto. Vogliamo dire che il
Paese siamo noi, l'Italia è di chi lavora e di chi vive il territorio ogni giorno. L’obiettivo prioritario per i
pubblici esercizi è la ripartenza, c’è l'inderogabile necessità di avere una data di ripartenza, è un elemento fondamentale per ogni singola attività, specialmente per bar e ristoranti che hanno bisogno di giorni per rimettersi in moto».
Fipe dunque punta tutto sulla
ripartenza conscia del fatto che il miglior sostegno sia il lavoro e che ormai chiedere aiuti economici sia una partita persa dopo le numerose delusioni del
Governo Conte e del Governo Draghi. «Fino ad ora - prosegue Cursano - si sono fatti i conti senza l’oste e infatti sono conti sbagliati perché non tengono in considerazione un aspetto fondamentale: le nostre attività sono state chiuse per un decreto e quindi è stata impedita ogni
entrata economica, ma non è stato fatto nulla per congelare i
costi fissi che ogni attività ha. Qualcuno sta giocando con i
colori, le attività sono chiuse ma morti e contagi continuano ad aumentare; dopo un anno, continuare con questo modello
fallimentare evidenzia un’incompetenza della gestione della pandemia e dimostra che c’è qualcosa di serio e profondo che non funziona a livello decisionale».
La rabbia è salita ulteriormente dopo l'annuncio del
decreto che resterà in vigore tutto aprile. «Dal decreto - osserva Cursano - ci sentiamo profondamente
feriti. Noi abbiamo perso fino all'85% dei fatturati, come tutto il mondo del terziario, ma noi siamo stati chiusi in ogni situazione, anche nel giallo, la
sera. Abbiamo pagato per tutti, ma non è giusto perché il sacrificio deve essere della comunità intera».
Poi una battuta sulla gestione Draghi: «Le dichiarazioni e le
premesse - ammette Cursano - erano buone, ci avevano dato speranza. Poi dai ristori abbiamo ricevuto solo briciole, tanto quanto il singolo sistema
Montagna e allora siamo rimasti delusi. Non ci aspettavamo così poco da uomini attenti ed esperti che speravamo tenessero conto di più dei nostri
bisogni. Bisognava agire per filiere, partendo dai territori e ponendo l'attenzione a settori strategici per il
Paese».