Che l’ultimo
Dpcm non sarebbe bastato, visto l’aggravarsi della situazione, era già nell’aria. La riunione del
Comitato tecnico scientifico, chiesta dal Governo, per valutare la possibilità di eventuali nuove misure restrittive alla luce dell'aumento dei contagi lo ha confermato: è in arrivo una nuova
stretta. O almeno è quanto hanno suggerito gli esperti che vorrebbero riproporre una strategia simile a quella messa in campo a Natale. Ora la palla passa alla politica che giovedì 11 sarà impegnata nella Conferenza Stato-Regioni.
Chiusure nei weekend: si torna a Natale 2020Tra i
suggerimenti più stringenti messi sul tavolo dal Cts c'è
il rafforzamento delle misure anti-contagio in zona gialla e l'introduzione di
zone rosse locali sul modello Codogno (che oltre un anno fa già sperimentava la prima serrata causa pandemia), ma anche la chiusura delle attività commerciali e ristorative nei
weekend come già successo a Natale indipendentemente dalla zona colorata in cui sono collocati i pubblici esercizi. Una sorta di
lockdown del fine settimana. Obiettivo: ridurre l'incidenza dei
contagi in modo drastico così da poter riprendere il tracciamento dei casi e accelerare la campagna vaccinale.
Oltre a ciò, l'incontro degli esperti del comitato tecnico scientifico ha ulteriormente approfondito il
criterio dei 250 casi ogni 100mila abitanti attualmente in vigore per determinare la chiusura o meno delle scuole e che si vorrebbe estendere al passaggio automatico in zona rossa. L'idea è quella di mettere quanto più in sicurezza possibile l'Italia scoraggiando tutte quelle attività che potrebbero favorire gli
assembramenti di persone.
Le questioni aperteSulla serrata dei
ristoranti, negozi e dei centri commerciali nei Comuni dove si decide la chiusura delle scuole non è stata presa nessuna decisione. Anche in questo senso, comunque, gli interventi proposti sono volti a evitare che i ragazzi impegnati nella
didattica a distanza possano ugualmente vedersi fuori dalle aule e dunque senza rispettare l’obbligo di indossare la mascherina e di rimanere distanziati come invece avviene quando sono in classe.
Per quanto riguarda un possibile irrigidimento del
coprifuoco, la possibilità di passare dal periodo 22-5 a quello 20-5 sembra sfumata. In ogni caso, se successivi interventi da parte del Governo verrano adottati per stringere le maglie del weekend è possibile che verranno modificati anche gli
orari di attività di bar e ristoranti che ora permettono di tenere aperto fino alle 18.00 (consentendo il proseguo dell'attività per asporto e delivery).
In questa situazione di alto rischio torna, inoltre, in discussione anche la scadenza - già fissata per il 27 marzo - per
la riapertura di cinema e teatri. Di fronte a un tasso di positività che aumenta non appare così scontata la possibilità di far ripartire l’attività dello spettacolo. La decisione sarà presa dopo il 20 marzo, quando si valuterà se le altre misure hanno funzionato.
Le reazioniIn attesa di capire quale direzione potranno prendere le
indicazioni del Cts arrivano le prime reazioni. «È doveroso il ritorno alla vita dove si può. Lockdown nazionale? Non ho dati, ma sono favorevole a intervenire dove la situazione è a rischio, non in Sardegna o dove non c'è aumento di contagi. No a interventi in modo generico, ma in modo chirurgico. Un lockdown nazionale sarebbe
punitivo», ha affermato
Matteo Salvini, leader della Lega.
«Laddove si manifestano e c'è un
focolaio, bisogna chiudere tutto, in stile
Codogno, perché non possiamo permetterci che si diffondano nel paese. Significherebbe resettare l'orologio del paese un anno indietro. È cambiato il quadro epidemiologico, ignorarlo comporta il rischio di aumentare i contagi. È giusto che si prenda in considerazione la nuova caratteristica del
virus. L'agenda la detta il virus, se cambia il virus devono cambiare le misure. Per questo credo che il provvedimento sul tavolo del Cts vada nella direzione giusta, cercare di spegnere la trasmissione e cercare di vaccinare più persone possibili», ha detto
Andrea Crisanti, professore ordinario di microbiologia all'Università di Padova.
«Il weekend vale in questo momento l’80% del fatturato di ristoranti, pizzerie e agriturismi» e le conseguenze di un lockdown nel fine settimana si farebbero «sentire direttamente sui
fornitori di cibi e bevande». È quanto stima la
Coldiretti in riferimento all’ipotesi di chiusure nei weekend, come durante le vacanze di Natale, emersa dal Comitato tecnico scientifico. «Una prospettiva che rischia di aggravare le difficoltà della
ristorazione e travolgere a valanga - ha sottolineato Coldiretti - interi settori dell’
agroalimentare Made in Italy con vino e cibi invenduti per un valore di 11,5 miliardi dall’inizio della pandemia». Più nel dettaglio, l'associazione di rappresentanza del coltivatori diretti calcola che 300 milioni di chili di carne bovina, 250 milioni di chili di pesce e frutti di mare e circa 200 milioni di bottiglie di vino non siano mai arrivati, nell’ultimo anno, sulle tavole dei
locali con decine di migliaia di agricoltori, allevatori, pescatori, viticoltori e casari che soffrono insieme ai ristoratori. Da qui l'appello affinché il Governo ponderi le indicazioni del Cts alla luce della realtà delle imprese.