Tra l’ondata Draghi e la terza ondata da Covid sembra che la stia spuntando la seconda, almeno dal punto di vista dei ristoratori. Sì, perché l’avvento del nuovo Premier che con sé porta un curriculum di altissima caratura aveva fatto ben sperare un po’ tutti, ma ora che ancora non si è visto nulla l’entusiasmo ha già lasciato posto ai mugugni.
Va detto che di tempo Draghi ne ha avuto poco per ribaltare una situazione complicata, ancor più complicata se si considera che è un subentrato in corsa. Ma la sensazione che svilisce i ristoratori è che attorno a Draghi si siano levati gli scudi di difesa e che far sentire la propria voce sia più complicato.
La protesta di Milano
L'attacco di Vissani e Fipe«Adesso non ti chiamano più a parlare di queste cose», dice lo chef stellato
Gianfranco Vissani. «
Draghi è stato accolto con la fanfara - prosegue - ma la situazione non è certo migliore. E quando dice che non tutti verranno salvati mi dà un colpo al
cuore».
Gli fa eco il vicepresidente della Federazione italiana pubblici esercizi di Confcommercio (Fipe),
Aldo Cursano che attacca: «A un anno dall’inizio del primo lockdown,
l’incertezza non è più accettabile. Una tragedia, c’è gente che ha visto gli ultimi soldi a novembre. Pensino almeno ad un acconto entro marzo» e allude al fatto che nell’aria si respira una maggiore disattenzione da parte della politica come della
stampa in generale alla questione.
La protesta di MilanoLe proteste in strada però non cessano. Si sono radunati questa mattina fuori dalla sede di
Regione Lombardia i ristoratori e proprietari di pubblici esercizi milanesi per protestare contro il governo al grido di “Basta, siamo stremati”.
Sotto accusa soprattutto le
risorse economiche destinate da governo, Regione e Comuni nei confronti del settore dei ristoranti, bar,
pizzerie,
pasticcerie, discoteche,
pub, gelaterie e locali serali, giudicate insufficienti per evitare il fallimento di migliaia di attività del settore. Al centro delle polemiche anche le lungaggini che stanno portando alla definizione dei contenuti del nuovo
pacchetto di aiuti per le imprese più colpite dalla pandemia.
I ristoratori chiedono più aiuti
«Al momento - ha affermato
Alfredo Zini, ristoratore milanese da generazioni e portavoce di tanti colleghi in difficoltà - non abbiamo neanche i parametri su come verranno erogati, se non vedere alcune
bozze che nel giro di poche ore vengono smentite, per poi essere riproposte con modalità diverse ma che non specificano i miliardi di euro messi a
disposizione del settore, ma che invece provocano ansia, delusione, incredulità e rabbia a noi imprenditori dopo aver perso mesi di lavoro importanti per salvare le nostre
imprese».
«Chiediamo a tutte le forze politiche che compongono la maggioranza di questo governo guidato dal professor Mario Draghi di approvare il decreto in
tempi rapidissimi, cosi da poter salvare imprese e posti di lavoro - ha concluso Zini -. inoltre chiediamo a tutti i prefetti di intensificare i
controlli perché in queste ultime settimane vediamo il dilagare di un abusivismo di massa».
Fra le richieste anche quella di riformare la
Legge Bersani in favore di una moratoria che impedisca nuove aperture nel settore cosicché chi ha maggiormente patito le chiusure dell'ultimo anno possa ritornare a far rivivere la città quando l'emergenza sarà superata.
Quelli che rimpiangono ConteAddirittura intanto si inizia già a rimpiangere il vecchio Premier, Giuseppe Conte in una (diciamolo) isterica caccia alle streghe o ai salvatori che non fa bene a nessuno. “Conte non era perfetto però aveva messo in moto un meccanismo”. Inizia così il post che due ristoratori di
Livorno hanno pubblicato su
Facebook. “Il 30 del mese l’
Inps pagava la cassa integrazione, faceva un decreto per la chiusura e prevedeva i ristori, ci metteva la faccia e te lo spiegava in
diretta tv, i ristori arrivavano. I tempi erano lunghi, i ristori giusto per la sopravvivenza, la Cig nel mio settore una sorta di mancetta. Ma era qualcosa che ci ha aiutato a sopravvivere”, scrivono
Silvia Biondi e Giovanni Puccini della Bodeguita di Livorno, convinti che adesso il meccanismo si sia inceppato. E al Fattoquotidiano.it spiegano: “Non ci interessa difendere Conte, ma con questo governo ci sentiamo ancora più soli”. Quanto agli aiuti del nuovo decreto, “prima di fine aprile soldi non ne vedremo, questo è chiaro”.
Le gravi conseguenzeIn tutto questo preoccupa la galoppata della
criminalità organizzata a caccia di affaroni sulla pelle di ristoratori in
ginocchio. «I bilanci delle imprese della ristorazione evidenziano che in Italia ci sono 15mila ristoranti (quasi la metà delle 33mila che operano come società di capitale) a rischio di infiltrazioni criminali a causa della loro fragilità
finanziaria. E il 13% delle imprese ritiene di aver subito negli ultimi 6 mesi pressioni per vendere l’attività a prezzi molto più bassi del valore di
mercato ed il 14% ha avuto l’offerta di prestiti fuori dai canali ufficiali”, si legge in un rapporto consegnato a febbraio alla Commissione attività produttive della
Camera. «Di questo passo quante attività sopravvivranno? E a che prezzo?», si chiede Cursano. Poi il messaggio ai politici: «Siamo di fronte al rischio di tenuta del
sistema sociale, anche corpi intermedi responsabili come il nostro stanno valutando di alzare il livello dello scontro».