Strette da continue nuove limitazioni, le città si svuotano a favore delle periferie, delle campagne e di quei piccoli borghi che stanno invertendo il trend di desertificazione che li aveva accompagnati negli ultimi decenni. Spinti dalla ricerca di un nuovo e migliore equilibrio fra vita privata e lavoro, molti italiani hanno deciso di cambiare vita. O almeno residenza. Con quali ricadute per la ristorazione?
Uno scorcio del borgo di Butera (Sicilia)
Cibo e cucina, l'accoppiata per il turismo«Non sono un’esperta del settore food ma posso dirle che fra le
peculiarità dei territori noi abbiamo censito anche la presenza di tipicità e
ricette tradizionali, la resilienza degli ultimi artigiani del cibo viventi e l’attività di aziende di qualità». A dirlo è
Laura Anello, presidente dell’associazione
La via dei tesori che, in
Sicilia, ha riunito sotto la propria egida un network di 42 piccoli paesi, in gran parte sotto i cinquemila abitanti, sparsi in tutte e nove le province dell'Isola. Consapevole della necessità di fare
sistema, l’associazione ha riservato
un posto di rilievo alla ristorazione del territorio: «Un tesoro non è soltanto un castello, un teatro o una chiesa ma anche un sapere», prosegue Anello. E di saperi gastronomici all’interno del network de La via dei tesori non ne mancano: «C’è un paese di origine araba, Butera, che oltre ad avere una bellissima fortezza dei Mori, ha mantenuto inalterata la tradizione della pasta impastata con il miele grazie alla memoria storica di alcune anziane signore. In altre zone si tramanda la ricetta del torrone senza zucchero, oppure della torta con la cicerchia, considerata un prodotto quasi estinto», racconta Anello.
In ogni caso, l’obiettivo del progetto è che – anche attraverso la ristorazione – sia il
territorio a ripartire. E questo significa tanto la riscoperta della tradizione quanto la possibilità che in queste zone si installino nuove
imprese, nuove attività: «Io sono una siciliana di ritorno, quindi so bene cosa significhi fare impresa nel proprio luogo d’origine dopo aver passato molto tempo fuori. Fortunatamente, da questo punto di vista, le agevolazioni e gli aiuti non mancano. Saperle sfruttare al meglio significa mettere un freno allo
spopolamento. Sebbene sia chiaro che i singoli e le associazioni possono risolvere la questione fino a un certo punto. Poi serve l’intervento dell’amministrazione pubblica», conclude Anello.
Le imprese hanno bisogno di infrastruttureUn tema sottolineato anche da
Fiorello Trimi, presidente dell’associazione
Borghi più belli d’Italia: «I borghi non possono reggere il fenomeno del ripopolamento se non ci sono le
infrastrutture necessarie, sia fisiche che digitali, affinché i cittadini e le imprese possano vivere e lavorare qui». Insomma, se tanta è la voglia di trovare una nuova sistemazione, di invertire il processo di serrato inurbamento che ha contraddistinto gli ultimi decenni, allora servono gli
investimenti strutturali del Piano nazionale di partenza e resilienza (Pnrr).
Soldi che direttamente e indirettamente dovranno essere
utilizzati per “salvare” la ristorazione: «Soprattutto nei piccoli centri sostenere una chiusura così prolungata può risultare deleterio in un’ottica di
ripresa. Lo scorso anno, nei pochi mesi di riapertura che abbiamo vissuto, i borghi italiani hanno vissuto un boom di presenze e prenotazioni. Chi li ha visitati ha riscoperto prima di tutto il
mangiar bene; elemento di attrattività fondamentale. Non a caso, da tempo anche la nostra associazione parte dalla tradizione enogastronomica per promuovere i territori», prosegue Trimi.
Riuscire a preservare le imprese già attive, quindi, è la condizione necessaria affinché altre attività prendano piede: «Ristoranti e
B&B sono fra le prime attività a installarsi in un borgo che ritorna a vivere. Il turismo rappresenta una leva essenziale, assecondato da nuove necessità di controllo sociale e un miglior equilibrio fra vita privata e lavorativa», conclude Trimi.
I casi Ollolai e OyaceA conferma di quanto detto, i casi dei comuni di
Oyace (Valle d’Aosta) e
Ollolai (Sardegna). Nel primo caso, la notizia di
case in vendita a un euro ha dato via a un tam tam di richieste (provenienti da tutto il mondo) che ha costretto il Comune ha impostare una voce registrata che a ogni chiamata ricorda come, al momento, di immobili disponibili non ce ne siano. Eppure il progetto è confermato: l’amministrazione comunale del paesino alpino di 200 abitanti sta cercando di convincere i proprietari immobiliari a cedere i ruderi che compongono il panorama urbanistico. Obiettivo: dare nuova vita all’insediamento.
Lo stesso che si è posto, ancora nel 2018, il comune di Ollolai: 1.200 abitanti in provincia di Nuoro e immobili residenziali in vendita a un euro; a patto che chi si insedia si impegni all’
ammodernamento delle strutture. Nel giro di poco tempo, aspiranti residenti da tutto il mondo hanno fatto domanda per un totale di 2.500 aspiranti nuovi cittadini. Smart worker, manager, studenti e professionisti che hanno deciso di abbracciare un vero e proprio nuovo mondo. Fenomeno che ha addirittura dato vita a un
reality show (
Ollolanda, ndr) in cui si seguivano cinque coppie olandesi alla ricerca di nuovi stili di vita.
Il prossimo step, anche grazie a un finanziamento pari a 4,4 milioni di euro provenienti dalla Regione Sardegna, è quello di dotare il paese di infrastrutture capaci di
attrarre sempre più turismo e impresa: dall’area coworking al centro polifunzionale, passando per spazi culturali e informativi i nuovi ambienti (ricavati dal recupero del patrimonio immobiliare esistente) potrebbero presto accogliere nuove
attività. A partire dai ristoranti.
La mappa di HQVillageAl di là dei desideri dei singoli, a contribuire sul fenomeno del ripopolamento dei borghi potrebbero essere anche le
aziende. Una possibilità che ha dato vita a
HQVillage, startup italiana specializzata nella mappatura di quelle località capaci di attrarre smart worker da tutta Italia e non solo. In sostanza, HQVillage suggerisce a medie e grandi aziende che desiderassero aumentare il benessere dei propri dipendenti, o di premiare i più meritevoli, di creare delle sedi remote in questi borghi. Una sorta di welfare evoluto che darebbe la possibilità alle aziende di conciliare maggiormente le nuove esigenze di vita e lavoro dei propri dipendenti.